"Salvate mia figlia Roxana giornalista prigioniera in Iran"


Francesca Caferri


Intervistato il padre di Roxana Saberi: "non mangia da 14 giorni, è molto debole. Teheran non vuole tutto il rumore che si è creato intorno al caso".


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"Salvate mia figlia Roxana giornalista prigioniera in Iran"

LA sorte di Roxana Saberi, la giornalista iraniano-americana condannata a otto anni di carcere in Iran con l'accusa di spionaggio, sarà decisa fra una settimana. L'annuncio dell'inizio del processo di appello porta nella casa di Teheran che la famiglia Saberi usa come base in queste settimane un alito di speranza.

"E' innocente, speriamo che venga riconosciuto e possa uscire subito", dice al telefono il padre della giornalista, Reza Saberi. Iraniano di nascita, americano di adozione, è tornato nel suo paese di origine per assistere la figlia. Ne è stato lontano a lungo, ma non abbastanza per farsi illusioni. Il signor Saberi sa quanto possa essere dura la giustizia iraniana: l'impiccagione di Delara Darabi nei giorni scorsi e quella di altri due giovani condannati a morte per reati commessi quando erano minorenni – prevista per oggi – hanno gettato su di lui un senso di angoscia. Come la notizia, arrivata ieri, della lapidazione di un uomo riconosciuto colpevole di adulterio.

Signor Saberi, come sta Roxana? Ha potuto vederla in questi giorni?
"L'abbiamo vista ieri. E' molto debole: non mangia da quattordici giorni. Per due giorni ha smesso anche di bere. L'hanno dovuta portare in infermeria e farle un'endovena. Ora ha ricominciato a bere. Le ho chiesto di smetterla con questo sciopero, le ho detto che ci sono persone fuori pronte a proseguire al suo posto: ha promesso che ci penserà. Sono davvero preoccupato per la sua salute".

E il morale?
"Il morale è buono. E' innocente, sa di esserlo e pensa che uscirà da questa storia presto e da innocente".

Ha subito abusi o torture secondo quello che lei ha potuto vedere o sua figlia ha potuto dirle?

"No, nessun abuso fisico. Ma in quell'ambiente si è sottoposti a pressioni psicologiche che non possono lasciare indifferenti".

Quante speranze riponete nell'appello?
"Molte, perché sappiamo che è una giornalista e non una spia. Ma siamo anche realisti. E se non ci sarà una sentenza a nostro favore, siamo pronti a chiedere la grazia. Vogliamo solo che Roxana esca al più presto".

La grazia implica un'ammissione di colpevolezza: cosa ne pensa Roxana?

"Non è d'accordo. Vuole uscire da innocente. Ma noi siamo troppo preoccupati per lei per non pensare alla grazia".

Gli iraniani dicono che ha confessato di essere una spia…
"Non sapeva neanche cosa firmava. Ha firmato un documento solo perché le hanno detto che l'avrebbero rilasciata. Ma poi, quando ha capito, ha ritrattato subito".

Due giorni fa un portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha chiesto di cessare ogni interferenza nel caso di sua figlia: lei cosa ne pensa?

"Gli iraniani non vogliono tutto il rumore che si è creato intorno a questo caso. E' naturale. Ma il mondo non può assistere indifferente. Non abbiamo chiesto noi di iniziare questa campagna, ma oggi è bello sapere di non essere soli. Anche mia figlia non si aspettava tutto questo supporto, ma ne è felice. La fa sentire meno sola".

Non teme però che tanta pressione internazionale possa trasformarla in una pedina nel braccio di ferro fra gli Stati Uniti e l'Iran?

"Non voglio che Roxana diventi merce di scambio in una partita politica internazionale. E' la cosa che vorrei evitare di più. Ma purtroppo temo che sia già avvenuto, che il gioco sia già molto più grande di lei e della sua storia".

Lei è iraniano, conosce il suo paese e sa quanto alle volte possa essere pericoloso: ha tentato di dissuadere Roxana dal passare tanto tempo in Iran e dal lavorarci?

"Ha calcolato i rischi. Sapevamo che era pericoloso, io glielo avevo anche ripetuto. Ma è molto difficile tentare di interferire con le decisioni di mia figlia, mi creda. Di certo posso dirle che mai si sarebbe aspettata una cosa del genere. Né lei né noi. È stata qui per sei anni e solo negli ultimi tre mesi ha avuto problemi: perché?".

Nei giorni scorsi nelle carceri iraniane è stata impiccata Delara Darabi, una ragazza poco più giovane di sua figlia. Che effetto le ha fatto sapere della sua morte?

"Non mi sento di fare un paragone. Sono storie troppo diverse: quella ragazza era accusata di omicidio. Io spero solo che il nostro incubo finisca presto. Spero che troveremo un modo per portare via Roxana. Il suo stato di salute è davvero preoccupante. Vorrei convincerla a resistere lì dentro senza mettere a ulteriore rischio il suo corpo: ma lei pensa solo che dovrebbe essere liberata perché è innocente".

Fonte: Repubblica.it

6 maggio 2009

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