Ritardi nella distruzione delle armi chimiche siriane


L’Osservatore Romano


Bombardamenti ad Aleppo causano nuove vittime tra la popolazione. Sembra improbabile rispettare la data prevista del prossimo 31 dicembre per la rimozione dalla Siria dell’arsenale chimico dell’esercito governativo.


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Sembra improbabile rispettare la data prevista del prossimo 31 dicembre per la rimozione dalla Siria dell’arsenale chimico dell’esercito governativo. Lo sostiene, secondo un’anticipazione dell’emittente britannica Bbc, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), dopo una nuova riunione tenuta ieri all’Aja per mettere a punto i dettagli dell’operazione. Il personale dell’Opac e dell’Onu deve rimuovere e distruggere circa milletrecento tonnellate di armi non convenzionali.
Sempre secondo la Bbc, il direttore generale dell’organizzazione dell’Aja, Ahmet Üzümcü, ha informato ieri i suoi colleghi del cambio di programma, ovvero dell’estensione del periodo necessario alla rimozione delle armi, già catalogate nelle ispezioni dei mesi scorsi. Queste verranno poi trasferite in un porto di un Paese del Mediterraneo, imbarcate su una nave statunitense appositamente attrezzata e distrutte in mare aperto.
Anche la scadenza per la distruzione definitiva dell’arsenale chimico siriano, originariamente fissata per la metà del 2014, rischia però di slittare, sia per questioni tecniche sia soprattutto perché i perduranti scontri armati nel Paese rendono difficili i movimenti in sicurezza del personale dell’Opac e dell’Onu.
In Siria, infatti, il conflitto non dà purtroppo tregua alle stremate popolazioni. Il fronte più intenso di battaglia è in questi giorni quello di Aleppo, nel nord. Secondo la coalizione nazionale siriana, che raggruppa diverse gruppi di insorti e forze di opposizione al presidente Bashar Al Assad, si registra un’intensificazione dei bombardamenti degli elicotteri governativi sui quartieri orientali della città, controllati dai ribelli. La coalizione ha sostenuto che due giorni fa è stata colpita anche una scuola elementare dove sarebbero morti 18 bambini. La notizia non ha conferme indipendenti, ma anche l’organizzazione non governativa Medici senza frontiere (Msf) riferisce di un’accentuazione dei bombardamenti, affermando che negli ultimi tre giorni i raid avrebbero provocato un centinaio di morti, compresi bambini e donne. Anche il coordinatore di Msf in Siria, Aitor Zabalgogeazkoa, ha riferito di una scuola colpita.
Che la condizione dei bambini in Siria sia drammatica è dimostrato anche dalla denuncia del «Washington Post», secondo il quale Al Qaeda sta addestrando minori al combattimento, in un campo apparentemente situato a poca distanza da Damasco.
Il quotidiano cita un video in rete, in cui si possono vedere diversi ragazzini, alti non più di un metro e venti o un metro e trenta, che indossano mimetiche, cappucci sulla testa e maneggiano armi di vario genere, sotto la direzione di militanti dello Stato islamico in Iraq e del Levante, una formazione legata appunto ad Al Qaeda. I bambini in questione vengono definiti “cuccioli di Zarqawi”, dal nome del terrorista iracheno, Abu Musab al Zarqawi, ucciso in un raid aereo americano nel 2006.
Nel frattempo, il Governo di Londra ha confermato la notizia della morte del medico britannico Abbas Khan, da oltre un anno in un carcere in Siria, dopo essere stato arrestato proprio ad Aleppo. A quanto si è appreso, Abbas Khan doveva essere liberato proprio questa settimana, sulla base di un accordo trattato con le autorità di Damasco dal deputato britannico George Galloway. Sulla vicenda, la versione ufficiale siriana — che parla di suicidio in carcere — è diametralmente opposta a quella fornita dalla Gran Bretagna.

Fonte: Osservatore Romano
18 dicembre 2013

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