Reato umanitario


Avvenire


Il giudice sequestra nave dell’Ong tedesca: favorita l’immigrazione ma “senza lucro e per altruismo”


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Iuventa2

«Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina», per ora «a carico di ignoti». Attuato attraverso «contatti con trafficanti libici», documentati da immagini e da indagini sotto copertura della Polizia. Con quale fine? «Non per denaro» quanto più probabilmente per «motivi umanitari». È il procuratore facente funzioni di Trapani, Ambrogio Cartosio, a fornire in serata i primi elementi del quadro accusatorio disegnato dall’inchiesta che ha portato lui e il pm Andrea Tarondo a chiedere al gip Emanuele Cersosimo, che lo ha disposto, il sequestro preventivo della Iuventa della Ong tedesca Jugend Rettet, ex peschereccio di 33 metri battente bandiera olandese, fermato da motovedette della Guardia costiera e condotto nel porto di Lampedusa.
L’Ong è tra quelle che non avevano firmato nei giorni scorsi il Codice di condotta sui salvataggi proposto dal Viminale, ma il sequestro di ieri – puntualizzano i pm – «non c’entra nulla con questo». L’esistenza di un’inchiesta era stata già resa nota ad aprile e il 10 maggio proprio Cartosio, in audizione alla commissione Difesa del Senato, l’aveva confermata. Ieri ne ha chiarito le ragioni: «È stato accertato che, seppur quest’imbarcazione in qualche caso intervenga per salvare vite umane, in diversi casi tali azioni non avvengono a fronte della sussistenza di un imminente pericolo di vita». Il fascicolo è attualmente contro ignoti perché «sulla nave si sono alternati diversi equipaggi. Le persone coinvolte non hanno agito per denaro. La mia personale convinzione è che il motivo della condotta dell’equipaggio sia umanitario». La responsabilità dei presunti illeciti resta individuale, non c’è prova di rapporti fra i trafficanti e la Ong e pertanto «non è stata contestata l’associazione a delinquere».

 

Incontri in mare coi trafficanti. Nelle 148 pagine firmate dal gip Cersosimo, che motivano il provvedimento di sequestro, vengono elencati tre episodi in cui il trasbordo dei migranti sarebbe avvenuto senza un pericolo imminente, con condotte che «alla luce della legislazione italiana, integrano il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». Gli episodi contestati, documentati da immagini incluse nel provvedimento (in cui si riconoscono anche i volti di tre presunti trafficanti) e da indagini realizzate da un «operatore undercover» (sotto copertura), risalgono al 10 settembre 2016 e, ancora, al 18 e 26 giugno di quest’anno. «Altri episodi ci inducono a ritenere che si tratti di comportamenti abituali ». E il sequestro sarebbe stato chiesto per scongiurare la «reiterazione del reato». Tuttavia, secondo Cartosio, i membri dell’equipaggio non prendono alcun compenso dai trafficanti: «La motivazione riteniamo resti essenzialmente umanitaria. L’unico ritorno possibile ed eventuale potrebbe essere di immagine e in termini di donazioni».

 

Barche riconsegnate agli scafisti. Nel primo episodio, scrive il gip, la nave tedesca «imbarcava 140 migranti provenienti dalle acque territoriali libiche a bordo di un’imbarcazione che, dopo il trasbordo sulla motonave Iuventa, si allontanava con a bordo due uomini verso le coste libiche». I migranti erano poi stati trasbordati di nuovo, sulla motonave Vos Hestia di Save the Chidren, e scaricati a Trapani. Ma c’è di più: il 18 giugno, membri dell’equipaggio di Iuventa, dopo aver partecipato a 5 operazioni di soccorso in acque internazionali, «riconsegnavano, dopo averle legate tra loro» tre imbarcazioni ai trafficanti libici, una delle quali «contrassegnata con le lettere ‘KK’, veniva poi riutilizzata in un altro fenomeno migratorio, il 26 giugno». Il provvedimento è zeppo di dialoghi intercettati fra diversi operatori di navi delle Ong impegnate nel Mediterraneo. Dalle dichiarazioni di due di essi, assunti temporaneamente sulla nave Vos Hestia di Save the Chidren, è nato il procedimento penale, in quanto i due – annota il gip – «segnalavano anomalie nel servizio di salvataggio svolto dalla Iuventa a ridosso delle coste libiche». Uno di loro racconta: «La stranezza la vedevamo nel fatto che il personale della Iuventa, dopo aver fatto salire i migranti a bordo, restituiva i gommoni ad altri soggetti che stazionavano nella zona dei soccorsi a bordo di piccole imbarcazioni di vetroresina o legno. Normalmente, non si restituiscono i gommoni, ma questi devono essere tagliati e affondati dopo aver prelevato i migranti, per evitare che vengano riutilizzati dai trafficanti». Insomma, secondo i pm, ci sono «gravi indizi di colpevolezza. E poi ricorre il caso in cui la legislazione speciale prevede la confisca del mezzo, che interviene in caso di condanna dei proprietari, e questo ci impone di ricorrere al sequestro preventivo, accettato dal gip».
«Non salvati, ma recuperati». Secondo i magistrati, i migranti venivano «scortati dai trafficanti libici e consegnati non lontano dalle coste all’equipaggio che li prendono a bordo della Iuventa. Non si tratta dunque di migranti ‘salvati’, ma recuperati, potremmo dire consegnati. E, poiché la nave ha ridotte dimensioni, poi provvede a trasbordarli presso altre unità di Ong o militari». Un ente ‘giovane’. L’attività di search and rescuedella Iuventa è iniziata a giugno di un anno fa, per volontà di un gruppo di alcuni trentenni della buona borghesia berlinese, fondatori della Ong Jugend Retten, che avevano acquistato il vetusto peschereccio nel porto di Endem, riadattandolo. Sul suo sito, sono riportati i salvataggi effettuati: 1.388 a luglio 2016, 140 ad agosto, 1.585 a settembre, 3.156 a ottobre e 393 a novembre. Ieri, un attivista a bordo ha riferito: «Durante un interrogatorio, siamo stati informati dell’intenzione di perquisire la nave e abbiamo chiesto di nominare un avvocato… Siamo stati interrogati, ci sono state poste delle domande sia sull’ultima missione che sulle precedenti, ma siamo stati informati che l’indagine è nei confronti di ignoti».

 

Vincenzo R. Spagnolo

giovedì 3 agosto 2017

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