Quando si muove Parigi


Nigrizia.it


L’intervento in Mali risponde prima di tutto a logiche geopolitiche e geoeconomiche. Anche per arginare la Cina.


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L’11 gennaio scorso l’esercito francese ha compiuto un intervento militare in Mali per “soccorrere” il suo popolo e il suo stato, minacciati da un consorzio di gruppi armati che ha occupato il nord del paese e che, secondo quanto ci è stato raccontato, stava marciando sulla capitale Bamako.

L’operazione militare da parte di una “ex” potenza coloniale sul suolo africano è avvenuta a distanza di due anni circa dall’intervento della Nato in Libia, nel quale i francesi hanno preso parte nel quadro dell’operazione Unified Protector, “per salvare” i libici dal dittatore Gheddafi, sgomitando con gli inglesi e gli americani. Nel Mali, invece, alla Francia “spettava per diritto” intervenire visto che è stata quasi sempre una sua colonia, salvo il periodo in cui governò il panafricano Modibo Keita, 1960-1968, deposto con un colpo di stato e sostituito da Moussa Traorè, un amico dei francesi.

Esiste un nesso geopolitico tra la guerra Nato che ha distrutto la Libia e la crisi che ha travolto il Mali? E perché l’offensiva neocoloniale in questo paese africano è stata affidata alla Francia?

Paese poverissimo, il Mali ha un debito estero di circa 2,7 miliardi di dollari. Il 25% di questo debito è in mano ai francesi. Nel 1994, Parigi ha deciso di svalutare il franco cfa del 50% rispetto all’euro. Questa svalutazione ha messo il paese in ginocchio. Nel 1992, il Fondo monetario internazionale aveva imposto al governo del Mali un programma di aggiustamento strutturale che consisteva nella privatizzazione delle terre agricole e nella liberalizzazione dei prezzi.

Gheddafi a suo tempo aiutò Bamako economicamente e diede lavoro a migliaia di maliani. Propose inoltre al Mali e ad altri paesi dell’area di uscire dal regime monetario cfa controllato da Parigi e creare una moneta africana. La Francia avrebbe fatto di tutto per far fallire tale progetto. E così è stato. Ha partecipato attivamente alla distruzione dello stato libico e ora s’insedierà a lungo in Mali per custodire i suoi interessi e quelli del club al quale appartiene.

Il presidente Amadou Toumani Tourè, eletto democraticamente e poi deposto in seguito a un colpo di stato militare, in passato aveva rifiutato di concedere una base militare ai francesi per consentire loro di arginare l’influenza dei libici e dei paesi del Brics, Cina in particolare. Il putsch del 22 marzo 2012 è stato orchestrato per “incoronare” un presidente accondiscendente, il quale, di fatto, all’inizio di gennaio di quest’anno aveva chiesto ai francesi di intervenire militarmente.

Il colpo di stato è stato guidato da Amadou Haya Sanogo. Un articolo del Washington Post pubblicato il 23 marzo 2012, intitolato Leader of Mali military coup trained in ES, ha rivelato che il capitano Sanogo fu addestrato in Virginia nel quadro di un programma dell’Africa Command (Africom). Ciò dimostra che sono gli americani che gestiscono la vasta offensiva militare neocoloniale sull’Africa con lo scopo di controllarla politicamente e accaparrarsi delle ricchezze del suo sottosuolo. Tale strategia ha un duplice obiettivo: assicurarsi la gestione delle risorse naturali dell’Africa e frenare lo sviluppo economico dei paesi emergenti.

Molti africani considerano la collaborazione economica con la Cina assai vantaggiosa. Con il suo vertiginoso tasso di crescita, Pechino potrebbe diventare la più grande potenza economica del mondo. Ma la sua macchina economica ha bisogno di petrolio, gas e altre fonti di energia di cui l’Africa è molto ricca. Occupare il continente per gli americani è necessario per arginare l’espansione economica e geopolitica dei cinesi.

Quanto agli estremisti che hanno terrorizzato il nord del Mali, in particolare Al-Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), la loro storia, il loro modo di operare, il loro rapporto con i servizi segreti occidentali dai tempi dei mujaheddin in Afghanistan, dimostrano ancora una volta che sono funzionali alla nuova strategia coloniale.

L’affermazione di questi gruppi terroristici nel nord del Mali non è casuale. I jihadisti, una volta distrutto lo stato libico, si sono spostati verso il Mali. Ad accoglierli c’erano già gli uomini del Qatar, camuffati da operatori della Mezzaluna Rossa, per fornire loro armi e denaro. La loro concentrazione nel nord del Mali serviva come casus belli per giustificare l’intervento militare in questo paese. L’Aqmi e gli altri gruppi estremisti non sono stati eliminati con l’intervento dei francesi, si sono semplicemente spostati verso il sud dell’Algeria.

Occorre ricordare che l’Algeria è il più grande paese dell’Africa dopo la divisione del Sudan. È uno dei più grandi produttori ed esportatori di idrocarburi nel mondo e non è totalmente sotto la tutela dell’occidente. Dopo la “primavera libica”, la “primavera siriana”, si sta cercando di provocare una “primavera algerina” e la crisi del Mali e i jihadisti potrebbero servire anche a questo scopo!


Fonte: www.nigrizia.it
7 marzo 2013

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