Piano Usa: Occupazione mascherata dei Territori


Michele Giorgio - Near Neast News Agency


No dell’Olp al controllo israeliano per 10 anni di Valle del Giordano e confini. Ma il Segretario di Stato Kerry insiste e vuole vertice Netanyahu-Abu Mazen a fine gennaio.


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L’amministrazione Usa che pretende di essere la più progressista e la più vicina al mondo arabo, ha prodotto il piano di sicurezza più filo-Israele che i palestinesi potessero immaginare e temere. Il segretario di stato John Kerry è tornato a Gerusalemme e a Ramallah, nel pieno della nevicata più abbondante degli ultimi decenni, non per correggerlo ma per ribadirlo.

Non sorprende che il presidente palestinese Abu Mazen lo abbia seccamente respinto alla fine dei colloqui con Kerry di giovedì sera. Al segretario di stato ha anche consegnato un documento con le «linee rosse» palestinesi Israele ha le sue e anche i palestinesi hanno il diritto di averne – ripetendo che non accetterà mai la presenza di un solo soldato israeliano nel territorio del futuro stato di Palestina e che non riconoscerà Israele quale stato ebraico.

Kerry che ieri ha incontrato per ore il premier israeliano Netanyahu in una Gerusalemme stretta nella morsa del gelo, ha provato a sdrammatizzare e si è ancora una volta detto ottimista su uno «storico accordo» entro aprile, ossia entro i nove mesi stabiliti lo scorso luglio nelle intese per la ripresa delle trattative. Non si capisce però come i palestinesi potranno accettare il piano Usa. L’amministrazione Obama propone, in aperto accoglimento delle condizioni poste da Netanyahu, che Israele continui a controllare la parte cisgiordana (quindi all’interno del territorio palestinese) della Valle del Giordano per dieci anni in attesa che le forze militari palestinesi siano «pronte» al loro compito di sicurezza in quella fascia di terra.

Propone inoltre che lungo il confine tra Palestina e Giordania ci sia una «presenza invisibile» di soldati israeliani per monitorare, in sostanza, chi entra e chi esce dal territorio palestinese. Indiscrezioni di stampa dicono che Kerry vedrebbe con favore anche la presenza «temporanea» di avamposti militari israeliani nel resto della Cisgiordania. Di fatto gli Stati uniti accolgono nel loro piano di sicurezza gran parte della visione israeliana, senza per altro prevedere alcun freno alla continua crescita delle colonie israeliane nei Territori occupati, alla confisca di terre e alla demolizione di case palestinesi, che pure nelle ultime ore è stata condannata dall’Onu.

Come scrivono molti giornali arabi, gli Stati uniti non hanno saputo proporre altro che una occupazione mascherata del popolo palestinese. Washington nega di avere cambiato idea ma l’aver «suggerito» che i soldati israeliani rimangano nella valle del Giordano per dieci anni e lungo il confine con la Giordania, significa che non appoggia più una soluzione definitiva del conflitto e che torna a sostenere quell’accordo transitorio che tanto piace ad Israele per rimandare a tempo indeterminato nodi centrali come il futuro dei profughi palestinesi sparsi nel mondo arabo e la questionedi Gerusalemme.

Il segretario di stato ha rinunciato soltanto al rinvio a gennaio della liberazione del terzo scaglione di prigionieri politici palestinesi che Netanyahu si è impegnato a scarcerare.

È troppo anche per un presidente palestinese moderato e accomodante come Abu Mazen.

Accogliere il piano di sicurezza Usa, scrivono da giorni i commentatori palestinesi, equivale ad un suicidio. Ed è impensabile che a gennaio si possa arrivare a quel vertice a tre – Kerry, Netanyahu e Abu Mazen – che per gli Stati uniti deve essere la rampa di lancio verso la firma di un accordo definitivo ad aprile. Intanto oltre al comprensibile rifiuto palestinese, remano contro il compromesso territoriale non pochi ministri del governo Netanyahu.

L’unico sviluppo positivo è la notizia del congelamento del «Piano Prawer», il progetto di rimozione con la forza di decine di migliaia di beduini del Neghev e la distruzione di villaggi arabi «non riconosciuti». Sotto l’urto delle proteste, Netanyahu presenterà un nuovo piano. Non è detto che sarà meno traumatico di quello appena chiuso nel cassetto.

Fonte: Nena News

15 dicembre 2013

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