Pena di morte: seimila giustiziati dal 2008


Junko Terao


Pubblicato il nuovo rapporto di Nessuno tocchi Caino: lieve miglioramento negli ultimi anni, il ricorso alla pena capitale nel mondo è leggermente diminuito, ma il numero dei giustiziati rimane altissimo.


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Pena di morte: seimila giustiziati dal 2008

La buona notizia che arriva dal New Mexico fa parte di «una evoluzione positiva verso l'abolizione della pena di morte», ma non basta di fronte ai quasi seimila giustiziati registrati in tutto il mondo dall’inizio del 2008 ad oggi. Il numero delle esecuzioni rimane molto alto, nonostante si noti, da due anni a questa parte, una tendenza alla diminuzione del ricorso alla pena capitale. Lo rivela il nuovo rapporto di Nessuno tocchi Caino, pubblicato ieri, che snocciola cifre da brivido e stila, come ogni anno, la lista nera dei paesi forcaioli. In cima alla classifica per il numero di esecuzioni ci sono Cina, Iran e Arabia saudita., con l’aggravante della crudeltà dei metodi utilizzati, come nel caso della lapidazione, e dell’esecuzione di minorenni: tra i giustiziati dal 2008 ad oggi si contano almeno 13 persone che al momento del reato erano minorenni.
Sono state 5000 le esecuzioni cinesi, teoricamente “segreto di stato”, mentre l’Iran ne conta 346 e l’Arabia saudita ha eseguito102 decapitazioni pubbliche. Ma la maglia nera in questo campo, è noto, non spetta solo ai governi autoritari. Il Giappone, dove negli ultimi anni le esecuzioni sono riprese a un ritmo notevole, ha giustiziato quindici persone nel 2008 e già sette dall'inizio di quest'anno. A cui si aggiungono le tre impiccagioni eseguite alla vigilia della pubblicazione del rapporto, per un totale di dieci. Gli Stati uniti, pur avendo registrato un leggero calo di esecuzioni rispetto al 2007, hanno mandato al patibolo 37 cittadini. Conforta relativamente il fatto che le condanne in America, nel periodo preso in esame, siano state 111, il numero più basso dalla reintroduzione della pena capitale nel 1976. Piccoli passi avanti che però “non devono far abbassare la guardia”, parafrasando Emma Bonino che ieri ha consegnato il premio a Gail Chasey (vedi intervista qui accanto). Dall'approvazione della moratoria da parte delle Nazioni Unite, alla fine del 2007, sono stati quattordici i paesi che hanno abbandonato la pratica e nella prima metà di quest’anno ben tre hanno smantellato il patibolo: oltre al New Mexico, anche due paesi africani: Togo e Burundi. La moratoria delle esecuzioni, invece, è attualmente in vigore in Algeria, Guatemala, Mali, Russia e Tagikistan.
Ma la conta macabra dei giustiziati continua con la Corea del Nord, dove sarebbero stati almeno sessantatrè nell’ultimo anno e mezzo. Pare, visto che non ci sono comunicazioni ufficiali. Lo stesso vale, oltre che per la Cina, per il Vietnam (almeno 19), la Bielorussia (4) – unico paese europeo – e la Mongolia (1), dove i dati sono coperti da segreto di stato. Il Pakistan ha giustiziato almeno trenatsei persone e l’Iraq almeno trentaquattro. Non si parla solo di numeri nel rapporto: sotto accusa sono anche i metodi, terribili, delle esecuzioni che calpestano doppiamente la dignità degli uomini e delle donne giustiziate. In Iran, per esempio, oltre all’impiccagione di piazza, c’è un altro metodo in uso: il condannato viene chiuso in un sacco e gettato da una rupe. Oppure, si procede con la lapidazione, per cui il condannato viene interrato fino alla vita nel caso di un uomo, fino alle ascelle se si tratta di donne, e colpito con “pietre non troppo grandi, nè troppo piccole in modo da poter provocare una morte lenta e dolorosa”. Il compito spetta al boia ma possono farlo anche “semplici cittadini autorizzati”.

Fonte: Lettera22 e il Manifesto

30 luglio 2009

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