CON PATRICK ZAKI: LA RICERCA NON SI ARRESTA!


La redazione


L’appello alla mobilitazione della comunità accademica di Bologna. Studenti, ricercatori e amici di Patrick annunciano altri presidi.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
patrick

CON PATRICK ZAKI: LA RICERCA NON SI ARRESTA!

📣 APPELLO ALLA MOBILITAZIONE DELLA COMUNITÀ ACCADEMICA 📣

La recente notizia dell’arresto di Patrick George Zaky ha velocemente riportato l’attenzione mediatica sul regime autoritario di Al-Sisi, a distanza di pochi giorni dalla ricorrenza dell’anniversario del rapimento e dell’uccisione del ricercatore Giulio Regeni.

Patrick, da anni attivista egiziano nell’Egyptian Initiative for Personal Rights (EIPR) e, dal mese di settembre, ricercatore nel Master in Studi di Genere e delle Donne (GEMMA) presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, giovedì 6 è stato arrestato dalla polizia egiziana, non appena atterrato all’aeroporto del Cairo. Durante il periodo di detenzione, Patrick è stato torturato e sottoposto a elettroshock, come denunciato da Amnesty International.

Dalla notte di giovedì fino a sabato mattina, la famiglia di Patrick non ha avuto notizie su quanto stesse accadendo al figlio, in quanto, durante l’arresto, al ricercatore ventisettenne non è stato concesso il diritto di contattare né un* avvocat* né i propri familiari. Dopo un temporaneo rilascio, avvenuto nella mattina del sabato, già la sera Patrick è stato nuovamente arrestato, con un fermo detentivo della durata di quindici giorni.

Secondo quanto riportato da Amnesty International, l’ordine di cattura per Zaky sarebbe stato emesso già nel corso del 2019, tuttavia il ricercatore egiziano non sarebbe mai venuto a conoscenza dell’ordine, e tantomeno ne sarebbe stata informata l’Ambasciata. I capi di accusa contestati a Zaky dal pubblico ministero di Mansoura, come pubblicato dall’Agenzia di Stampa DIRE, sono “la pubblicazione di false voci e false notizie che mirano a turbare la pace sociale e a seminare il caos; l’istigazione al rovesciamento dello Stato; la gestione di un account social media con lo scopo di minare l’ordine sociale e la sicurezza pubblica; l’istigazione a commettere violenze e crimini terroristici”.

In un Paese dominato dall’autoritarismo quale l’Egitto, ad avvalorare i capi di accusa sarebbero proprio l’attivismo sociale di Patrick nel suo Paese e il suo interesse per la ricerca negli studi di genere: nel 2018 il ricercatore aveva rilasciato presso l’Agenzia di Stampa DIRE un’intervista nella quale denunciava in modo deciso le condizioni di instabilità socio-economica e di povertà in cui l’Egitto versa e si era espresso contro le politiche dittatoriali e repressive del regime di Al-Sisi; inoltre, nel suo impegno a difesa dei diritti umani, politici, civili e sociali di tutte e tutti, Patrick aveva espresso la massima solidarietà al ricercatore italiano Giulio Regeni.

Appare evidente che nell’Egitto di Al-Sisi ogni forma di espressione e di dissenso sia brutalmente repressa e il ricorso a sequestri, violenze e minacce contro la popolazione civile sia all’ordine del giorno. Appare altresì evidente che nell’Egitto di Al-Sisi non sia concesso alcuno spazio allo studio critico, al sapere non allineato alle volontà del regime, alla ricerca sociale e politica e al suo utilizzo come strumento di denuncia e di avanzamento rispetto allo status quo.

Da anni, all’interno del sistema universitario italiano, ci impegniamo al fine di rendere l’Università e i saperi dei mezzi tramite i quali trasformare in modo incisivo la società tutta, rivendicando la necessità di garantire la piena libertà sia nell’apprendimento sia nella ricerca sia nell’insegnamento.

È chiaro che quanto accaduto a Patrick costituisca un ulteriore attacco all’autonomia e alla libertà della ricerca e di chi la svolge e un ennesimo messaggio intimidatorio nei confronti di chi osa cambiare il proprio Paese tramite i saperi e l’impegno attivo nella difesa dei diritti di tutte e tutti.

Crediamo che, alla luce di questo contesto, sia oggi necessario che la comunità accademica dell’Università di Bologna, in primis, e di tutti gli altri Atenei d’Italia, si unisca al fine di rivendicare e ottenere verità e giustizia per Zaky.

Come studenti e studentesse estendiamo il nostro appello a ricercatrici e ricercatori, dottorande e dottorandi, docenti e personale tecnico e amministrativo, al fine di richiedere congiuntamente:

– l’attivazione del Ministero degli Esteri al fine di ottenere la liberazione immediata da parte del Governo egiziano di Patrick Zaky;

– il tempestivo ritiro degli ambasciatori italiani in Egitto;

– l’interruzione da parte del Governo italiano di ogni rapporto economico e militare tenuto col regime egiziano;

– la presa di posizione del Ministero dell’Università contro questo attacco alla libertà della ricerca.

Riteniamo che, come comunità accademica tutta, sia doveroso esprimere la massima solidarietà a Patrick, alla sua famiglia e alle/ai sue/suoi conoscenti, amici e collegh*, e rivendicare in modo netto la necessità di difendere la libertà della ricerca e del sapere e di tutelare il loro ruolo di critica, denuncia e trasformazione dell’esistente.

📣Alla luce di questo, invitiamo tutta la comunità accademica dell’Università di Bologna e la cittadinanza tutta a riunirsi in presidio LUNEDÌ 10, ALLE 18:00, IN PIAZZA SCARAVILLI📣

✊Il mondo dell’Università e della ricerca non può essere schiacciato dall’oppressione, dalla repressione e dalla censura: l’istruzione, i saperi e la conoscenza sono e devono essere liberi.
La ricerca non si arresta!

#freepatrickzaki
#patrickzakilibero

https://www.facebook.com/events/492432708334523/

 

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+