Pace e giustizia in Afghanistan devono venire dalla società civile


Mauro Sarti


L’appello di afgana.org all’Onu dei Popoli: "Bussola del nostro tempo sono gli occhi delle popolazioni civili, le prime vere vittime delle guerre". Il documento verrà presentato al ministro degli Esteri D’Alema. Le proposte per l’azione italiana.


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Pace e giustizia in Afghanistan devono venire dalla società civile

Un percorso di pace e giustizia per l’Afghanistan, partendo dall’esperienza e dalla riflessione della società civile. E’ questo il senso dell’appello “afgana.org” ( www.afgana.org ) presentato oggi a Perugia all’interno dell’Onu dei Popoli.  Un grido di allarme che arriva in momento cruciale: il 20 ottobre prossimo il ministro degli Esteri Massimo D’Alema, al quale verrà presentato il documento nei prossimi giorni,  riferirà al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla missione militare  in Afghanistan.
“Sei anni sono passati dall’inizio della guerra in Afghanistan – spiegano i promotori dell’iniziativa che raccoglie giornalisti, docenti universitari, ong, ricercatori, operatori della comunicazione impegnati nell’area e nella risoluzione dei conflitti –  e le promesse di pace e benessere per quel popolo martoriato dal regime talebano e dai signori della guerra sono rimaste lettera morta. E’ opinione largamente condivisa che l’intervento internazionale finora messo in campo si sia rivelato un fallimento, e che la situazione si aggravi di giorno in giorno”.

Le premesse dei tanti firmatari del documento, che chiede iniziative concrete, fanno paura: in Afghanistan sono aumentati gli attacchi suicidi (103 all fine dell’agosto 2007 contro il 123 del 2006) nei quali l’80% sono vittime civili; l’aumento delle vittime civili (in giugno lo stesso numero dei quelle dell’intero 2006) come denunciato dal cartello di ong Acbar, da Unama e da organizzazioni di difesa dei diritti umani, è in parte imputabile anche ai raid aerei della Nato e della coalizione a guida americana; la ricostruzione procede a rilento, con una vistosa lentezza nella erogazione di fondi e con una evidente disparità tra l’impegno finanziario per la cooperazione civile e quello per il mantenimento dei contingenti militari (5mila dollari al mese è il costo medio di un militare Nato); che l’Afghanistan ha registrato, secondo l’Onu, un aumento della produzione di oppio del 34% con 193mila ettari coltivati e 8.200 tonnellate prodotte; che le violazioni dei diritti umani continuano nel paese non solo ad opera dei talebani.

“Le proposte italiane per una conferenza internazionale e le condanne dei raid arerei da parte della Farnesina – ha detto questa mattina Raffaella Bolini, della presidenza nazionale dell’Arci – si sono fatte più fievoli che in passato o sono scomparse dal lessico della diplomazia italiana mentre le recenti aperture della dirigenza afghana verso il negoziato con i belligeranti, recentemente sottolineate da Unama, non sembrano ricevere attenzione dalla comunità internazionale”.

 “Nel paese  – hanno continuato i promotori di “afgana.org”  – dilagano fame, povertà, esclusione sociale, violenza, mentre i programmi di ricostruzione, giustizia, e cooperazione allo sviluppo subiscono continue battute d’arresto. Invece di progredire verso la pace e la riconciliazione, l’Afghanistan sta sprofondando nella violenza. Il nostro obiettivo è quello di sostenere il rafforzamento del ruolo e del coinvolgimento delle Nazioni Unite nella gestione della cooperazione, ricostruzione e riconciliazione nazionale in Afghanistan”.

Tra i primi firmatari del documento anche l’Associazione delle ong italiane (presente a Perugia con Sergio Marelli e Nino Sergi): “Il lavoro delle Ong italiane in Afghanistan – ha detto oggi Marelli – è entrato in una seconda fase. Dopo una prima di ricostruzione materiale, con case e scuole restitutite alla popolazione, ora siamo partiti con nuovi interventi che sono nati dalla stretta collaborazione con le Ong afghane, che sono entrate direttamente nei processi di progettazione e di ricostruzione del tessuto civile e di partecipazione della popolazione. Il nostro unico metro di giudizio che ha sempre guidato le nostre attività è il miglior bene possibile per le popolazioni locali, per i civili che subiscono le conseguenze delle guerre, al di fuori di ogni preconcetto e posizione ideologica". 

Questi i primi firmatari di “afgana.org”:
Emanuele Giordana (Lettera22), Linda Bimbi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale), Raffaella Bolini (Arci), Luigi Ciotti (Gruppo Abele), Lisa Clark (Beati i costruttori di pace), Tonio Dall’Olio (Libera), Elisa Giunchi (Università degli Studi di Milano), Simona Lanzoni (Pangea), Flavio Lotti e Grazia Bellini (Tavola della pace), Giulio Marcon (Lunaria), Sergio Marelli (Associazione Ong Italiane), Margherita Paolini (Limes), Alessandro Politi (analista strategico e Olint), Laura Quagliolo (Cisda), Gianni Rufini (Docente di aiuto umanitario e peace keeping Università di York), Raffaele K. Salinari (Terres des Hommes),Gigi Sullo (Carta), Gianni Tognoni (Tribunale Permanente dei Popoli), Michelguglielmo Torri (Asia Maior) Riccardo Troisi (Reorient).

Per adesioni: afgana07@gmail.com

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