Oggi è la giornata mondiale contro il lavoro minorile


Sara Farolfi


Rapporto Ilo: nel mondo 218 milioni di bambini sono costretti a lavorare, nei paesi industrializzati sfruttati 2,5 milioni di ragazzi sotto i 15 anni. Sette minori su dieci al lavoro.


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Oggi è la giornata mondiale contro il lavoro minorile

Un minorenne su sette nel mondo è costretto a lavorare. Non solo nei paesi in via di sviluppo, come forse si sarebbe portati a pensare. Le cifre diffuse dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) in occasione della giornata mondiale contro il lavoro minorile, che ricorre oggi, parlano anche di noi. Nei paesi industrializzati il lavoro minorile riguarda 2,5 milioni di ragazzi sotto i quindici anni. In tutto il mondo sono 218 milioni i minori dai 5 ai 17 anni sfruttati e costretti al lavoro. Ma non è tutto, perché il trend discendente registrato dall’Ilo dal 2000 ad oggi è messo a rischio dall’aumento del prezzo del cibo: alla Borsa merci di Chicago impazzano gli speculatori (ieri i cereali hanno toccato un nuovo record storico) e questo, dice l’Ilo, impatta immediatamente sulle condizioni di vita dei bambini, “che in queste situazioni vengono usati come una sorta di assicurazione: la famiglia si difende dalla povertà mandandoli a lavorare per avere un’entrata in più”.
La giornata mondiale contro il lavoro minorile è dedicata quest’anno al tema dell’istruzione. Investire nella scuola è nella formazione è non solo un’inversione di rotta dal punto di vista sociale, ma anche economico, dice l’Ilo. Impatta, e mette in discussione, un modello di sviluppo in cui si compete sui bassi costi (garantiti anche dal lavoro minorile) e non sulla qualità e professionalità delle lavorazioni.
Lo sfruttamento minorile, secondo i dati riportati dall’Ilo ( che sono quelli del 2004), tra il 2000 e il 2004 ha registrato una diminuzione dell’ 11%. Dato che poco consola, considerando che nel mondo restano 218 milioni di minori, dai 5 ai 17 mondo restano 218 milioni di minori, dai 5 ai 17 anni, sfruttati. 165 milioni dei quali dai 5 ai 14 anni, 74 milioni “ in attività particolarmente pericolose”. E ancora: secondo l’agenzia dell’Onu, sarebbero 72 milioni i bambini in età da scuola primaria non secolarizzati. E per le bambine la situazione è ancora peggiore.
Quanto alla geografia dello sfruttamento, l’Asia e il Pacifico rappresentano la regione con il numero più alto di minori al lavoro nel mondo (circa il 20 %). L’Africa sub-sahariana, con 50 milioni di minori lavoratori (circa il 26 %), è invece la regione con la più alta incidenza di bambini che lavorano. Mentre in America Latina e nei Carabi il numero dei bambini sfruttati è sceso di due terzi tra il 2000 e il 2005, a 5,7 milioni di minori in età compresa tra i 5 e i 14 anni che lavorano.
E arriviamo a noi, ai paesi industrializzati, dove nel 2000 lavoravano circa 2,5 milioni di bambini sotto i 15 anni. La maggior parte dei quali nel settore agricolo (sette minori su dieci), e a seguire nei servizi (il 22%9, nell’industria (il 9%), nelle miniere e nell’edilizia.
L’impennata delle materie prima, sottolinea l’Ilo, rischia comunque di mettere a serio rischio il trend discendente registrato dal 2000 al 2004: “L’aumento della spesa familiare può rendere conveniente per le famiglie mandare i figli a lavorare piuttosto che a scuola”. Per ridurre il fenomeno del lavoro minorile, sottolinea l’organizzazione internazionale, è fondamentale estendere l’accesso ad un’istruzione gratuita e obbligatoria: “L’eliminazione del lavoro minorile e la sua sostituzione con l’istruzione universale offrono enormi benefici dal punto di vista economico”, dice Furio Camillo Rosati, economista Ilo, aggiungendo che “globalmente i benefici superano i costi in rapporto sei a uno, e ogni anno supplementare di scuola, fino all’età di 14 anni, genera per il futuro l’11% di reddito in più. Secondo le stime, per la definitiva abolizione del fenomeno, i costi sarebbero pari a 760 miliardi di dollari circa, da utilizzare per un periodo di almeno vent’anni. I benefici (in termini di istruzione e salute) ammonterebbero invece a 4000 miliardi di dollari.

Fonte: il Manifesto

12 giugno 2008

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