Messico, giornalista ucciso. Continua la mattanza dei narcos


Gaetano Liardo


Efferato omicidio del giornalista Jaime Guadalupe González Domínguez: ennesimo attacco contro il mondo dell’informazione in Messico, dove fare informazione è un lusso che pochi riescono a permettersi.


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«Questa notizia molto probabilmente è l’ultima nota di questo sito. Riposa in pace Jaime Guadalupe González Domínguez». Con queste poche righe il portale di informazione online Ojinaga noticias comunica la sospensione delle attività dopo l’efferato omicidio del giornalista e direttore della testata González Domínguez.

La scorsa domenica Domínguez è stato abbattuto da una scarica di 18 proiettili di grosso calibro nella cittadina di Ojinaga, nello stato messicano di Chihuahua, nel nord del paese. L’ennesimo attacco contro il mondo dell’informazione in una realtà, il Messico, dove fare informazione è un lusso che pochi riescono a permettersi. Il prezzo per chi decide di sfidare il silenzio imposto dai narcos è quello della morte. Violenta e atroce per lanciare segnali a chi ancora non vuol piegarsi.

«Il Messico – si legge nel dossier dell’associazione antimafia Libera presentato nel dicembre 2012 – è considerato il quinto paese più pericoloso per praticare il giornalismo nel mondo e il primo in tutto il continente americano. Dal 2006 sono 56 gli omicidi di giornalisti (49 uomini e 7 donne) a cui si aggiungono 16 giornalisti scomparsi e un numero non quantificabile di giornalisti sfollati e obbligati all’esilio con la minaccia. Il 62% lavorava presso la carta stampata, il 17,24% in radio e 13,79% con giornali online».

Una mattanza senza fine. Nel mirino giornalisti, ma anche semplici internauti, come i tuiteros, gli utenti del social network twitter, che hanno denunciato violenze, minacce e intimidazioni contro chi, tramite la rete denuncia la deriva messicana. Nel novembre del 2011 alcuni tuiteros hanno lanciato un appello internazionale chiedendo l’aiuto della comunità internazionale, a partire proprio dal web.

Nel manifesto-appello si legge che: «La lotta per il controllo del territorio delle zone di frontiera si trasforma in un nuovo campo di battaglia: internet e i social network. I gruppi criminali pretendono di reprimere la nostra voce tramite l’intrusione nei nostri account e server, sequestrandoci e realizzando crimini atroci».

Amnesty International, nel rapporto del 2012 sullo stato dei diritti umani in Messico, ha dato ampio spazio al minaccioso bavaglio imposto alla stampa e al web dalle organizzazioni criminali. «L’informazione sulla sicurezza pubblica e sulla criminalità nella stampa locale è stata pregiudicata, e in certe zone virtualmente non esiste, a causa degli attacchi e delle intimidazioni dei giornalisti locali nelle aree a forte densità criminale».  La situazione è allarmante anche per quel che riguarda il web. «I social media hanno giocato – si legge ancora nel rapporto di Amnesty International – un crescente ruolo fornendo informazioni sulle minacce alla sicurezza delle comunità locali. I gruppi criminali hanno ucciso (nel 2012, ndr) almeno tre blogger e ne hanno minacciato altri per aver postato informazioni che hanno esposto le proprie attività criminali».

L’associazione Articulo 19, che in Messico si batte per la difesa della libertà di stampa, ha lanciato un’allerta nazionale sulla situazione dello Stato di Chihuahua dove, dopo l’omicidio di González Domínguez, si conferma come tra i più pericolosi per i giornalisti. Nel documento si legge che: «Articulo 19 denuncia energicamente l’assassinio del giornalista Jaime Guadalupe González Domínguez, che si somma ai 10 omicidi registrati tra il 2000 e il 2012 nello Stato di Chihuahua».

L’associazione continua invitando le istituzioni a far si che le indagini siamo veloci ed efficienti affinché: «Si interrompa il ciclo di impunità che genera un effetto spaventoso contro la stampa». Infine: «Articulo 19 considera necessario che le autorità garantiscano la sicurezza ai giornalisti della regione e stabiliscano una politica di prevenzione che garantisca l’esercizio del diritto umano alla libertà di espressione».

Fonte: www.liberainformazione.it
6 marzo 2013

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