Medio Oriente: alta tensione


Paola Caridi - invisiblearabs.com


Pian piano, ma con passo costante, la tensione cresce in Israele e Palestina. Il periodo è delicato, si sa. Elezioni, transizioni, incarichi esplorativi, presidenti a fine mandato…


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Medio Oriente: alta tensione

Pian piano, ma con passo costante, la tensione cresce, in Israele e Palestina. Il periodo è delicato, si sa. Elezioni, transizioni, incarichi esplorativi, presidenti a fine mandato… La tensione, però, è di quelle che cresce con episodi piccoli, che non fanno notizia, sino ad arrivare a gesti che scuotono l'ambiente, come il ferimento del professor Zeev Sternhell, noto pacifista, storico del fascismo europeo, un uomo di una certa età che vive da molti anni in una casetta con giardino, in un quartiere tranquillo di Gerusalemme ovest, dov'ero stata molti anni fa, per una lunga intervista nel suo piccolo studio 'intriso' di libri. Quartiere tranquillo, anonimo quasi, sino a che Sternhell non è stato ferito (per fortuna leggermente) in un attentato dalla chiara matrice di destra. Della destra radicale. Attentato che poteva costare a Sterhell entrambe le gambe.

Prima e dopo il ferimento di Sternhell, però, gli episodi dell'Alta Tensione ci sono stati, in numero sempre crescente. Da una parte e dall'altra. Lanci di pietre, ogni sera: ieri sera a ovest di Betlemme e dalle parti di Hebron, bersaglio macchine e autobus israeliani, là dove la crescita delle colonie non accenna a fermarsi. Lanci di pietre che fanno seguito alla notizia dell'uccisione di un ragazzo palestinese di 18 anni nella Valle del Giordano. Lo hanno trovato crivellato di colpi, vicino a una colonia. I palestinesi accusano i coloni. Le autorità israeliane indagano.

E così, Haaretz ha oggi il secondo (forse il terzo?) titolo in sei mesi su di una possibile "terza intifada"…, proprio quando il dimissionario Ehud Olmert dice che Israele può solo cedere territorio, se vuol raggiungere un accordo: l'ultima chance prima che l'ipotesi di due stati uno accanto all'altro non ceda del tutto il passo alla cosiddetta one state solution (per ora irrealizzabile). Ora, né Olmert né tantomeno Haim Ramon, colui che appare in questi mesi come l'architetto del negoziato, almeno su Gerusalemme, vogliono ritornare alla linea del 1967. Niente di tutto ciò. Si parla di cessione di territori occupati solo in misura molto parziale, per raggiungere almeno un'intesa.

La Gerusalemme est di cui parla Ehud Olmert non è la Gerusalemme est occupata nel 1967, perché nel frattempo sono stati costruiti quartieri ebraici dentro la parte orientale che ospitano circa 200mila israeliani. E lo stesso vale per la Cisgiordania: le colonie che potrebbero essere smobilitate sono poche, rispetto agli insediamenti costruiti dalla nascita di Gush Emunin in poi. E saranno molto probabilmente quelli che si collocano ora a est del Muro di separazione, diventato de facto il possibile confine di Israele.

La frase preoccupante dell'articolo di Haaretz è l'ultima, quando dice che un episodio violento da parte dei coloni potrebbe fare da detonatore, come – dicono gli autori dell'articolo – successe con la passeggiata di Ariel Sharon sulla Spianata delle Moschee, esattamente otto anni fa. Una passeggiata che fu la miccia della seconda intifada. Un episodio, stavolta, potrebbe accendere del tutto il disagio crescente in Cisgiordania, dove la Fatah della base non va d'accordo con la Fatah che gestisce ora i servizi di sicurezza palestinesi, e che nello scorso anno e mezzo ha arrestato centinaia e centinaia di militanti di Hamas. Se un giorno scoppiasse una rivolta, non potremo certo dire che non ce lo aspettavamo.

Fonte: Blog di Paola Caridi

29 settembre 2008

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