Maroni, un piano anti-romeni


Alberto Custodero


Il ministro studia la possibilità di porre limiti alla libera circolazione scritta nei trattati.
 L’Europarlamento prepara una legge per portare a 18 mesi la detenzione nei Cpt.


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Maroni, un piano anti-romeni

Roberto Maroni sta studiando se e come ripristinare i controlli di frontiera nazionali per limitare l'ingresso dei nomadi, la gran parte di nazionalità romena. Ad appena 24 ore dal suo insediamento al Viminale, il nuovo ministro dell'Interno leghista ieri, al suo primo giorno di lavoro, ha voluto subito affrontare il nodo più spinoso della politica di sicurezza del centrodestra, quello che riguarda l'immigrazione.

A proposito di clandestini, le misure per rendere più efficaci le espulsioni saranno agevolate non appena il Parlamento europeo approverà una direttiva sulle espulsioni che estende fino a 18 mesi la possibilità di trattenere in un centro di permanenza temporaneo gli stranieri non identificati. Direttiva che sarà subito recepita dal governo.

Maroni, che porterà già al prossimo Consiglio dei ministri le sue prime proposte, qualche giorno fa aveva annunciato che, in caso di necessità, avrebbe "rinegoziato con la Commissione Ue le regole sulla libera circolazione, ponendo dei limiti quando in gioco c'è la sicurezza nazionale". Una risposta forte sull'immigrazione è la prova più difficile che lo attende, se si pensa che durante il governo Prodi il decreto espulsioni – fatto per allontanare dall'Italia definitivamente cittadini comunitari che delinquono, rom in testa – è caduto due volte.

Non è affatto facile, comunque, andare a dire alla Romania, il cui ingresso nell'Unione europea nel gennaio del 2007 è stato fortemente voluto dal terzo governo Berlusconi, che alcuni dei loro cittadini, in particolare i nomadi, non potranno più, come ora, entrare liberamente nel nostro Paese. E che dovrà riprendersi le decine di migliaia di Rom immigrati in Italia negli ultimi 15 mesi.

Da quando ha avuto la certezza di essere nominato ministro, trovare una soluzione a questo dilemma è stato, per Maroni, il pensiero fisso. Al punto che s'è attivato nei giorni scorsi, già prima del suo incarico, per acquisire alla Camera e al Senato, e soprattutto all'Europarlamento, una ricca documentazione per verificare ogni possibilità di sospensione di Schengen.

Questo trattato, che ha abolito i controlli alle frontiere all'interno della Ue dal '95, non è stato ancora esteso a Romania e Bulgaria. Ma il problema è superato dal fatto che i romeni e i bulgari possono entrare liberamente nel nostro Paese perché vi giungono da stati membri come, ad esempio, la Francia. Ebbene, la convenzione sulla libera circolazione dei cittadini comunitari prevede che, "per esigenze di ordine pubblico o di sicurezza nazionale", uno Stato possa, previa consultazione con gli altri Paesi interessati, "decidere che per un periodo limitato alle frontiere siano effettuati controlli".

In questi anni in Europa questa clausola è stata richiamata più volte, non solo per problemi di sicurezza, ma anche per avvenimenti di carattere sportivo e perfino per un matrimonio reale. La Francia ha già sospeso gli accordi sei volte. Il Belgio lo ha fatto in occasione del campionato europeo di calcio del 2000 per prevenire l'arrivo degli hooligan. E lo stesso ha fatto il Portogallo che ha ospitato la manifestazione quattro anni dopo. L'Italia ha sospeso Schengen in occasione della riunione del G8 a Genova, ed a seguito di quei controlli reintrodotti alle frontiere numerose persone furono bloccate ed espulse. La Spagna è ricorsa a questa possibilità per il matrimonio del principe ereditario Felipe.

Questa strada, al vaglio del ministro Maroni, non è affatto una linea politica nuova all'interno del Pdl. La sospensione Schengen l'aveva invocata con un ordine del giorno, durante la scorsa legislatura, l'ex vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. Ma già in quell'occasione erano emerse difficoltà operative (il periodo di sospensione deve comunque essere limitato), giuridiche (per evitare che i controlli riguardino anche gli altri cittadini comunitari). E, infine, diplomatiche, per evitare crisi fra Italia e Romania visti gli importanti rapporti commerciali che legano i due paesi.

Fonte: Repubblica.it 

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