Maria Lorvich, una fiaba che trasuda pace e quella prima Marcia con Capitini


Floriana Lenti


All’età di ottantuno anni la scrittrice Maria Lorvich, donna ironica, forte e davvero giovanile, spiega: “Al giorno d’oggi, con tutto quello che accade è un’utopia parlare di pace. L’importante è non darsi per vinti”. Maria Lorvich racconta gli incontri con Aldo Capitini.


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Maria Lorvich, una fiaba che trasuda pace e quella prima Marcia con Capitini

“Quella mattina Luca si era alzato prima del solito, quasi presentisse che sarebbe stata una giornata diversa dalle altre”. Inizia così “La Guerra Allegra” (edizioni La Guerra), l’ultimo libro di Maria Lorvich. Si tratta di una fiaba che può essere letta dai 6 ai 160 anni. L’incipit non è: “C’era una volta” e i contenuti del libro non appartengono ad una favola qualsiasi. Non ci sono termini aulici, la semplicità è la chiave del successo, è il movente di un messaggio sintetizzabile in tre brevi frasi che si leggono nella prima pagina: “E’ la pace che vince la guerra. E’ il perdono che vince l’odio. E’ l’amore che vince tutto”.

Come si fa a trasmettere messaggi positivi?
“La pace è un ideale. Bisogna educare alla nonviolenza i bambini. E’ necessario trasmettere valori ai più piccoli, sin dai primi anni di vita. Mentre si vedono troppe trasmissioni violente in televisione, i ragazzini adesso sono abituati a giocare alla play station e sono parecchi i giochi in cui l’obiettivo è uccidere qualcuno”.

E con gli adulti?
“I grandi devono essere meno egoisti, più tolleranti. Si deve imparare a rispettare le idee degli altri. E’ difficile, ma è essenziale imparare a riconoscere che se chi ci sta di fronte ha idee diverse non è un nemico, è una persona che deve essere ascoltata”.

Ha scritto anche altri libri…
“Sì, ho scritto libri e poesie anche in dialetto perugino. Per esempio ho pubblicato una raccolta di episodi della Bibbia raccontati “col donca” come una popolana di Porta San Pietro. Non è un libro blasfemo, ma ricco di messaggi della nostra tradizione popolare. La mia passione sono anche i libri gialli, è un genere che mi interessa ed ho già raccolto diversi scritti che ho inviato a vari editori. Quest’anno ho provato a inviare i miei racconti ad un editore di Perugia (la Guerra), ed il presidente, il Signor Cipriani, ha apprezzato i miei lavori e li sta pubblicando”.

Qual è il suo motto?
“Vale più un sorriso ed una parola buona che cinquanta medicine”.

A cosa lo applicherebbe in particolare?
“Ce ne sono tante, sicuramente un problema da affrontare con urgenza è la disoccupazione. E’ una cosa terribile. Io dico sempre che la pensione la devono prendere i giovani per potersi costruire una casa, una famiglia, una vita”.

Come si possono risolvere i conflitti, ed in cosa consistevano gli incontri organizzati da Aldo Capitini?
“Le guerre mi danno tanta tristezza. La guerra serve solo a fare vittime, feriti e morti. Paradossalmente si deve lottare per la pace. Si deve lavorare senza mai tacere. Si dovrebbe sempre parlare di pace, continuamente, anche se c’è chi non vuole sentirne parlare. Anzi, bisogna urlare la pace. Sono riconoscente alla Tavola della pace perché lavora incessantemente, perché organizza eventi come la Marcia Perugia-Assisi. Il 7 ottobre mi sono commossa. Ho partecipato alla prima Marcia. Conosco Aldo Capitini, era insegnante di mio marito e mio vicino di casa. Capitini ogni domenica, a casa di una signorina inglese, organizzava dei convegni aperti a tutti. Ci venivano professori, letterati, religiosi, studiosi, grandi oratori ed anche barboni perché sapevano di trovare comprensione e dei biscotti con te caldo. L’oratore faceva l’introduzione, poi interveniva Aldo. Tutti potevamo esprimere le nostre considerazioni, ma lui ripeteva sempre “Dobbiamo stare vicini a tutti, presenti e non presenti, dobbiamo diffondere idee di non violenza e di rispetto per il nostro prossimo”. Ricordo perfettamente la prima Marcia, fu un evento speciale, eravamo prevalentemente umbri. Mio figlio Luca aveva cinque anni e portò lungo il tragitto lo striscione con il quinto comandamento: Non ammazzare. Il 24 settembre del 1961 fu un giorno meraviglioso, memorabile, c’era il sole e si respirava un’aria magica. L’ultima Marcia, per certi tratti, mi ha rievocato quelle sensazioni”.

Quali progetti ha per il futuro?
“Ah, tantissimi. Ho una vita tanto piena: sono sempre in giro, mi sveglio e già ho un mare di faccende da sbrigare. Poi sono un’ ammiratrice di Benigni e presto gli proporrò di fare un film dal mio libro. Intanto continuerò a presentarlo, il primo marzo alle 18.00 andrò a parlarne nella libreria per ragazzi “Le Cunegonde” a Madonna Alta. Spero di poter portare il messaggio di Capitini e di riuscire a trasmettere, come faceva lui, dolcezza, pazienza e tolleranza”.

Nel suo libro “La guerra allegra” edizioni Guerra si racconta il viaggio di un bambino di dieci anni. Dopo molti tentativi lo zio Luigi ha finalmente costruito l’astronave che gli permetterà di andare e tornare su Viola, pianeta simile alla Terra che lo stesso zio Luigi ha scoperto esplorando con il suo telescopio il cielo stellato. C’è però un problema: l’astronave si deve comandare da Terra, e l’unico che sa farlo è zio Luigi, che quindi non può andare su Viola. Al suo posto ci va allora il nipote Luca, che neanche si immagina in quale avventura si andrà a cacciare… “La guerra allegra” è una fiaba moderna che mescola strumenti nuovi a sentimenti antichi, permeata da un messaggio di pace e di condanna per ogni tipo di guerra.

Pubblicato sul "Corriere dell'Umbria"

31 gennaio 2008

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