Libia in fiamme, bombe sulla folla: 250 morti. Gheddafi, discorso flash in tv: “Sono a Tripoli”


La redazione


La cronaca della giornata di ieri. I riflettori si accendono ed emerge l’imbarazzo dell’Italia.


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Libia in fiamme, bombe sulla folla: 250 morti. Gheddafi, discorso flash in tv: "Sono a Tripoli"

GHEDDAFI IN TV: SONO A TRIPOLI, SMENTISCO LE TV, QUEI CANI
Il leader libico Muammar Gheddafi è apparso in televisione per smentire le voci circolate ieri che lo davano in fuga dalla Libia, sconvolta da giorni dalle proteste e da una violenta repressione, e riparato in Venezuela: «Vedrò i giovani in Piazza Verde. Per dimostrare che sono a Tripoli e non in Venezuela, e smentire le televisioni, questi cani». Il colonnello, ripreso dalla televisione di stato libica nella sua residenza di Bab Al Aziziya, a Tripoli è apparso in cappotto, che sale su un'automobile, con un ombrello bianco in mano per proteggersi dalla pioggia, davanti alla sua residenza-caserma di Bab Al Aziziya. Le immagini sono state da alcuni definite “surreali”: 22 secondi in tutto invece di un discorso alla nazione. Seduto in una sorta di pulmino bianco, dopo poche parole il leader libico ha salutato, ha chiuso l'ombrello ed è rientrato nel veicolo senza aggiungere altro. Il ministro degli Esteri britannico, William Hague, aveva dichiarato ieri pomeriggio, a Bruxelles, che il colonnello era fuggito nella terra di Chavez.

TV DI STATO LIBICA: NIENTE MASSACRI
Secondo la tv di stato Libica non c'è stato alcun «massacro» e ha parlato di disinformazione basata su «menzogne e semplici voci. Dicono che vi siano stati massacri in diverse città e villaggi. Dobbiamo lottare contro queste menzogne e semplici voci che sono gli strumenti di una guerra psicologica», recita il sottotitolo trasmesso su banda rossa sulla televisione Al-Jamahiriya. Queste notizie, prosegue la scritta «vogliono distruggere il vostro morale, la vostra stabilità, le vostre ricchezze». L'emittente ha riferito che le forze di sicurezza hanno preso d'assalto «diversi nidi di sabatatori».

ONU, RIUNIONE D'EMERGENZA SU LIBIA
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà in seduta di emergenza a porte chiuse alle 15 ora italiana di oggi, le 21 a New York, per discutere della crisi in Libia: lo ha detto il segretario generale, Ban Ki-moon a Los Angeles. La riunione dell'organo decisionale dell'Onu è stata sollecitata dall'ambasciatore libico aggiunto presso il Palazzo di Vetro, Ibrahim Dabbashi. Come molti altri diplomatici del Paese nord-africano ha preso le distanze dal regime sollecitando Gheddafi a «lasciare il potere il prima possibile» e ha chiesto alla comunità internazionale di impedire che il leader libico «si rifugi in un Paese terzo».

BAN KI-MOON, ONU: "OLTRAGGIATO DA VIOLENZE SUI MANIFESTANTI"
Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon si è detto «oltraggiato» dalla notizia che le forze di sicurezza libica hanno «sparato sui manifestanti usando aerei da guerra ed elicotteri». Ban in giornata aveva parlato con Muammar Gheddafi chiedendogli di porre fine alle violenze ritiene ora che «se (la notizia) di questi attacchi contro i civili verrà confermata costituirebbe un grave violazione della diritto umanitario internazionale e dovrebbe essere condannato dall'Onu nei termini più duri».

LA CRONACA DI LUNEDI' 21

AL JAZIRA; UFFICIALI, SOLDATI UNITEVI A RIVOLTA
Un gruppo di ufficiali dell'esercito libico ha pubblicato una dichiarazione in cui esortano i soldati a «unirsi al popolo» per abbattere il regime di Muammar Gheddafi. Una sorta di contrappasso per il colonnello che assunse il potere con un golpe incruento di «giovani ufficiali» destituendo nel 1969 re Idriss. Lo riferisce al Jazira.

UE TEME NUOVE ONDATE MIGRATORIE
L'Unione europea teme nuove ondate migratorie dalle coste del Nord Africa verso quelle dei Paesi della sponda opposta del Mediterraneo ed è pronta ad aiutare gli Stati che verranno a trovarsi in difficoltà. «La situazione resta molto fluida e al momento è difficile avanzare delle cifre», ha detto Michele Cercone, portavoce della commissario per gli affari interni Cecile Malmstrom, rispondendo a chi chiedeva indicazioni su quanti migranti sarebbero pronti a sbarcare sulle coste europee.

FIGLIO GHEDDAFI, BOMBARDATI DEPOSITI ARMI
Seif al-Islam, uno dei figli del leader libico Muammar Gheddafi, ha detto questa sera alla tv libica che l'aeronautica ha bombardato alcuni depositi di armi in zone periferiche e non zone urbane popolate di Tripoli e Bengasi.

CLINTON, «BAGNO DI SANGUE INACCETTABILE FINISCA ORA»
Dopo un intera giornata di silenzio assordante gli Usa tornano a fare sentire la loro voce sulla libia. Hillary CLinton ha chiesto alle autorità di Tripoli di porre fine immediatamente a questo «inaccettabile bagno di sangue».

AL ARABIYA, IMMINENTE DISCORSO GHEDDAFI
Il leader libico Muammar Gheddafi rivolgerà a breve un discorso al paese. Lo ha annunciato la Tv satellitare araba Al Arabiya senza fornire altri particolari.

VENEZUELA: GHEDDAFI E' IN LIBIA
Il governo venezuelano smentisce ufficialmente la voce che dava Muammar Gheddafi in volo verso Caracas. Il ministro degli Esteri Nicolas MAduro ha dichiarato che il leader libico è ancora a Tripoli dove «sta gestendo la situazione».

IMAM SUNNITA: SOLDATI, UCCIDETE GHEDDAFI
Yusuf al-Qaradavi, l'influente imam sunnita di origine egiziana, ha emesso una fatwa (un decreto religioso) che chiede a tutti i soldati libici di uccidere Muammar Gheddafi «per liberare la Libia». Il religioso, 82 anni, è noto per i suoi accesi sermoni alla tv al Jazira, seguiti da circa 40 milioni di telespettatori.

SPAZIO AEREO CHIUSO
Lo spazio aereo su Tripoli è stato chiuso fino a nuovo ordine. Lo ha comunicato stasera all'Afp un portavoce dell'esercito austriaco che con un velivolo contava di evacuare verso Malta cittadini austriaci e europei.

TESTIMONI: "MASSACRO A TRIPOLI. ANCHE DA ELICOTTERI"
Testimoni hanno parlato di «un massacro» oggi nei sobborghi tripolini di Tajura all'Agence France Presse definendo l'accaduto «un massacro». Bande armate nel quartiere di Tajura hanno sparato indiscriminatamente contro la folla uccidendo e ferendo anche donne mentre le moschee lanciano appelli per aiuti medici. A Fashlum invece i mercenari sarebbero arrivati trasportati da elicotteri militari: anche qui vi sarebbero state delle sparatorie con numerosi morti.

DELEGAZIONE LIBICA ONU: DA GHEDDAFI "CRIMINI CONTRO UMANITA'"
La delegazione libica all'Onu, guidata dal vice-ambasciatore libico alle Nazioni Unite, Ibrahim Dabbashi, la squadra diplomatica libica ha accusato Gheddafi di essere colpevole «di crimini contro l'umanità», di «genocidio».

MINISTRO ALL'EMIGRAZIONE: GHEDDAFI DIMETTITI
Anche il ministro dell'Emigrazione e della Comunità Straniera, Ali Errichi, si è dimesso e ha chiesto a Muammar Gheddafi di dimettersi. Errichi, al momento a Boston negli Usa, lo ha detto ad al Jazira. Già si era pronunciato per le dimissioni lasciando il suo posto il ministro della Giustizia Mustafa Abdeljalid.

NAVE ITALIANA PATTUGLIERA' ACQUE INTERNAZIONALI
Una nave della Marina militare italiana salperà per controllare le acque internazionali. "L'Elettra e la marina militare italiana è stata mobilitata per raggiungere le acque internazionael di fronte alla Libia», ha detto il ministro della Difesa La Russa, ad Abu Dhabi dov'è in visita ufficiale fino a domani.

FARNESINA: PIANO RIMPATRI
La Farnesina ha annunciato un «piano di rimpatrio» per gli italiani in Libia. Prima un piano simile non era prevista.

RIMPATRIATI: BERLUSCONI CON GHEDDAFI HA SMINUITO ITALIA
I rimpatriati italiani dalla Libia, «sono vicini alla popolazione libica vittima della repressione voluta dal colonnello Gheddafi». Attraverso una nota diffusa oggi dalla Airl, la loro associazione, si augurano che Berlusconi “comprenda l'errore di valutazione compiuto assecondando Gheddafi in tutte le sue bizzarrie: considerarlo interlocutore affidabile e di più, amico fraterno degno di baciamani e regalie, senza mostrare la necessaria fermezza, ha sminuito la dignità dell'Italia e anche di noi rimpatriati”.

BERLUSCONI: INACCETTABILE VIOLENZA SU CIVILI
Il presidente del Consiglio Berlusconi «segue con estrema attenzione e preoccupazione l'evolversi della situazione in Libia e si tiene in stretto contatto con tutti i principali partner nazionali e internazionali per fronteggiare qualsiasi emergenza». Il comunicato di Palazzo Chigi esce in tarda serata e definisce il premier «allarmato per l'aggravarsi degli scontri e per l'uso inaccettabile della violenza sulla popolazione civile. L'Unione europea e la comunità internazionale dovranno compiere ogni sforzo per impedire che la crisi libica degeneri in una guerra civile dalle conseguenze difficilmente prevedibili, e favorire invece una soluzione pacifica che tuteli la sicurezza dei cittadini così come l'integrità e stabilità del paese e dell'intera regione».

LE CITTA' CONTROLLATE ALLA PROTESTA
Bengasi, Sirte e al Baida, tra le altre città, sarebbero in mano ai manifestanti. Lo affermano la (Fidh) e la tv al Jazeera, citando diverse fonti. «Molte città sono cadute, soprattutto nell'Est del Paese. Parte dei militari ha aderito» alla rivolta contro Muammar Gheddafi, ha dichiarato la presidente della Fidh, Souhayr Belhassen. Alcuni testimoni hanno però smentito la caduta di Sirte.

LA FEDERAZIONE DELLE LEGHE: 300-400 MORTI
Secondo la Federazione internazionale delle leghe dei diritti dell'uomo (Fidh), nel Paese ci sarebbe un autentico bagno di sangue, con un numero di morti stimato fra i 300 e i 400: la Tv satellitare Al Arabya parla di 160 morti soltanto nella giornata di oggi.

AL VIA RIMPATRI ITALIANI
Nella mattinata di domani partirà per Tripoli un primo volo speciale, concordato con la Farnesina, che si affiancherà ai voli di linea previsti per il rientro dei connazionali. La Farnesina conferma un piano di rimpatri degli italiani in Tripolitania, gestito con l'Alitalia. «Al momento l'Italia non prevede un piano di evacuazione», affermano dal ministero degli Esteri.

ALLERTATI CACCIA TRAPANI E GIOIA COLLE
Allertati al «massimo livello di prontezza» gli Stormi dell'Aeronautica militare di Trapani e Gioia del Colle (Bari), da cui partono i caccia che hanno il compito di intercettare velivoli entrati senza autorizzazione nello spazio aereo nazionale. È quanto fanno sapere all'Aeronautica.

LA RUSSA, PER ORA NON PREVISTI RIMPATRI COATTI
«Ove fosse necessario siamo pronti ad affrontare il problema» del rimpatrio degli italiani dalla Libia, «ma al momento non è previsto un rimpatrio coatto dei nostri connazionali».

PILOTI 2 CACCIA CHIEDONO ASILO POLITICO A MALTA
I due piloti dei caccia libici, due Mirage di fabbricazione francese, atterrati a Malta alle 16,53 ora italiana hanno chiesto «asilo politico» alle autorità di La Valetta. Si tratta di due alti ufficiali, due colonnelli dell'aeronautica libica. I due Mirage erano partiti dalla base di Okba Ben Nafinel nord del Paede. Fonti aeroportuali maltesi hanno chiarito che i due elicotteri atterrati poco dopo trasportavano 7 dipendenti di un'impresa petrolifera francese, di cui una sola ha il passaporto con se.

TWEET SU BBC, APACHE SPARANO SU MARCIA
Secondo un messaggio inviato via Twitter alla Bbc, elicotteri Apache hanno attaccato civili che stanno marciando da Misurata, terza citt… della Libia a est di Tripoli, verso la capitale.

AL JAZIRA, SI DIMETTONO AMBASCIATORI LONDRA E PECHINO
Gli ambasciatori libici in Cina, Gran Bretagna, Indonesia, Polonia, India e presso la Lega Araba si sono dimessi dalle loro funzioni. Lo riferisce la tv satellitare Al Jazira.

AL JAZIRA, OLTRE 250 MORTI OGGI A TRIPOLI
Al Jazira ha detto che sono oltre 250 le vittime dei bombardamenti sulla folla oggi a Tripoli.

SITO ARABO, IN MIGLIAIA A TRIPOLI CONTRO IL REGIME
«Sono decine di migliaia i manifestanti anti-regime nelle strade di Tripoli, bersagliati dai tiri dell'artiglieria e dalle mitragliatrici degli aerei dell'aviazione militare che stanno sorvolando la capitale». Lo rendo noto il sito arabo Almanara nella sua pagina Facebook. «A Tripoli – si legge ancora – le milizie del regime in abiti civili e alla guida di auto senza targhe stanno uccidendo, picchiando e terrorizzando i civili ». «In tutta la Libia – sostiene almanara – sono stata tagliate le comunicazioni ed internet».

PRODI, GOVERNO ITALIANO? NON SI MUOVE NIENTE
«Vedo che non si muove niente, non c'è presenza e basta. Non essendo al Governo non posso dire quello che deve fare il Governo»: così l'ex Presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha risposto a chi gli chiedeva un commento sulla posizione del Governo italiano circa la grave crisi e i disordini in Libia.

ITALIA, ALLERTA ALZATO DOPO AEREI LIBICI A MALTA
Fonti della Difesa italiana, interpellate ad Abu Dhabi dove si trova in visita ufficiale il ministro Ignazio La Russa, hanno confermato l'innalzamento del livello di allerta, fino al massimo, nelle basi aeree italiane e l'invio nel sud della penisola di elicotteri. La decisione è stata presa dopo l'atterraggio a Malta di due aerei e due elicotteri libici.

USA ORDINA EVACUAZIONE DIPLOMATICI «NON ESSENZIALI»
La situazione sta precipitando nella guerra civile in Libia. Pertanto gli Stati Uniti hanno ordinato l'evacuazione di tutto il personale diplomatico non essenziale e dei loro familiari e hanno chiesto ai connazionali di non recarsi nel Paese.

ALLERTA MASSIMO IN TUTTE BASI AEREE ITALIANE
«In tutte le basi aeree italiane il livello di allarme sarebbe massimo in relazione alla crisi libica»: è quanto apprende l'ANSA da qualificate fonti parlamentari. Secondo le stesse fonti, una consistente quota di elicotteri dell'Aeronautica militare e della Marina militare in queste ore avrebbe ricevuto l'ordine di spostarsi verso il sud.

AL JAZIRA, JET MITRAGLIANO I DIMOSTRANTI A TRIPOLI
La rete pan-araba riferisce che mentre dal cielo i jet colpiscono i dimostranti con le mitragliatrici di bordo, nella capitale sono stati sparati colpi di cannone contro i dimostranti, non è chiaro se si tratti di carrarmati o di batterie di artiglieria.

ONU;BANK KI-MOON CHIAMA GHEDDAFI,BASTA VIOLENZE
Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha parlato oggi, a lungo, con il leader libico Libia, Muammar Gheddafi, chiedendogli di cessare ogni violenza. Lo si legge in una nota diffusa dalle Nazioni Unite. Il documento non precisa se il colonnello si trovi ancora in Libia.

AL JAZIRA: MANIFESTANTI ATTACCATI DA AEREI
Le forze aeree stanno colpendo i manifestanti a Tripoli: lo dice al Jazira in una scritta in sovraimpressione.

GHEDDAFI IN VOLO VERSO VENEZUELA?
Il ministro degli Esteri britannico Hague riferisce di informazioni che darebbero il dittatore libico in volo verso il paese guidato da Chavez.

UE: BASTA VIOLENZE
L'Unione europea «condanna» la repressione delle manifestazioni in Libia e chiede la «cessazione immediata» dell'uso della forza. Lo scrivono i 27 ministri degli Esteri Ue in una dichiarazione comune adottata oggi nella quale si chiede anche «a tutte le parti» di astenersi da ogni violenza.

CAPO DI STATO MAGGIORE: DA RIVOLTA AGLI ARRESTI
Il capo di stato maggiore dell'esercito libico, Abu-Bakr Yunis Jabir, sarebbe agli arresti domiciliari dopo essere passato dalla parte dei rivoltosi. Lo riferisce la Bbc citando un ex responsabile libico citato dal sito 'Libia al- Youm'.

FINI: STOP DURA REPRESSIONE
Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha inviato al suo omologo libico, Muhammad Abu-al-Kasim Zway, presidente del Congresso generale del popolo, una lettera invocando la fine della “dura repressione. «Onorevole presidente, dsidero lanciare un appello alle competenti Autorità affinché le violenze cessino immediatamente e vengano riconosciuti ai cittadini i diritti fondamentali della libertà di manifestare pacificamente e di esprimere liberamente le proprie convinzioni».

DUE CACCIA MIRAGE ATTERRANO A MALTA
Due cacciabombardieri Mirage libici, e due elicotteri civili con sette passeggeri a bordo, sono atterrati questo pomeriggio a Malta. Lo riferiscono testimoni e fonti dell'esercito maltesi. I passeggeri degli elicotteri (decollati dalla Libia senza autorizzazione) si sono dichiarati francesi, solo uno di loro ha il passaporto.

GOVERNO PRONTO A RIFERIRE IN AULA
Il governo dovrebbe riferire in Parlamento sulla situazione che si è creata in Libia nella giornata di mercoledì. Secondo quanto apprende l'Agi dovrebbe essere il ministro degli Esteri Franco Frattini a svolgere l'informativa parlamentare. Domani sera alle 20 ci sarà un vertice a palazzo Chigi. Parteciperanno il premier Berlusconi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Letta, i ministri Frattini, Maroni, Sacconi, La Russa, Matteoli e Romani.

CAOS ALL'EROPORTO DI TRIPOLI PER ESODO STRANIERI All'aeroporto di Tripoli da stamane è il caos più totale. Centinaia di stranieri in attesa di lasciare il paese dopo che la rivolta popolare ha raggiunto Tripoli, dove stanotte «è stato terribile, spari da tutte le parti e una fiumana di gente per le strade anche dei quartieri residenziali», ha detto Albert C., direttore di una società francese raggiunto per telefono all'aeroporto. «Sto cercando di far partire una quarantina di dipendenti con le famiglie», ha aggiunto, «ma qua è un disastro, gli aerei non bastano». Un giovane italiano che lavora nella società di famiglia a Tripoli è riuscito a partire dopo una lunga attesa, perchè, protesta, «ho dovuto lasciare il posto ad alcuni diplomatici, mi hanno fatto slittare di almeno 14 posizioni nella lista…una vergogna». Tra i passeggeri in partenza, decine i francesi -anche perchè la scuola francese di Tripoli è stata chiusa- e il personale delle società petrolifere come Shell, Bp, Statoil e Eni, che ha imbarcato su charter i dipendenti non operativi con le famiglie, oltre a Finmeccanica e altre aziende italiane.

FAREFUTURO, PREOCCUPA ATTEGGIAMENTO GOVERNO ITALIANO
«Quanto accade in Libia, e nell'intera zona del Maghreb, non ci chiama in causa soltanto per la posizione geografica dell'Italia, che ovviamente si presta più di altri paesi dell'Unione al rischio di nuove ondate di clandestini; oltre a questo, preoccupa l'atteggiamento del nostro governo sull'intera vicenda». Lo si legge in un articolo pubblicato sul magazine della Fondazione Farefuturo.

USA, OBAMA STA STUDIANDO MISURE APPROPRIATE
Il presidente americano Barack Obama «sta studiando tutte le misure appropriate» per fronteggiare gli eventi in Libia, ha reso noto oggi un funzionario della Casa Bianca. Il presidente Obama è «tenuto costantemente informato» sugli sviluppi della situazione.

BERSANI: GOVERNO TACE PERCHÉ SI È COMPROMESSO
Il governo Berlusconi «tace» sul conflitto in corso in Libia «perché non può parlare, perché si è compromesso in un modo incredibile stracciando anche la nostra dignità». È il pensiero del segretario nazionale del Pd Pierluigi Bersani, oggi a Imola per l'anteprima del festival 'Manifuturà che si terrà da giovedì a sabato a Bologna.

MIGLIAIA IN PIAZZA VERDE A TRIPOLI
Un testimone riferisce che migliaia di persone si stanno radunando sulla Piazza Verde a Tripoli. «In queste ore migliaia di cittadini starebbero affollando Piazza Verde, la ex Piazza Italia», ha riferito il testimone, che ha chiesto di rimanere anonimo.

CAOS IN MOLTE CITTÀ, UE PREPARA RIMPATRIO
Numerose città libiche sarebbero in mano ai manifestanti, dopo la decisione dei militari di scappare o schierarsi con loro. Il caos si sta diffondendo in tutto il Paese, costringendo l'Unione europea a preparare velocemente il rimpatrio dei suoi cittadini.

CITTÀ IN MANO AI MANIFESTANTI
Bengasi, Sirte e al Baida, tra le altre, sarebbero in mano ai manifestanti. Lo affermano la Federazione internazionale delle leghe dei diritti dell'uomo (Fidh) e la tv al Jazeera, citando diverse fonti. «Molte città sono cadute, soprattutto nell'Est del Paese. Parte dei militari ha aderito» alla rivolta contro Muammar Gheddafi, ha dichiarato la presidente della Fidh, Souhayr Belhassen, che ha citato Bengasi, cuore dell'opposizione, e Sirte, città natale di Gheddafi, tra le città sotto il controllo dei manifestanti. Alcuni testimoni hanno però smentito la caduta di Sirte.

EZ ZAUIA NEL CAOS
La polizia libica ha lasciato la città di Ez Zauia, 60 chilometri a ovest di Tripoli, sprofondata ora nel caos. Lo riportano decine di tunisini tornati in patria, provenienti dalla città della Tripolitania. «Sono in corso degli scontri tra gruppi pro e contro Gheddafi da due giorni; la città è nel caos, dopo che la polizia, ieri, ha lasciato la città».

ITALIANI, NESSUNA EVACUAZIONE
Gli italiani che vivono «stabilmente» in Libia sono 1.500, di cui circa 500 sono dipendenti di società italiane con progetti nel paese. È quanto si apprende da fonti della Farnesina. «Al momento l'Italia non prevede un piano di evacuazione».

RIMPATRIO LAVORATORI ENI
Eni sta rimpatriando i dipendenti non «strettamente operativi» presenti in Libia e i loro familiari. La società precisa in una nota che «non ravvisa alcun problema agli impianti e alle strutture operative» in Libia.

SGOMBERO CITTADINI UE
Il Portogallo si occuperà del rimpatrio dei cittadini portoghesi e di altri europei che si trovano in Libia. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri di Lisbona. Il governo portoghese invierà un aereo militare C-130, che dovrebbe atterrare nelle prossime ore a Tripoli.

AUSTRIA INVIA AEREO
L'Austria ha annunciato l'invio di un aereo militare verso Tripoli, in vista dello sgombero dei cittadini austriaci presenti in Libia. Il velivolo è partito dall'isola di Malta.

MORTI A TRIPOLI
La rivolta in Libia contro il regime del colonnello Gheddafi non si limita più alla sola Cirenaica o al sud berbero. L'emittente satellitare araba al Jazeera riferisce notizie allarmanti da Tripoli. La rivolta ormai sembra dilagare anche nella capitale libica. Secondo fonti ospedaliere citate dalla televisione, nella sola giornata di oggi ci sarebbero 61 morti nella capitale. L'edificio del governo, inoltre, sarebbe in fiamme, mentre i rivoltosi stanno attaccando basi militari e commissariati di polizia.

SAIF GHEDDAFI IN TV
Parlando in televisione, Saif Gheddafi ha detto che il padre è a Tripoli e da qui sta guidando la battaglia. «Distruggeremo i responsabili della rivolta» ha ammonito Saif, sottolineando che «l'esercito avrà ora un ruolo cruciale nell'imporre la sicurezza, perché sono in gioco l'unità e la stabilità della Libia». «Il nostro morale – ha aggiunto – è più alto e il leader Muammar Gheddafi, qui a Tripoli, conduce la battaglia e noi lo sosterremo, come pure le nostre forze armate. Noi libereremo la Libia e combatteremo fino all'ultimo uomo, fino all'ultima donna e fino all'ultimo proiettile». Voci non verificate si rincorrono da ore su una possibile fuga di Gheddafi all'estero.

QURINA, SI È DIMESSO MINISTRO GIUSTIZIA
Il ministro della Giustizia libico si è dimesso in segno di protesta «per l'eccessivo uso di violenza contro le manifestazioni». Lo riferisce il quotidiano libico Qurina.

LEADER ISLAMICI, RIVOLTA È DOVERE DIVINO OGNUNO
Un gruppo di leader musulmani libici ha detto oggi che la rivolta contro la leadership in Libia è il dovere divino di ciascuno. «Hanno dimostrato una totale, arrogante, impunità e hanno continuato,e anche intensificato, i loro crimini sanguinosi contro l'umanità- Hanno così dimostrato una totale indefeltà alla guida di Dio e del suo amato Profeta (la pace sia con lui)», ha detto il gruppo, chiamato Rete dei liberi ulema di Libia'. «Questo li rende immeritevoli di qualsiasi obbedienza o sostegno e fa della ribellione contro di loro, con tutti i mezzi possibili, un dovere divino», afferma ancora il gruppo.

BLOCCATO CONVOGLIO MEDICI A FRONTIERA CON EGITTO
Guardie di frontiere libiche hanno impedito l'ingresso in Libia di un convoglio di assistenza medica per Bengasi, dove si sono avuti scontri molto violenti tra manifestanti e forze di polizia, dell'Unione dei Medici Arabi proveniente dall'Egitto. Ne ha dato notizia la tv satellitare Al Jazira, precisando che il convoglio è stato bloccato alla frontiera con l'Egitto per motivi non precisati.

LIBIA: AMR MOUSSA, ORMAI VENTO CAMBIAMENTO SU TUTTO MONDO ARABO
Per il segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, «il vento del cambiamento soffia ormai nel Medio Oriente e in tutto il mondo arabo». «Le richieste dei popoli arabi», ha sottolineato l'ex ministro egli Esteri egiziano in un'intervista a El Pais, «sono più che legittime e vanno discusse con tutta la società». Moussa ha anche risposto a Seif al-Islam Gheddafi, il secondogenito del presidente libico che nel suo discorso in tv aveva denunciato la presenza sul suolo libico di palestinesi, egiziani e tunisini armati che aspirerebbero ad appropriarsi delle ricchezze del Paese: «Non è il momento di provocare tensioni e conflitti tra i Paesi arabi», ha avvertito. E mentre Amr Moussa ribadisce di non volersi candidare alle presidenziali in Egitto alla fine del suo mandato, tra due mesi, dal Forum liberale delle società civili del Golfo riuniti a Kuwait City arriva un appello: «È ora che le famiglie al potere nella regione prendano l'iniziativa per trasformare i loro regni sul modello delle monarchie occidentali».

TESTIMONI: SIRTE NON È IN MANO AD OPPOSITORI DI GHEDDAFI
Testimoni hanno smentito la caduta della città libica di Sirte nelle mani dei manifestanti anti Gheddafi, come affermato dalla Federazione delle leghe dei diritti dell'Uomo (Fidh). In precedenza, sia la Fidh che la tv araba al Jazeera, avevano riferito che numerose città libiche, tra cui Bengasi, Sirte e al Baida, sarebbero in mano ai manifestanti, dopo la decisione dei militari di scappare o schierarsi con loro.

LIBIA: STRANIERI IN FUGA, 2300 TUNISINI RIMPATRIANO; ALLERTA UE
Fuga di massa degli stranieri dalla Libia nelle ore in cui il Paese brucia nella protesta in una situazione ormai considerata grave da tutti. Mentre l'Ue prepara un'evacuazione dei cittadini comunitari dalla Libia, in particolare dalla Cirenaica e dalle altre aree orientali, almeno 2300 tunisini hanno già ripreso la strada di casa, 2000 nella notte e 300 stamane, facilitati dalle frontiere ormai abbandonate anche dalla polizia. L'ambasciatore tunisino a Tripoli, Salaheddine Jemmali, è intervenuto in mattinata per assicurare che le autorità tunisine sono pronte ad accogliere i connazionali, circa 50mila in tutta la Libia. In attesa di disposizioni concrete dell'Ue, i governi dell'Unione hanno iniziato a mettere in atto dei piani di evacuazione o a sollecitare i propri cittadini a lasciare il Paese: il Portogallo ha inviato un aereo militare a Tripoli e un secondo aereo è partito da Bruxelles diretto a Bengasi. Il ministro britannico, William Hague ha fatto sapere che il governo sta «assicurando protezione a chi lascia il Paese» mentre il ministro francese Laurent Wauquiez, ha fatto sapere che l'ambasciata sta aiutando le persone che desiderano lasciare il Paese con i propri mezzi. Anche l'Italia ha consigliato ai suoi connazionali nel paese nord-africano, circa 1500, di lasciare il Paese. L'Austria intanto ha annunciato che invierà un aereo a Malta per facilitare l'evacuazione. Mentre dalla Bulgaria e dalla Serbia è arrivata la sollecitazione a tutti i connazionali a lasciare immediatamente il Paese. Un aereo della Turkish Airlines inviato da Ankara per i connazionali turchino è però riuscito ad atterrare a Tripoli ed è tornato indietro. Intanto si muovono le grandi industrie europee presenti nel Paese: Eni, Shell e Bp hanno iniziato il rimpatrio dei dipendenti non operativi e dei familiari, così come Finmeccanica. L'Eni ha comunque assicurato che non c'è «alcun problema agli impianti e alle attività di Eni in Libia» e di continuare a seguire «con attenzione gli sviluppi».

AD AL-ZAWIYA VIOLENTI SCONTRI, POLIZIA FUGGE. CITTÀ NEL CAOS
Nella città libica di Al-Zawiya «ci sono stati violenti scontri tra dimostranti antiregime e filogovernativi» tanto che «la polizia è fuggita lasciando la città nel caos». Lo riferiscono alcuni testimoni.

Bengasi e Sirte in mano ai manifestanti
Sarebbero diverse le città della Libia ormai nelle mani dei manifestanti antiregime, fra cui Bengasi e Sirte, dopo il ritiro dei militari. Lo ha annunciato la federazione internazionale per i diritti umani (Fidh), che ha stimato un bilancio fra i 300 e i 400 morti dall'inizio delle contestazioni contro gheddafi.

COMMISSARIATO IN FIAMME ALLA PERIFERIA EST DI TRIPOLI Un commissariato di polizia sarebbe in fiamme alla periferia orientale di Tripoli, nel sobborgo di Souk al-Jamma: lo hanno riferito fonti giornalistiche presenti alla scena, che tuttavia hanno precisato di non aver notato particolari segni di proteste anti-governative nè di scontri con le forze di sicurezza. Secondo le fonti, avrebbero preso fuoco anche numerosi veicoli in sosta nei pressi.

ENI: IN CORSO RIMPATRIO DIPENDENTI NON OPERATIVI
«In relazione allo stato delle attività in Libia, Eni informa che è in corso sia il rimpatrio dei familiari dei propri dipendenti, come già previsto a seguito della chiusura anticipata delle strutture scolastiche nel Paese, sia dei dipendenti non strettamente operativi». Lo rende noto l'ufficio stampa, che informa inoltre: «In questo momento Eni non ravvisa alcun problema agli impianti e alle strutture operative. Le attività proseguono nella norma senza conseguenze sulla produzione. Eni, tuttavia, sta provvedendo a rafforzare ulteriormente le misure di sicurezza a tutela di persone e impianti».

QUATTRO NAVI DA GUERRA ATTRACCANO NEL PORTO DI TRIPOLI
Mentre le manifestazioni di protesta contro il regime del colonello Gheddafi hanno ormai raggiunto la capitale del paese Tripoli, testimoni riferiscono dell'ingresso nel porto della città di alcune navi da guerra. Un testimone parlando alla France Press ha detto: «Questa mattina quattro fregate libiche hanno fatto la loro apparizione nel porto di Tripoli».

VIDEO SU YOUTUBE, «È LA FUGA GHEDDAFI A SEBHA»
Un video su YouTube mostrerebbe la fuga di Gheddafi con i suoi fedelissimi nella città desertica di Sebha (centro meridionale della
Libia). Nel video, messo in rete il 20 febbraio, si vede quello che sembra un corteo presidenziale con oltre 75 fuoristrada, blindati, due pullman e due auto della polizia sfrecciare ad altissima velocità. Sono di ieri le voci che sostenevano che Muammar Gheddafi avrebbe lasciato la Libia e si sarebbe rifugiato in Venezuela come riportato da un corrispondente di al Jazira da Tripoli. Voci smentite dall'opposizione che sostiene – come dimostrerebbe il video – che il colonnello è ancora in Libia.

LIBIA: TV, VOCI SU GOLPE MILITARI CONTRO GHEDDAFI
Fonti libiche hanno fatto sapere alla tv satellitare Al Jazira che all'interno dell'esercito vi sarebbero grandi tensioni, al punto da poter prevedere che il capo di stato maggiore aggiunto, El Mahdi El Arabi, possa dirigere un colpo di stato militare contro il colonnello Gheddafi. Sul sito web della tv si ipotizza che questo sviluppo potrebbe mettere fine ai disordini in corso. Una fonte imprecisata ha comunicato ad Al Jazira che «il popolo sentirà buone notizie entro la fine della giornata». Tuttora – secondo le stesse fonti – violenti scontri si sviluppano tra quello che resta delle Guardie dei Comitati Rivoluzionari pro-Gheddafi ed i militari ribelli, al comando del capo di stato maggiore. In questi scontri sarebbe rimasto gravemente ferito il comandante delle forze speciali, Abdalla El Senoussi, che potrebbe essere addirittura già morto.

GOVERNO TENTA BLOCCO TRASMISSIONI SATELLITARI
I servizi segreti libici stanno provocando «interferenze» alle comunicazioni satellitari di Al Jazeera. A riferirlo è la stessa tv di Doha, secondo cui il 'jamming' «ha avuto origine a sud della capitale di Tripoli da un edificio tecnico dell'intelligence libica». 

LA GRAN BRETAGNA CONVOCA L'AMBASCIATORE
La Gran Bretagna ha convocato l'ambasciatore della Libia a Londra per protestare contro la violenza della repressione delle manifestazioni nel Paese e ha chiesto che i colpevoli siano perseguiti.

MILLE TUNISINI RESIDENTI CHIEDONO RIMPATRIO
«Circa 1.000 tunisini sui 50.000 (residenti in Libia) hanno espresso il desiderio di rientrare in Tunisia» e «sono in corso contatti tra l'ambasciata e le autorità libiche per facilitare il ritorno dei tunisini dopo la chiusura degli aeroporti di Bengasi (est) e Misratah (nord)», ha dichiarato l'ambasciatore.

FARNESINA SCONSIGLIA VIAGGI LIBIA
Dopo l'annuncio di ieri che invitava a non recarsi in Cirenaica, il ministero degli Esteri ha aggiornato stamattina il sito 'Viaggiare Sicuri', sconsigliando «viaggi di qualsiasi titolo in tutto il paese». E raccomanda a chi si trova nel paese di «evitare gli assembramenti di folla, di allontanasi immediatamente dalle zone dove siano in corso manifestazioni e, in generale, di rimanere sempre aggiornati sull'attualità internazionale e regionale».

I MANIFESTANTI: ABBIAMO IL CONTROLLO DI BENGASI
Fonti dell'opposizione libica citate da Al Jazeera sostengono di avere ormai il controllo di Bengasi, seconda città della Libica, capoluogo della Cirenaica e roccaforte dell'opposizione. I manifestanti, dice sempre al Jazeera, avrebbero sequestrato armi ai militari e occupato le basi dell'esercito.

FONTI LIBICHE: GHEDDAFI ANCORA NEL PAESE
Il leader libico Muammar Gheddafi è ancora nel paese e non si è rifugiato in Venezuela. Lo hanno detto fonti libiche alla tv al Arabiya, smentendo voci diffusesi in nottata.

AL JAZEERA: 61 MORTI
L'emittente satellitare araba al Jazeera: la rivolta ormai dilagherebbe anche nella capitale libica. Secondo fonti ospedaliere citate dalla televisione nella sola giornata di oggi ci sarebbero 61 morti nella capitale.

FINMECCANICA RIMPATRIA I DIPENTENTI
Finmeccanica sta rimpatriando in queste ore i suoi dipendenti che lavorano in Libia dopo l'esplodere della rivolta nel Paese nordafricano. Lo confermano fonti della società specificando che sono meno di 10 i lavoratori italiani impiegati nella joint venture italo-libica Liatec partecipata da AgustaWestland, Finmeccanica e Libyan Company for Aviation Industry. La sede dell'impianto si trova nella località di Abou Aisha, a sud di Tripoli e vi si svolge l'assemblaggio e la manutenzione di elicotteri.

IN FIAMME LA SEDE DEL GOVERNO
La sede del governo libico a Tripoli è in fiamme. Lo afferma la televisione araba Al Jazeera, che aggiunge, citando fonti mediche, che le vittime di oggi della rivolta nella capitale libica sarebbero 61.

BRUCIA SEDE TV DI STATO
La sede di una tv a Tripoli è stata saccheggiata e nella capitale libica alcuni edifici pubblici sono stati dati alle fiamme. Lo riferiscono testimoni. Secondo quanto riferiscono i testimoni, a Tripoli e' stata saccheggiata anche la sede di una radio pubblica, mentre alcune stazioni di polizia e sedi dei comitati rivoluaizonari pilastro del regime sono stati dati alle fiamme ieri in tarda serata.

NOTTE DI SCONTRI
Salgono a 18 i feriti degli scontri registrati in un cantiere gestito a Tripoli da alcune società sudcoreane: secondo il ministero degli Esteri di Seul, 15 operai bengalesi sono rimasti coinvolti, di cui due accoltellati e in gravi condizioni, mentre tre sudcoreani hanno riportato lievi escoriazioni. Nel sito ci sono oltre 1.000 lavoratori del Bangladesh e 40-50 sudcoreani, in base a quanto riferito dall'agenzia Yonhap. Il governo di Seul ha invitato le compagnie impegnate in lavori nel Nord Africa e in Medio Oriente ad alzare l'allerta e predisporre misure per garantire la sicurezza.

L'Associazione dei costruttori (Icak), che riunisce un totale di 70 operatori con solide attività in Paesi come Libia, Yemen, Iran, Marocco e Bahrein, ha già accusato milioni di dollari di danni causati dalle proteste, nel mentre ha intensificato la collaborazione con il governo di Seul. Sotto osservazione, in particolare, la Libia, dove le aziende sudcoreane sono, ad esempio, impegnate nella realizzazione di centrali termiche a Tripoli e Al Khalij. "I lavoratori presenti a Bengasi sono stati spostati per sicurezza a seguito delle istruzioni fornite dalla nostra ambasciata in Libia", ha riferito un funzionario del ministero dei Trasporti e degli Affari marittimi.

IL DISCORSO IN TV DEL FIGLIO DI GHEDDAFI
La Libia e' vittima di un complotto esterno, corre il rischio di una guerra civile, di essere divisa in diversi emirati islamici, di perdere il petrolio che assicura unita' e benessere al Paese, di tornare preda del colonialismo occidentale. Cosi' si e' espresso in nottata, mentre circolano voci incontrollate di una possibile fuga del rais, Muammar Gheddafi, il figlio di quest'ultimo, Seif al-Islam, che, mentre i disordini arrivavano a Tripoli e per le strade della capitale si spara, in un discorso alla tv alla nazione ha promesso al Paese riforme, una nuova costituzione, e posto due opzioni: ''Siamo a un bivio: o usiamo i nostri cervelli, stiamo uniti e facciamo le riforme insieme, altrimenti dimentichiamoci delle riforme e per decenni avremmo la guerra in casa''.

«RIFORME», PROMETTE
E ha assicurato che il padre-rais ''dirige la battaglia a Tripoli'' e che ''vinceremo'' contro il nemico e ''non cederemo un pollice del territorio libico''. Del rais non si hanno piu' notizia, e mentre si parla di un bilancio di 300 morti, 50 solo nel pomeriggio a Bengasi, e testimoni affermano di udire folle in fermento e spari a Tripoli, alcuni capi tribali abbandonano il regime, invitano Gheddafi a ''lasciare il Paese'' e anche il rappresentante libico alla Lega Araba annuncia che lascia l'incarico per ''unirsi alla rivoluzione''.

In questo contesto Seif al-Islam, voce ''riformista'' e 'illuminata' del regime, ha detto, parlando apparentemente a braccio e in dialetto libico direttamente al suo popolo, che la Libia ''non e' la Tunisia e non e' l'Egitto''. Ha parlato di ''giusta rabbia della gente'' a Bengasi e in altre citta' per le persone che sono rimaste uccise, ha ammesso che ''sono stati commessi degli errori'', con l'esercito che ''non era preparato'' a una simile situazione e si e' fatto cogliere dalla tensione. Anche se, ha detto, i media hanno ''esagerato'' il numero di morti. Molti, ha detto Seif al-Islam, si sono lasciati ''entusiasmare'' dagli eventi egiziani e tunisini, ''altri erano drogati'', ha detto. Ma la direzione della rivolta, ha detto a chiare lettere, viene da fuori: ''C'e' un complotto contro la Libia'', diretto da gente, anche ''fratelli arabi'', che ''vi usano'', ''standosene comodamente seduti a Londra o a Manchester'', fra gli agi, a ''sorseggiare caffe''' e guardando ''il Paese che brucia''.

''Milioni di sterline sono state investite'' in questo complotto, che pero' e' mosso da poche centinaia di elementi, ''che non esprimono il popolo libico''. Il secondogenito di Gheddafi ha detto che sono state attaccate caserme, aperte prigioni, rubate armi pesanti, che dei ''civili'' guidano perfino ''carri armati''. Se tutti i libici si armano ne nascerebbe una ''guerra civile'' che durerebbe 40 anni. Non ci sarebbero 84 morti ma ''migliaia''; il Paese verrebbe diviso in ''staterelli'' ed ''emirati islamici'', sarebbe un ''bagno di sangue'', ci vorrebbero visti da uno staterello all'altro, ''come in Corea''. E i libici, ha evocato Seif al-Islam, perderebbero il petrolio, che e' ''cio' che li tiene insieme'', ne fa un Paese, e con esso le scuole, gli ospedali, il benessere.

''Se ci separiamo – ha dichiarato – chi fara' la riforma? Chi spendera' per i nostri figli, per la loro salute, la loro istruzione?''. Inoltre, ha domandato, ''pensate che il mondo occidentale, permetterebbero di perdere il nostro petrolio, permetterebbero un'emigrazione incontrollata'', la formazione di emirati terroristi? Europa e Stati Uniti ''tornerebbero a occuparci, a imporre il colonialismo''. Quindi la proposta di convocare, entro poche ore, una Assemblea generale del popolo per costruire una ''nuova costituzione'', fare le riforme per creare insieme ''la Libia che sognate''. E una minaccia: ''L'esercito – ha detto – ora ha il compito di riportare l'ordine con ogni mezzo'' e ''non e' l'esercito egiziano o tunisino'' ''Distruggeremo la sedizione e non cederemo un pollice del territorio libico''. I libici, ha concluso hanno combattuto e vinto contro gli italiani'' e ''sono capaci di farlo''.

Fonte: www.unita.it

21 febbraio 2011

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Libia-Italia. Complicità e silenzi

La notizia è di quelle tragiche e comiche allo stesso tempo: il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha annunciato a Bruxelles che l’Europa non deve esportare il proprio modello di democrazia in Libia o in altri Paesi del Medio Oriente, i processi democratici vanno solo sostenuti. Saranno contenti di saperlo i parenti dei circa 100mila morti civili iracheni, per citare solo quelli conteggiati dal 2003 al 2008. “L’Europa  – ha detto incredibilmente il nostro – non deve esportare la democrazia. Noi vogliamo sostenere il processo democratico, ma non dobbiamo dire: questo è il nostro modello europeo, prendetelo. Non sarebbe rispettoso dell’indipedenza del popolo, della sua ‘ownership’”. Il governo di centro destra capovolge così, come fosse un giro di valzer, come fosse nulla, la propria visione del mondo e soprattutto dopo aver esportato a Baghad, con baldanza militare, la democrazia modellata dall’amministrazione di George W. Bush. Ma  la Libia, va da sé, è tutto un altro affare.

Tuttavia qualcosa non torna, ahimé, anche in questo caso: secondo l’organizzazione Human Rights Watch, infatti, sono almeno 233 i morti, fino a poche ore fa, nella rivolta che sta interessando la Libia, altre fonti parlano di almeno 300 vittime. C’è un rischio guerra civile e inoltre è possibile  che la dittatura del colonnello Gheddafi da quarant’anni al potere, compia un passo definitivo sulla strada della repressione per arginare la protesta. Dunque il silenzio dell’Italia e dell’Europa, è certamente colpevole: non si tratta infatti, come è fin troppo evidente, di esportare alcunché, ma di esercitare tutte le pressioni diplomatiche possibili per evitare il bagno di sangue, il moltiplicarsi delle vittime, e per sostenere il cambiamento nel quadro di una più generale trasformazione del mondo arabo. Sul fronte opposto il regime di Gheddafi e dei suoi figli, ha minacciato di togliere il “blocco” alla marea di profughi e immigrati dando il via libera alla corsa verso il nostro Paese.

L’imbarazzo dell’Italia è allora duplice. Alla Libia ci legano rapporti economici, energetici, politiche migratorie. Il tutto costruito attraverso un’alleanza di ferro che ha raggiunto l’apice con il governo di Silvio Berlusconi. Non solo. L’attuale maggioranza ha conquistato il voto degli italiani alle ultime elezioni mettendo in scena il fantasma di un’immigrazione arrembante e cattiva, insomma coltivando una paura ideologica e strumentale. E’ ormai noto che gli accordi con Gheddafi sono stati decisivi per dimostrare la teoria, leghista in primo luogo ma non solo, che era possibile fermare gli sbarchi dei clandestini.

E’ dunque un intero disegno politico che sta ora andando in pezzi. L’immagine del premier a braccetto con il colonnello libico  per le strade di Roma, è una delle fotografie della decadenza nazionale, dell’onta che ricopre in queste ore il nostro Paese. Il Ministro degli interni  Roberto Maroni, da parte sua, è alle prese con un’ondata di arrivi che mette in ridicolo le pompose affermazioni sulla fine dell’immigrazione clandestina, favola costruita rifornendo la dittatura di denari, infrastrutture e favori vari, per ottenere in cambio che profughi e migranti fossero richiusi in campi di detenzione. A quanto apprende “Ilmondodiannibale”, per altro, in queste ore, Maroni si incontra di continuo con quelle stesse organizzazioni laiche e religiose, che avevano denunciato la demagogia delle politiche governative, per porre rimedio agli sbarchi di massa a Lampedusa.

Infine ci tocca assistere alle dichiarazioni sempre più sgangherate e grottesche di un ministro degli Esteri che pur di tutelare gli interessi dell’attuale maggioranza di governo, rischia di far affondare la credibilità, il senso del diritto, la capacità di produrre politica e diplomazia, del proprio Paese, vale a dire di tutti noi.

En passant sia detto che nelle stesse ore il premier inglese conservatore David Cameron, convocava l’ambasciatore libico a Londra per chiedere chiarimenti sulle violenze e chiedere che i responsabili siano perseguiti e un signore “abbronzato”, Barack Obama, ha già fatto sapere che sta valutando la “giusta risposta” a quanto accade in Libia. Sinceramente, è incredibile!

di Francesco Peloso

Fonte: www.articolo21.org

21 febbraio 2011

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