Libano: i rifugiati siriani hanno raggiunto quota un milione


UNHCR


A tre anni dall’inizio del conflitto siriano, un traguardo devastante, che è aggravato dal rapido esaurirsi delle risorse e dalla fortissima pressione che grava sulle comunità ospitanti.


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Lebanon/Syrian refugees/ Turbide/ Sharifa (left), 12, from the Syrian city of Homs, studies by the sheep pen in her tented camp in Turbide, Bekaa Valley. Her textbooks are in French, like many in Lebanese schools, and pose a challenge. But Sharifa enjoys learning. When she grows up, she wants to be a paediatrician./ UNHCR/ Lynsey Addario/ March 2014 *** Local Caption *** Sharifa (left), 12, from Homs, studies by the sheep pen in her tented camp. Her books are in French, like many in Lebanese schools, and pose a challenge. But Sharifa enjoys learning. When she grows up, she wants to be a pediatrician, Turbide, Bekaa Valley.

Oggi il numero dei rifugiati che sono fuggiti dalla Siria nel confinante Libano ha superato il milione: si tratta di un traguardo devastante, che è aggravato dal rapido esaurirsi delle risorse e dalla fortissima pressione che grava sulle comunità ospitanti.

A tre anni dall’inizio del conflitto siriano, il Libano è diventato il paese con la più alta concentrazione di rifugiati pro capite nel mondo e stenta a tenere il passo di una crisi che non accenna a risolversi.

Attualmente i rifugiati provenienti dalla Sira sono ormai un quarto della popolazione residente: vi sono più di 220 rifugiati siriani per 1.000 residenti libanesi.

“L’afflusso di un milione di rifugiati sarebbe un fenomeno di enorme portata in qualsiasi paese. Per il Libano, una piccola nazione che presenta difficoltà interne, l’impatto è dirompente”, ha spiegato António Guterres, Alto Commissario per i Rifugiati. “Il popolo libanese ha dimostrato un’impressionante generosità, ma stenta a fare fronte alla situazione. Il Libano accoglie la più alta concentrazione di rifugiati della storia recente. Non possiamo lasciare che si faccia carico della loro accoglienza da solo.”

L’afflusso di rifugiati è andato crescendo anno dopo anno. Nell’aprile 2012 c’erano 18.000 rifugiati siriani in Libano; nell’aprile 2013 il loro numero era salito a 356.000 e ora, nell’aprile 2014, ha raggiunto 1 milione. Ogni giorno l’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati (UNHCR) in Libano registra 2.500 nuovi arrivi: più di una persona al minuto.

L’impatto sul Libano è stato immenso. Il conflitto in Siria ha provocato degli shock economici gravi, come il calo del commercio, del turismo e degli investimenti e un aumento della spesa pubblica. I servizi pubblici stentano a soddisfare la domanda in crescita e ormai l’assistenza sanitaria, l’istruzione, l‘elettricità, l’acqua e i servizi igienici sono stati notevolmente tassati.

La Banca Mondiale stima che la crisi in Siria sia costata al Libano 2.5 miliardi di dollari americani in termini di attività economica persa nel 2013 e rischi di spingere 170.000 libanesi sotto la soglia della povertà entro la fine di quest’anno. I salari stanno precipitando, le famiglie stentano a tirare avanti. La metà della popolazione dei rifugiati siriani in Libano è composta da minori. I bambini in età scolastica sono più di 400.000, ossia più numerosi dei bambini libanesi che frequentano la scuola pubblica. Le scuole pubbliche hanno accolto più di 100.000 rifugiati, ma non hanno la possibilità di accoglierne molti altri.

Le comunità locali risentono più direttamente delle tensioni provocate dall’afflusso di rifugiati. In molte città e in molti paesi la popolazione siriana ha addirittura superato quella libanese. Le infrastrutture dell’intero paese sono poste sotto estrema pressione, cosa che compromette sia le condizioni di vita dei rifugiati sia quelle dei libanesi. I servizi igienici e la gestione dei rifiuti sono stati fortemente indeboliti, le cliniche e gli ospedali sono sovraffollati e le scorte d’acqua esaurite. I salari stanno calando a causa dell’aumento dell’offerta di forza lavoro. È sempre più ampiamente riconosciuto che per superare la crisi, il Libano ha bisogno di un sostegno allo sviluppo nel lungo periodo.

“Sebbene stiano lentamente aumentando, gli aiuti internazionali destinati alle istituzioni governative libanesi e alle comunità locali sono completamente sproporzionati rispetto ai bisogni reali,” ha affermato Guterres. “Aiutare il Libano non è soltanto un obbligo morale, ma è anche assolutamente necessario per non compromettere ulteriormente la pace e la sicurezza in questa società fragile e nell’intera regione.”

Mentre la portata dell’emergenza umanitaria aumenta e le conseguenze in Libano si aggravano, l’appello umanitario per il Libano ha raccolto soltanto il 13% dei fondi richiesti.

Le agenzie umanitarie sono in difficoltà, perché si trovano a dover stabilire delle priorità di fronte ad esigenze ugualmente impellenti e a dover selezionare i membri più vulnerabili di una popolazione complessivamente bisognosa. La mancanza di fondi associata ad una constante erosione dei risparmi dei rifugiati può avere conseguenze disastrose. Sempre più rifugiati non si possono permettere o non riescono a trovare un alloggio adeguato e ricorrono perciò a dimore insicure come tende, garage e stalle. 80.000 persone hanno urgente bisogno di cure sanitarie. Più di 650.000 sopravvivono soltanto grazie agli aiuti alimentari che ricevono mensilmente. La stragrande maggioranza dei bambini non sono scolarizzati, molti di essi lavorano. Le bambine possono essere sposate molto giovani e le prospettive di un futuro migliore diminuiscono se non frequentano la scuola.

“I bambini siriani di oggi,” ha affermato Ninette Kelley, “sono coloro che daranno forma alla Siria di domani. Dobbiamo fare in modo che abbiano le capacità per affrontare le sfide che si troveranno a fronteggiare negli anni a venire.”

Le agenzie dell’ONU e gli organismi partner hanno organizzato un intervento senza precedenti, rivolto sia ai rifugiati sia alle comunità ospiti libanesi. Alla fine dell’anno scorso hanno richiesto 1,89 miliardi di dollari americani per il 2014. Fino ad ora sono stati ricevuti soltanto 242 milioni.

“La pressione sulle comunità libanesi si sta facendo sempre più forte e le tensioni stanno aumentando,” ha spiegato Kelley. “Le possibilità di reinsediamento in paesi terzi più ricchi rimangono esigue e l’appello ha avuto un riscontro molto limitato. Principi di ordine morale e pragmatico ci impongono di fare di più.

Fonte: www.unhcr.it
3 aprile 2014

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