Le uova marce, più telegeniche delle contestazioni alla Gelmini


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“La stampa disinforma”. E’ l’ennesima battuta contro l’informazione, in particolare quella del servizio pubblico, che il Premier ha tirato fuori nella conferenza stampa…


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Le uova marce, più telegeniche delle contestazioni alla Gelmini

“La stampa disinforma”. E’ l’ennesima battuta contro l’informazione, in particolare quella del servizio pubblico,  che il Premier ha tirato fuori nella conferenza stampa di oggi. Gli fa eco il suo amico Emilio Fede. “Quello che è successo oggi – ha detto il direttore riferendosi alle proteste degli studenti davanti al Senato – lo si deve all’effetto di certa stampa”. Come dire la solita disinformazia che genera  mostri.  Ma davvero? Strano, perché ieri avevamo segnalato la mancanza di notizie, in giornali e telegiornali, sulla contestazione che montava negli atenei italiani. E allora dov’è l’effetto di certa stampa? Ma Fede, fedele al suo caro amico, va anche oltre e vuole essere più realista del re e  parla, sempre a proposito delle manifestazioni di oggi, di “estremismo rosso”; “studenti mascherati” e di “proteste che ormai sono diventate una moda”. Ma lasciamo Emilio Fede e il suo Tg4 e concentriamoci sulle altre testate.
Tutti aprono con la protesta degli studenti davanti al Senato e ci chiediamo, ancora una volta,  possibile che ci son volute due uova marce, lanciate contro il portone di Palazzo Madama, per accorgersi dei malumori che albergano nelle università italiane?
Tuttavia  i notiziari si concentrano, in  titoli e servizi, sulla pura cronaca della protesta, con corollario di dichiarazioni di Presidenti di Senato e Camera e di esponenti politici che parlano di attacco alle istituzioni. Nessuno, sottolineiamo nessuno, che abbia cercato di approfondire le ragioni di tale malessere. Tutti hanno liquidano la questione con le parole del Ministro Gelmini:”Gli studenti difendono i baroni delle università”.
Nel passare al commento di oggi vi diciamo che probabilmente anticiperemo, con l’intervista a Nicola D’Angelo consigliere dell’ Agcom, Autorità Garante per le  telecomunicazioni, un argomento che non mancherà di provocare altre polemiche . E cioè la nuova regolamentazione a tutela del diritto d’autore in internet e sulle web tv che proprio l’Agcom si appresta a discutere. Il documento prevede che le tv sul web saranno equiparate alle emittenti televisive, quanto ad obblighi di legge. Un fatto unico in tutta Europa, un nuovo tentativo per mettere lacci e laccioli alla rete.      
Ed infine vi segnaliamo un esilarante servizio proposto da Studio Aperto in cui si critica ferocemente l’eccessiva esposizione mediatica del caso Avetrana. Le immagini hanno mostrato spezzoni tratti da Porta a Porta, Matrix e Chi l’ha visto?, dimenticando però di mostrare immagini con il logo di Studio Aperto. Perché proprio il telegiornale di Italia Uno ha spesso dedicato in maniera a dir poco morbosa intere edizioni alla morte di Sarah. Come direbbero i nostri cari amici napoletani,  cui va un nostro affettuoso abbraccio,  è il classico caso del bue che chiama cornuto l’asino.

Il Commento di Nicola D’Angelo, Consigliere AGCOM
(Intervista di Alberto Baldazzi)

Consigliere: cosa ci si può attendere da questa riunione della AGCOM? A che cosa va incontro, che cosa rischia, se vogliamo, il settore web, in rapporto alle decisioni che verranno prese nelle prossime ore?

“L’autorità è chiamata a decidere sulla base di una legge che è stata approvata qualche tempo fa, che va sotto il nome di Decreto Romani. Tre i regolamenti, due sulle cosiddette web tv o radio web, ed un'altra sulla tutela del diritto d’autore sulla rete. A mio modo di vedere (è una mia personale opinione) l’autorità dovrebbe evitare di scrivere delle regole che finiscano per un verso,  col  portare il peso delle regolamentazioni televisive sulla rete, per l’altro per regolamentare il  diritto d’autore (che concettualmente è sbagliato) ma che utilizzando  forme giuridiche che poco si applicano alla rete, e  forme di controllo generalizzato (il che sarebbe ancora peggio). Si tratterebbe in questo caso di una sorta di legge Copé, nome della legge francese che è stata tanto contestata a livello europeo. Queste sono cose che speriamo che non avvengano; sono personalmente impegnato a contrastare le idee che potrebbero emergere e che, secondo me, non sono corrette”.

C’è una necessità (e se c’è, da cosa deriva?) di imbrigliare il web nelle sue forme di manifestazione spontanee o para spontanee. A che cosa serve? C’è un obbiettivo, e di che natura?

“Internet, il web, sono stati la formula che ha reso possibile, soprattutto in Italia dove c’è un grande tema di concentrazione nella proprietà dei media (cioè il conflitto d’interessi)  e ha consentito forme d’informazione anche libera, pluralista, ecc … La rete va maneggiata con grande cautela. Meno la si regola meglio è , a mio modo di vedere. Quelli che sono poi i fenomeni patologici possono essere affrontati  a livello penale. Un organo amministrativo quale è l’Authority rischia sempre molto nel momento in cui si mette a ragionare di queste cose. Deve farlo perché la legge lo prevede, ma dovrebbe farlo al minimo livello possibile;  tra l’altro, negli altri paesi, queste sono cose che sono state affrontate dai parlamenti, con leggi nazionali, con una discussione politica come il caso Americano o Francese;  sono cose particolarmente complesse,  che comportano  polemiche. In via amministrativa regolare la rete appare  una cosa poco comprensibile. Speriamo che  questo non avvenga. SI rischia  di ingabbiare alcune attività importanti che avvengono sulla rete; penso, ad esempio, alle web tv, che sono state una felice esperienza comunicativa, o le radio via web, in formule giuridiche molto onerose con costi di autorizzazione particolarmente gravosi (pensiamo agli obblighi di rettifica, la materia della pubblicità, ecc …). Secondo me trasportare il mondo della televisione su internet è stata un’idea poco felice, ed è stata fatta per tutelare la televisione generalista , così come oggi la conosciamo”.

Fonte: Articolo21

24 novembre 2010

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