La strage di Kandahar, benzina sul fuoco afgano


Emanuele Giordana - Lettera22


Dopo le scuse di rito, rapide ma probabilmente inefficaci, del capo del Pentagono Leon Panetta e dello stesso Barack Obama, l’ennesimo episodio che ha coinvolto un soldato americano e ha lasciato sul terreno 17 afgani, tra cui donne e bambini, in un villaggio della provincia di Kandahar, evoca scenari sempre peggiori.


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La strage di Kandahar, benzina sul fuoco afgano

Dopo le scuse di rito, rapide ma probabilmente inefficaci, del capo del Pentagono Leon Panetta e dello stesso Barack Obama, l'ennesimo episodio che ha coinvolto un soldato americano e ha lasciato sul terreno 17 afgani, tra cui donne e bambini, in un villaggio della provincia di Kandahar, evoca scenari sempre peggiori: ritorsioni e proteste alimentate da una diffusa disillusione sulla capacità delle truppe di occupazione di garantire l'incolumità degli afgani e un'erosione del consenso verso l'Occidente che, dopo la vicenda del Corano dato alle fiamme o il video in cui i marine urinavano su talebani morti, è ormai al lumicino. Gli aspetti sono tanti anche se collegati tra loro

La dinamica della strage non è ancora chiara: secondo la stampa americana si è trattato dell'atto di follia individuale di un sergente dell'esercito, alla sua prima missione in Afghanistan ma già stato per tre volte in Iraq, che sembra l'incarnazione perfetta del cosiddetto Post Traumatic Stress Disorder: una forma maniaco depressiva che può tramutarsi in violenza gratuita e che è tipica dei reduci. Alcuni testimoni hanno però menzionato più soldati all'opera: un commando che avrebbe agito con un'azione coordinata e dunque premeditata ,ma non è chiaro se gli abitanti del villaggio non abbiano visto invece gli uomini della Nato correre sul luogo della strage, come potrebbe spiegare anche la presenza di un elicottero. Come che sia, la dinamica resta oscura e controversa e dovrebbe essere chiarita da un'inchiesta rapida prima che resti troppo spazio a dubbi e interpretazioni

I precedenti aggravano la situazione: solo poche settimane fa la vicenda dei Corani dati alle fiamme aveva dato la stura a una protesta pubblica – e diffusa in tutto il Paese – senza precedenti, che dà ai talebani la possibilità di sfruttare gli umori di una piazza inferocita e già scioccata dal video che, solo qualche mese prima, aveva mostrato dei soldati americani intenti a urinare sul corpo di alcuni guerriglieri morti. Quel che risulta sin troppo evidente è comunque che gli americani (che addestrano le truppe locali!) non riescono a tenere sotto controllo i circa 90mila soldati di stanza in Afghanistan. Un fatto gravissimo per un esercito moderno e considerato il più potente e avanzato del mondo

Sul versante politico afgano l'ennesimo episodio ha questa volta portato la rabbia , sinora patrimonio della piazza, sin dentro il parlamento che oggi è stato chiuso dagli stessi parlamentari in segno di protesta. Nonostante qualcuno abbia giù chiesto al presidente di dimettersi, la vicenda potrebbe però rafforzare Karzai la cui reazione è stata immediata e che, dopo aver ottenuto da Washington qualche giorno fa il trasferimento
dei detenuti afgani nella Base di Bagram sotto la giurisdizione della giustizia afgana, ora punta a far smettere i raid notturni, colpevoli di uccidere civili innocenti (http://emgiordana.blogspot.com/2012/02/crescono-le-vittime-civili-in.html). Una sua vecchia richiesta finora ignorata

Sul versante politico americano la vicenda mette in difficoltà Obama ma solo fino a un certo punto. Quando capitò l'episodio del Corano, i repubblicani in corsa per la Casa Bianca lo criticarono perché si era scusato con gli afgani, ma dopo la strage folle di domenica si ritrovano ora ad armi spuntate. Kabul ha comunque assicurato che l'episodio di domenica mattina non modificherà il negoziato in corso con Washington per un accordo quadro sulla permanenza americana in Afghanistan dopo il 2014. Accordo che dovrebbe essere siglato entro maggio dalle due capitali, prima cioè del vertice Nato che farà il punto della situazione a Chicago, la città di Obama. L'accordo è vitale per il presidente perché dimostrerebbe la sua capacità di gestire la promessa exit strategy senza far uscire gli Usa completamente dal teatro afgano.

Il processo di pace, avviato con fatica e sotto traccia da ormai un anno, potrebbe invece subire un rallentamento. I talebani sfrutteranno l'episodio per alzare il prezzo e per indicare in Karzai l'uomo sotto il cui governo agli stranieri è permessa ogni violazione anche contro donne e bambini. Una recente ricerca fatta per conto della Ong italiana Intersos dimostra che la diffidenza verso le truppe occupanti non fa che aumentare. Inutile dire che episodi come quello di domenica gettano solo benzina sul fuoco.

Fonte: http://www.lettera22.it/
12 Marzo 2012

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