La PerugiAssisi per “fare la pace”


Avvenire


Il 7 ottobre la marcia della pace e della fraternità contro conflitti, violenze e odio


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Non una marcia per la pace, ma una marcia di pace e di fraternità. Per “innalzare un argine alla violenza dilagante delle parole, delle politiche e delle azioni”

Il 7 ottobre, per la storica camminata di 25 chilometri tra Perugia e Assisi, ideata nel 1961 da Aldo Capitini, ci si ritroverà in strada con le 780 associazioni che finora hanno aderito e oltre 3.500 studenti non solo per dire no alle violenze, alle guerre, alla discriminazione e ai bavagli nell’informazione. Si marcerà insieme all’ombra di tante bandiere arcobaleno per reagire, per attuare il cambiamento, cioè per “fare la pace” per “accrescere la consapevolezza dei giovani – ha spiegato Flavio Lotti del Comitato promotore, presentando l’evento giovedì scorso a Roma nella sede della Fnsi – affinché possa seguire una maggiore assunzione di responsabilità”

Un’esplosione di energia, insomma, a 70 anni dalla dichiarazione universale dei diritti umani e a 100 anni dalla fine della prima guerra mondiale, per iniziare a ricucire “le contrapposizioni dentro la nostra vita quotidiana e nelle relazioni in famiglia”.

 La marcia di domenica 7 ottobre sarà preceduta da due giorni di meeting per la pace a Perugia, in cui gli studenti di 136 scuole, dalle elementari alle superiori, si incontreranno con laboratori e dibattiti per costruire – come in una palestra di responsabilità – l’agenda della pace.

C’è bisogno infatti di riprendere in mano la “bussola della fratellanza e dei diritti umani”, come la definisce padre Antonello Fanelli del Sacro convento di San Francesco d’Assisi, iniziando dalla vita di tutti i giorni, perché la pace comincia dalla presa di coscienza di “andare incontro all’altro come amico, come fratello”.

Ecco perché diciamo “no alla criminalizzazione della solidarietà”, gli fa eco Sergio Bassoli della Rete della Pace, soprattutto nel momento in cui certe scelte del governo vanno nella direzione della chiusura nei confronti dei migranti e del silenzio sulle bombe italiane vendute all’Arabia Saudita nella guerra in Yemen.

Dobbiamo perciò riprendere “il coraggio di schierarsi – secondo padre Alex Zanotelli – perché sarebbe immorale non farlo”.

Così il 7 ottobre anche il mondo della comunicazione sfilerà compatto – Ordine dei giornalisti, Fnsi, Usigrai, Articolo 21 – per <<riflettere sulla violenza delle parole>> e <<combattere il bavaglio all’informazione>>, dice il segretario generale della Federazione della stampa Raffaele Lorusso e del presidente dei giornalisti italiani Carlo Verna, ma anche <<perché non si può essere neutrali di fronte a certi valori>>, rincara la dose il segretario del sindacato dei giornalisti della tv pubblica Vittorio Di Trapani.

Ma sarà anche tutto il mondo trasversale dell’associazionismo italiano e del sindacato confederale a marciare lungo le strade che furono di San Francesco la prima domenica di ottobre. Come, tra gli altri, Tavola della Pace, Cipsi, Legambiente, Masci, Arci, Banca etica, Rete disarmo, Movimento volontariato italiano, Pax Christi, Volontariato per lo sviluppo.

Come il gruppo Abele e Libera, il cui responsabile don Luigi Ciotti ricorda che <<il cambiamento nasce dal basso, ma nasce prima ancora da dentro, dai cuori e dalle coscienze>>. Le cose però cambiano se si cammina insieme, tutto l’anno e se si pone come presupposto <<anche la giustizia ambientale>>.

Come pure il Cnca, per cui la marcia è <<camminare a testa alta, resistere alle barbarie, anticipare l’alba di un tempo di giustizia e pace>>, dice il presidente don Armando Zappolini. O le Acli che marceranno per <<costruire un’Europa più solidale – spiega il presidente Roberto Rossini – dove il welfare sia forte e risponda alle vere esigenze di ogni uomo”.

Elisa Guerrieri

Avvenire

14 settembre 2018

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