La Palestina occupa Como


Ugo Giannangeli


Per oltre 15 giorni la Palestina ha occupato vari spazi pubblici nel Comasco e ha richiamato l’attenzione di centinaia di persone sulla tragedia del suo popolo.


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COMOPALES

Da Paese occupato a Paese occupante? Scherzi a parte, per oltre 15 giorni la Palestina ha occupato vari spazi pubblici nel Comasco e ha richiamato l’attenzione di centinaia di persone sulla tragedia del suo popolo.
Forse perché da tempo Como non affrontava questo tema, così importante per la pace nel Medio Oriente e quindi nel mondo ( anche alla luce di quanto sta accadendo in Siria) ; forse perché ricorre quest’anno il 65° anniversario della Nakba ( la Catastrofe) che nel 1948 ha visto l’espulsione di oltre 750000 Palestinesi dalla loro terra ( la metà dei residenti!) e la distruzione di oltre 500 villaggi; fatto è che sei realtà si sono aggregate nella preparazione di un evento che ha visto varie iniziative a Como, Erba e Cantù per quasi tutto il mese di Maggio.
Il Centro missionario diocesano, l’ASPEm, la Caritas di Como, il Celim di Erba, il Coordinamento comasco per la pace, le Donne in nero di Como, con il contributo di qualche altro attivista della causa palestinese, hanno gestito la mostra “ La Palestina della convivenza”, organizzato un dibattito a tre voci ( una cristiana, una islamica, una ebrea), offerto un concerto pianistico, protagonista il giovane palestinese Ramzi Shomali e proiettato il film “ Palestina per principianti” a Como, Cantù ed Erba ( ad Erba, anzi, è stata organizzata una vera e propria rassegna di film sul tema “Palestina”).
La mostra, allestita nello spazio Ratti, è stata visitata da centinaia di persone e da scolaresche, dalle elementari alle medie superiori. Molti hanno lasciato commenti sul libro all’ingresso, tutti favorevoli. Solo una voce critica si è levata ma era di un ebreo che vive in Israele che ha ritenuto la narrazione troppo di parte. Noi abbiamo ritenuto di parte la sua critica, a fronte di decine e decine di commenti favorevoli, incluso un italiano che ha insegnato per anni a Gerusalemme, e, soprattutto, a fronte della autorevolezza delle fonti della mostra, E. Said e I. Pappe, due tra i massimi storici ed intellettuali, palestinese il primo, israeliano il secondo.
L’inaugurazione ha visto la presenza di un folto pubblico che ha ascoltato il discorso di Khader Tamimi, presidente della Comunità palestinese di Lombardia e quello, niente affatto di mera circostanza, del sindaco Lucini.
La mostra rivela, attraverso splendide immagini d’epoca, quanto fosse viva e forte la convivenza in Palestina, senza alcuna distinzione di razza e/o religione prima dell’avvento del sionismo ( fine ‘800/primi ‘900).
La mostra termina con il 1948 perché la nascita di Israele con la sua pretesa di essere, come teorizzato da T. Herzl sin dal 1896, uno Stato esclusivo per soli ebrei, pone fine alla pacifica convivenza.
Su questi temi si è tornati il 14 maggio con il dibattito “interreligioso” tra padre Raed Abusahliah, responsabile della Caritas in Palestina, Susanna Sinigaglia, della rete Ebrei contro l’occupazione e Dirar Tafeche, profugo palestinese. Ben poco lavoro ha avuto il moderatore perché i tre relatori erano tutti concordi nell’attribuire al sionismo la responsabilità della fine della convivenza ; Sinigaglia, , ha messo, anzi, in evidenza il contrasto ideologico e religioso tra sionismo ed ebraismo.
Il giorno dopo tutti ad ascoltare Ramzi Shomali che, benchè giovanissimo, ha già tenuto concerti in tutto il mondo e studia al Conservatorio di Vicenza. La musica del Medio Oriente è risuonata insieme a quella di Mozart e Bartok.
Momenti di vera commozione si sono raggiunti durante la visita del sindaco di Nablus e della sua delegazione presente a Como per le iniziative di “Intrecci di popoli”. La delegazione è venuta a visitare la mostra proprio mentre ragazzi delle elementari guardavano alcuni filmati che illustravano, in modo semplice ma efficace, la realtà di vita dei loro coetanei a Gaza e nei Territori Occupati. I Palestinesi sono rimasti stupiti per l’alto livello della iniziativa che offriva al pubblico, oltre alla mostra, filmati, libri, documentazione varia nonché guide molto preparate ed hanno ringraziato commossi.
Nablus è gemellata con Como, come pure la israeliana Netanya. Peccato che Nablus stia lì da secoli, mentre Netanya sorge sulle rovine di due villaggi palestinesi ( Umm Khalid e Bayyarat Hannoun) distrutti durante la Nakba.

***

Quali conclusioni trarre dalla bella esperienza?
La memoria è fondamentale, come ben sanno gli ebrei, così attivi nella giornata che ricorda la loro tragedia, la Shoah.
La memoria va coltivata perché non c’è pace senza giustizia ma non c’è giustizia senza la riparazione dei torti. Israele, invece, prosegue nel suo antico progetto e nega il diritto al ritorno dei profughi, non si ritira dai Territori occupati, non accetta l’esistenza di uno Stato palestinese. Ancora recentemente gli Stati Uniti, principale sponsor di Israele dopo la fine del Mandato Britannico, hanno parlato del destino della Palestina ma non con i Palestinesi, bensì con i Giordani : ai Palestinesi, come sempre nella loro storia, è negato anche il ruolo di interlocutori. La proposta “ Land for peace” ( pace in cambio della restituzione dei territori occupati, conformemente, del resto, al diritto internazionale) è stata nuovamente recentemente ripresa dalla Lega araba ma rifiutata da Israele.
La Siria è in fiamme, il Libano sta per essere coinvolto nel conflitto, la Turchia si avvia alla sua primavera mentre sono in corso ( travagliato) quelle tunisina ed egiziana. La Libia è stata distrutta dalle bombe NATO.
Nessun insegnamento è stato tratto : come ha detto l’Austria per la vicenda siriana: “ Non si è mai visto cercare la pace fornendo le armi”.
Le foto di fine ‘800 della Palestina della convivenza non sono mai state così lontane, non solo cronologicamente.
Occorre una mobilitazione dal basso per la realizzazione di una politica di pace che ripudi la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti, come, del resto, recita l’art. 11 della Costituzione, che sta lì, dimenticato, violato. Anche il diritto internazionale è lì, calpestato e irriso : occorrevano le macerie ancora fumanti della seconda guerra mondiale per far definire “ flagello” la guerra nello Statuto dell’ONU, ma le macerie di oggi sembrano non impressionare nessuno, forse perché erroneamente ritenute lontane.
Iniziative come quella dei sei promotori di Como mirano a risvegliare coscienze, troppo spesso sopite o distratte da una informazione che è a sua volta strumento di guerra e alimento di conflitto.
Proseguiamo in questa nostra guerra, la sola giusta: quella contro la guerra.

Fonte: www.forumpalestina.org
10 settembre 2013

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