La minaccia jihadista in arrivo dal Mali


Giuliana Sgrena - ilmanifesto.it


La rivoluzione è tornata nelle piazze della Tunisia contro il nuovo potere islamista. Lo choc provocato dal barbaro assassinio di Chokri Belaid, uno dei leader dell’opposizione laica e democratica, ha fatto saltare il suo precario equilibrio.


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Egyptian soldiers raise their batons at a protester during clashes outside the Ministry of Defense in Cairo, Egypt, Friday, May 4, 2012. Egyptian armed forces and protesters clashed in Cairo on Friday, with troops firing water cannons and tear gas at demonstrators who threw stones as they tried to march on the Defense Ministry, a flashpoint for a new cycle of violence only weeks ahead of presidential elections. (AP Photo/Ahmed Gomaa)

La violenza politica negli ultimi tempi è andata aumentando soprattutto per le scorribande della Lega della protezione della rivoluzione, il braccio armato di Ennahdha che con la rivolta del 2011 non ha avuto nulla a che fare. Anzi, il suo obiettivo è colpire le organizzazioni e i sostenitori dei valori della rivoluzione: libertà, giustizia, democrazia. Queste squadracce in ottobre hanno massacrato con una spranga Lofthi Naqdh, coordinatore a Tataouine (nel sud della Tunisia) di Nidaa Tounes, partito laico principale rivale di Ennahdha, e poi hanno continuato ad aggredire e sequestrare personalità politiche, hanno preso d’assalto riunioni e comizi di partiti o del sindacato, l’Unione generale dei lavoratori tunisini. Fino ad arrivare all’eliminazione fisica di chi lucidamente denunciava il disegno degli islamisti.
Ennahdha, incapace di far fronte ai problemi del paese e coinvolta in scandali che minano la sua credibilità e la vantata moralità, usa la violenza per nascondere la propria crisi, come aveva denunciato Chokri Belaid alla vigilia del suo assassinio. Che sia o meno il mandante dell’assassinio il partito islamista, garantendo l’impunità alle sue milizie, è responsabile dei crimini commessi.
La popolazione ha immediatamente reagito all’uccisione di Belaid scendendo in piazza e prendendo di mira le istituzioni e soprattutto le sedi del partito islamista. Tutti i deputati dell’opposizione si sono dimessi dalla costituente, il premier Jebali ha sciolto il governo e promesso la formazione di un governo di tecnici, ma è stato smentito dal suo stesso partito. Comunque la decisione arriva troppo tardi e in un clima cha non lascia più margini di credibilità alla compagine governativa.
Il rischio è che il paese possa precipitare nella guerra civile vista la diffusione di armi e il rientro di jihadisti che si trovavano in Mali e che starebbero preparando attentati in Tunisia, secondo le rivelazioni di uno degli attentatori, tunisino, dell’impianto di gas algerino di In Amenas. La Tunisia potrebbe diventare la prossima vittima della diaspora jihadista passata dalla Libia al Mali e ora in via di ridislocazione.
Tuttavia si può sperare che le forze democratiche tunisine, che si sono riunite subito dopo l’assassinio di Chokri per decidere le iniziative comuni – dimissioni dalla costituente e congelamento dei lavori, sciopero generale e richiesta di dimissioni del governo, già avvenuta – siano in grado di riprendere in mano la situazione per perseguire gli obiettivi della rivoluzione e sconfiggere il progetto controrivoluzionario portato avanti dalle forze islamiste e dalle loro milizie. E impedire che le forze reazionarie – in Tunisia vengono definite esplicitamente fasciste – approfittino del caos per prendere tutto il potere con la forza.

Fonte: www.ilmanifesto.it
7 Febbraio 2013

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