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il Manifesto


Gerusalemme. Ieri una grande manifestazione contro sgomberi e occupazione dopo diversi giorni di proteste e attacchi della polizia contro i civili palestinesi.


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Stanca, accaldata, assetata. Umm Nabil, di Jaljuliya, in bassa Galilea, è arrivata da poco nella città vecchia di Gerusalemme, al tramonto ha consumato un rapido pasto per interrompere il digiuno del Ramadan e ha dato una occhiata rapida alle bancarelle. «Domani comprerò dei regali per i miei figli, ora me ne vado alla moschea, questa è la notte del Qadr e voglio passarla lì», dice asciugandosi il sudore della fronte.

Giornata calda ieri a Gerusalemme. Ma non tanto calda come l’altra sera, e non certo per la temperatura da estate piena che fa boccheggiare gli abitanti della città. Venerdì sera sulla spianata, nelle stradine della casbah e alla Porta di Damasco, la polizia ha ferito 205 palestinesi. Da parte sua la polizia riferisce del ferimento anche di 17 agenti. «Non ho paura» aggiunge Umm Nabil «sono qui per trascorrere delle ore in un luogo santo e non mi spaventa ciò che è accaduto venerdì. Gerusalemme è tutto per noi».

Come migliaia di palestinesi d’Israele, la donna è venuta a Gerusalemme anche per solidarizzare con gli abitanti di Sheikh Jarrah, il quartiere a poco più di un chilometro da Al Aqsa dove presto quattro famiglie palestinesi potrebbero essere sgomberate dalle abitazioni in cui vivono dagli anni ’50. Ad occupare le case saranno coloni israeliani che affermano di esserne i proprietari.

È la vicenda che infiamma Gerusalemme da giorni, assieme alle demolizioni annunciate nel quartiere di Silwan di altre case palestinesi. Alla città santa Umm Nabil è arrivata con la sua auto. Altre centinaia di palestinesi di Israele hanno dovuto farlo a piedi, percorrendo gli ultimi chilometri dell’autostrada per Gerusalemme. Con l’intento di non farli arrivare alla Spianata di al Aqsa e nel quartiere di Sheikh Jarrah, la polizia ha bloccato, all’altezza di Abu Gosh, 10 km prima dell’arrivo, i loro autobus costringendoli a mettersi in cammino. Un fiume di persone eterogeneo. Laici diretti a Sheikh Jarrah e credenti desiderosi di passare la notte del Qadr alla moshea.

Uno sciame unito che ha ricordato le marce per la libertà e i diritti viste in altre parti del mondo. Hanno battuto le mani, cantato, scandito «Sheikh Jarrah, Sheikh Jarrah». I palestinesi di Gerusalemme si sono precipitati ad aiutarli trasportandone tanti con le loro auto alla città. L’impatto su social è stato enorme, le immagini della marcia verso Gerusalemme hanno fatto il giro del mondo. In serata la polizia ha riaperto gli accessi per la città agli autobus fermati nel pomeriggio.

In quelle stesse ore in tante città arabe di Israele, come Nazareth, Umm al Fahm, Shafaram, Rahat, Kafr Qasim, Taybeh, Lod, Jadidat al Makr, Kafr Yasif, Nahf, Baqa al-Gharbiyya, migliaia di palestinesi, su invito dei comitati popolari locali, manifestavano a sostegno della Gerusalemme araba e dei diritti negati alla sua gente.

Parlando al sito Arabs 48 il sindaco di Tamra, Suhail Diab, ha spiegato che «L’attacco al popolo di Gerusalemme e alla moschea di Al-Aqsa è un attacco a tutto il popolo palestinese, di cui noi siamo parte integrante. I paesi arabi e islamici devono svegliarsi dal loro sonno profondo e stare dalla nostra parte».

Il premier Netanyahu ripete che Israele sta agendo in modo responsabile per garantire la legge e l’ordine a Gerusalemme mantenendo la libertà di culto nei luoghi santi. Ma le immagini viste in questi giorni mostrano arresti e pestaggi di palestinesi, cariche della polizia accompagnate da una grandine di granate assordanti. Senza dimenticare il recente blitz dell’estrema destra decisa a raggiungere la Porta di Damasco per affermare, con una provocazione antipalestinese, la sovranità israeliana sulla zona araba della città. Ma la mano dura dei reparti antisommossa ha unito i palestinesi di Israele a quelli dei Territori occupati, proprio quando si parla con insistenza di destini separati. «Senza volerlo – ci dice la giornalista Nahed Fahmi – la politica del governo israeliano ha scritto due punti di un’agenda comune a tutti i palestinesi, almeno in questo momento: difesa di al Aqsa e difesa delle case di Sheikh Jarrah».

«Quello non lo vogliamo qui, gli abbiamo detto di non farsi vedere da queste parti», ci raccontavano ieri due ragazzi di Sheikh Jarrah. «Quello» è Mansour Abbas, il leader del partito islamista Raam – quattro seggi alla Knesset – che si dice pronto a far parte di qualsiasi maggioranza di governo israeliano, anche uno di destra guidato da Netanyahu. Abbas intendeva far visita alle famiglie minacciate di sgombero ma gli hanno suggerito di restare a casa sua in alta Galilea. A Sheikh Jarrah hanno preferito ricevere il deputato ebreo comunista Ofer Cassif, noto difensore dei diritti dei palestinesi, e non Abbas che nei discorsi pubblici evita di far riferimento all’occupazione dei Territori.

Il clima a Gerusalemme resta rovente. Si teme per la giornata di domani quando migliaia di israeliani, in gran parte giovani, sventolando bandiere e intonando canti si dirigeranno verso la zona araba per affermare, nel Giorno di Gerusalemme, il controllo israeliano su tutta la città. La situazione richiede una decisione restrittiva per evitare l’escalation ma è difficile che il governo di destra guidato da Netanyahu fermi la marcia in programma. La polizia intanto si concentra sui palestinesi. Venti giovani sono stati arrestati a Silwan, Ras al-Amud e Issawiya nelle ultime ore.

Michele Giorgio
Il manifesto
9 maggio 2021

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