La Corte Penale apre un fascicolo sull’attacco israeliano a Gaza


NEAR EAST NEWS AGENCY


In autonomia, il procuratore Bensouda avvia un’analisi preliminare per verificare l’esistenza di basi legali per un’inchiesta. Netanyahu furioso. Usa: “Tragica ironia”.


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diariogaza

 

Tempi da record: a pochi giorni dall’adesione della Palestina alla Corte Penale Internazionale, il procuratore dell’Aia ha annunciato ieri l’apertura di un esame preliminare per verificare se Israele abbia commesso crimini di guerra durante l’attacco della scorsa estate contro la Striscia di Gaza.

“Oggi il procuratore della Corte Penale Internazionale, Fatou Bensouda, ha aperto un’indagine preliminare sulla situazione in Palestina”, si leggeva ieri nel comunicato del suo ufficio. “Un esame preliminare non è un’inchiesta ma un processo di analisi delle informazioni disponibili al fine di raggiungere una decisione pienamente informata sulla possibilità di procedere”, ha tenuto a precisare la Bensouda. Ovvero, sulla base di tale analisi si vedrà se procedere o meno.

La decisione della Corte di iniziare a procedere con tanta premura probabilmente è dettata dai numeri di Margine Protettivo, l’operazione militare israeliana che ha massacrato Gaza dall’8 luglio al 26 agosto 2014: oltre 2.200 morti, di cui l’80% civili (dati Onu), 11mila feriti (il 70% civili), oltre 90mila case danneggiate o completamente demolite, attacchi indiscriminati contro ospedali, scuole e rifugi Onu.

In ogni caso i tempi ristretti con cui la Corte decide di intervenire non fanno certo saltare di gioia Israele, che pensava di avere più tempo: dopo la richiesta di adesione alla Corte Penale, si era stabilito di accogliere la Palestina nell’organo internazionale a partire dal primo aprile 2015. E quello che sta facendo oggi l’Anp, in vista di quella scadenza, è preparare i documenti necessari ad accusare formalmente Israele di crimini di guerra. Ramallah ha intenzione di presentare all’Aia documenti che non riguardino solo l’attacco contro Gaza, ma la più vasta campagna militare lanciata contro i Territori Occupati di Gaza, Gerusalemme Est e Cisgiordania dal 13 giugno scorso, giorno della scomparsa dei tre coloni israeliani e del lancio dell’operazione “Brothers’ Keeper”.

Subito è giunta la reazione statunitense, che punta ancora sul negoziato come unica soluzione per uscire da un conflitto lungo oltre sei decenni. Un percorso che l’Anp in parte prova a cambiare, fondando le proprie richieste legittime di indipendenza e autodeterminazione sul diritto internazionale. Con una sola voce Tel Aviv e Washington hanno bollato la mossa della Corte Penale come “controproducente”: “Una tragica ironia: Israele, che ha visto migliaia di missili sparati contro i propri civili e i propri quartieri, oggi sia sotto lo scrutinio della Corte Penale”, ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Rathke. Ironico lo è di certo per due paesi che si definiscono democratici, Israele e Stati Uniti, che mai hanno aderito alla Corte dell’Aia, proprio per timore di veder trascinati propri ufficiali e funzionari sullo scranno degli imputati.

Molto più focosa la reazione del premier israeliano Netanyahu, in piena campagna elettorale: una decisione “scandalosa e assurda” perché “l’Anp coopera con Hamas, un gruppo terroristico che commette crimini di guerra, al contrario di Israele che combatte il terrore rispettando il diritto internazionale”.

Resta ovviamente in piedi il congelamento del trasferimento delle tasse palestinesi da parte di Tel Aviv (secondo il Protocollo di Parigi del 1995, è Israele a raccogliere le tasse per l’Anp e poi a girarle mensilmente), 127 milioni di dollari che Ramallah utilizza in primis per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Una pratica molto usata da Israele: bloccare le tasse per fare pressione politica sul governo palestinese e costringerlo a piegarsi al volere israeliano e statunitense.

Fonte: http://nena-news.it

17 gennaio 2015

 

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