Khader Adnar continua la sua battaglia


Michele Giorgio - Near Neast News Agency


Peggiorano le condizioni del prigioniero politico palestinese che attua da 63 giorni lo sciopero della fame contro la detenzione “amministrativa”, senza processo e sulla base solo di indizi.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Khader Adnar continua la sua battaglia

Khader Adnan è in condizioni critiche, in fin di vita, denunciano la moglie e i suoi avvocati. Dopo 63 giorni di sciopero della fame, il prigioniero politico palestinese è diventato un eroe nei Territori occupati. Ma Adnan, condannato da un giudice militare israeliano a quattro mesi di «detenzione amministrativa» (senza processo e sulla base di indizi), rischia di finire come il rivoluzionario irlandese Bobby Sands, lasciato morire dalla signora Thatcher nel carcere di Long Kesh, il 5 maggio 1981, dopo 66 giorni senza toccare cibo. «Khader è vigile ma molto debole, rischia di morire nel giro di qualche giorno», ha avvertito il suo avvocato Mahmud Hassan che ha presentato appello alla Corte suprema israeliana. «E’ una corsa contro il tempo, la Corte potrebbe esaminare il suo caso troppo tardi per salvarlo», ha avvertito Hassan sottolineando che i giudici israeliani non hanno ancora fissato la data dell’udienza.

Adnan, 33 anni, è un dirigente del Jihad Islami della zona di Jenin ed è stato arrestato lo scorso 17 dicembre. Da quel giorno chiede che gli israeliani producano le prove di un suo coinvolgimento in attività armate o violente ed accusa gli agenti dello Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano, di averlo picchiato e umiliato durante gli interrogatori. L’appello presentato dai suoi avvocati il 13 febbraio è stato respinto. Adnan ha quindi deciso di portare avanti una battaglia, che potrebbe costargli la vita, contro l’uso della detenzione amministrativa, una misura «cautelare» impiegata dall’esercito israeliano per mettere in carcere i palestinesi sulla base di semplici sospetti. Nel caso di Adnan si è rivelata un boomerang. Due giorni fa migliaia di palestinesi, a Gaza e in Cisgiordania, sono scesi in strada a manifestare in suo sostegno. E’ uno degli argomenti più discussi in Twitter. E alle prese di posizione di Amnesty International – che a Israele ha chiesto di liberare o processare il detenuto palestinese sulla base di prove certe – si sono aggiunte nelle ultime ore anche le dichiarazioni del «ministro degli esteri» dell’Unione europea, l’inglese Catherine Ashton, che ha fatto sapere di «seguire con grande preoccupazione» le notizie sulle condizioni di Khader Adnan e ha criticato l’uso della «detenzione amministrativa». Due giorni fa la Francia aveva chiesto un «gesto umanitario» al governo Netanyahu.

Ma quella avviata da Khader Adnan non è una battaglia per il rispetto dei diritti umani. E’ una battaglia politica contro arresti, troppe volte arbitrari, che colpiscono i palestinesi dall’inizio dell’occupazione militare israeliana nel 1967. Originariamente basata sui Regolamenti di emergenza del mandato britannico del 1945, la detenzione «amministrativa» è stata ripresa nel 1970 dall’Ordine militare 1651 ed è entrata ufficialmente nell’ordinamento israeliano nel 1979. Alla sua scandenza la carcerazione può essere prolungata più volte dai giudici militari. Attualmente sono 310 (trecendoieci) i prigionieri palestinesi condannati senza processo, diciotto dei quali membri del Consiglio legislativo palestinese.

Fonte: http://nena-news.globalist.it
19 Febbario 2012

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento