Kazakistan, la marcia indietro del governo


Alessandro De Pascale - Emanuele Giordana


Palazzo Chigi annulla l’espulsione di Alma Shalabayeva Ablyazov e di sua figlia Alua. La signora può tornare ma i nodi restano. M5S e Sel vogliono la testa di Alfano. I misteri sono tutti da chiarire a cominciare da quel fax che…


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Colpo di scena. Dopo un vertice a Palazzo Chigi il governo italiano annulla l’espulsione di Alma Shalabayeva Ablyazov e di sua figlia Alua di 6 anni che il 31 maggio scorso dovettero lasciare il nostro Paese per un rientro forzato in Kazakistan dove adesso sono agli arresti domiciliari. Una nota ufficiale informa che la signora potrà rientrare in Italia a seguito della revoca del provvedimento di espulsione che verrà immediatamente reso nota alle autorità kazake attraverso i canali diplomatici. «La signora Alma Shalabayeva potrà rientrare in Italia, dove potrà chiarire la propria posizione» recita il comunicato del governo che, aggiunge la nota, si sarebbe «immediatamente attivato colti i profili di protezione internazionale che il caso ha sollevato» al fine di «verificare le condizioni di soggiorno in Kazakistan della signora e della figlia». Il governo si assolve, ma fino a un certo punto: dall’indagine interna emerge infatti che delle procedure di espulsione non era stata fatta comunicazione ai vertici di Palazzo Chigi: né a Letta, né a Bonino, né a Cancellieri e nemmeno ad Alfano. Ammissione imbarazzante su cui dovrebbe ora indagare il capo della Polizia. La pezza tardiva (molto simile a quella messa dal governo per la vicenda marò) non mette però fine a iniziative, ricerche e supposizioni sull’oscura vicenda dell’arresto e di un’espulsione frettolosa e sospetta su cui grava l’ipotesi di forti pressioni esterne. Una vicenda che ogni giorno ha registrato novità sul fronte politico, come la richiesta di dimissioni di Alfano giunta ieri dal movimento pentastellato e da Sel che in un’interrogazione chiede lumi su rapide promozioni in Polizia proprio a ridosso della vicenda.

Fino al pomeriggio di ieri la consegna era stata il silenzio. Taceva il Viminale dopo la pelosa spiegazione data alle agenzie in forma anonima qualche giorno fa e che riguardava il passaporto di Alma. Taceva la Farnesina dove dall’ufficio di Emma Bonino facevano sapere che la ministro – che funzionari della “Casa” definirono “infuriata” per non essere nemmeno stata informata dal Viminale dell’espulsione e di aver detto ai suoi «che ci sto a fare io qui»? – si limitava a ribadire quanto già detto giorni fa e cioè che ormai la vicenda era di pertinenza del premier e, in second’ordine, del ministro Alfano. Materia delicata quanto esplosiva e sulla quale la ministro deve aver pestato i pugni sul tavolo. Tanto che con Letta, Alfano e Cancellieri si vedono nel pomeriggio di ieri e dalla riunione salta fuori la cancellazione dell’espulsione. Pomeriggio di fuoco e non solo in seno alla riunione a quattro.

Le prime bordate arrivano dall’M5S, affidate al senatore Mario Giarrusso che sta lavorando a una mozione di sfiducia da presentare al Sento settimana prossima. Con la richiesta di dimissioni di Angelino Alfano, «responsabile – dice il senatore – sia nel caso in cui sapesse quello che accadeva, sia nel caso in cui non lo sapesse. In un caso o nell’altro è una persona inadatta a questo ruolo. Deve dimettersi e se ne deve andare». Alla Farnesina chiederanno invece spiegazioni nel prossimo question time alla Camera i deputati 5stelle così che l’incendio si propaghi anche a Montecitorio. Fatto questo una delegazione pentastellata, di cui dovrebbero far parte oltre allo stesso Giarrusso i colleghi Nicola Morra e Sergio Puglia, andrà ad Astana a trovare Alma, agli arresti domiciliari dal suo arrivo nella capitale.

Quanto a Sel, che la sfiducia ad Angelino la presenterà alla Camera, l’interpellanza urgente firmata da Arturo Scotto cerca di capire se un giro di promozioni temporalmente vicine alla vicenda abbiano in qualche modo a che vedere con l’espulsione; quali assicurazioni sull’incolumità dei familiari del dissidente l’Italia avesse avuto da Astana e infine, visto che non esistono trattati estradizione col Kazakistan, in che rapporti stiano le polizie dei due Paesi. Del resto su quella che Niki Vendola definisce una vicenda «opaca e con ancora troppi misteri» su cui grava l’ipotesi di «un favore al dittatore kazako» di gialli ce n’è più d’uno. Fonti del Viminale infatti sostengono che tutto si è mosso sulla base di un fax di Astana via Interpol: quel fax conterrebbe un ordine di cattura internazionale col nome di Mokhtar Ablyazov (ma non della moglie) e tre indirizzi. Quello di Roma e quello di altre due capitali europee, Parigi e Londra. Sul fax regna un certo mistero ma sarebbe interessante sapere dalle polizie britanniche e francesi se hanno agito con la stessa rapidità e freddezza di esecuzione (tanto da arrestare ed espellere una minorenne) con la quale tre dozzine di poliziotti italiani hanno messo in piedi un raid degno di un capo bastone mafioso.

Questo articolo è uscito oggi su il manifesto.

Fonte: www.lettera22.it
13 luglio 2013

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