Iraq, l’Italia è pronta a portare le armi. La cooperazione no, non è “prioritaria”


Thomas Mackinson - Il Fatto Quotidiano


Mentre Renzi vola a Baghdad e Mogherini e Pinotti riferiscono al Parlamento sugli aiuti militari ai curdi, stride il disimpegno della Farnesina che pochi mesi fa ha derubricato l’Iraq dalla lista dei “Paesi prioritari” per gli interventi su aiuti umanitari.


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Le armi italiane all’Iraq sì, gli aiuti umanitari e allo sviluppo no. Un macigno sulla coerenza del governo arriva proprio nel giorno della visita lampo a Baghdad ed Erbil del premier Renzi e dell’informativa urgente dei ministri Mogherini e Pinotti sul caso dei convogli di armamenti che entro la settimana dovrebbero lasciare l’Italia per giungere nel Kurdistan iracheno, teatro delle violenze dell’Isis. Ma l’Italia che si scopre interventista e pronta a caricare i suoi C-130 di mitragliatori deve fare i conti anche con quella che fino al giorno prima era impegnata in un sistematico disimpegno. Lo strabismo italiano fa tutto capo al Ministero degli Esteri e al ministro Mogherini: proprio mentre s’incendiava il conflitto, la “sua” Farnesina – che gestisce gli aiuti umanitari e gli aiuti allo sviluppo – cancellava con un tratto di penna l’Iraq dalle priorità italiane.

Due mesi dopo l’insediamento del ministro, senza un voto in Parlamento, l’Iraq è sparito dai radar della cooperazione. La Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo (Dgcs) ha aggiornato le Linee guida e gli indirizzi di programmazione per il triennio 2014-2016 (leggi). Insieme a Guinea, Ecuador e Vietnam anche l’Iraq veniva “derubricato”, da paese prioritario a “non prioritario”. Un’esclusione che ha effetti non formali ma sostanziali, che in parte si sono già verificati. L’indicazione della priorità svolge infatti un ruolo determinante nella destinazione dei fondi umanitari e di cooperazione allo sviluppo, nelle politiche di credito d’aiuto, di rinegoziazione e conversione del debito. Un’area di intervento che per il 2014 ha ricevuto uno stanziamento pari a 385,7 milioni, 64,3 in più rispetto al 2013.

Ebbene, di questi soldi l’Iraq, secondo la nuova programmazione, non avrà neppure le briciole. Pochi giorni fa proprio il fattoquotidiano.it ha raccontato i primi effetti delle nuove linee guida sullo scacchiere degli aiuti. Il declassamento improvviso di alcuni Paesi ha determinato un’alterazione nell’assegnazione delle risorse previste con l’ultimo bando per progetti di cooperazione. In ballo c’erano 14,5 milioni di euro e 173 proposte da parte delle Ong. La graduatoria finale riporta 44 progetti finanziati e tra gli esclusi dalla variante in corso d’opera c’è anche l’Iraq, il Paese nel quale oggi – a distanza di pochi mesi – viene giustificato sotto l’ombrello dell’azione umanitaria l’invio dei C-130 carichi di armi obsolete per l’esercito italiano ma buone per i peshmerga. Non era prioritario, invece, il progetto “Un sorriso per l’infanzia” che organizza missioni chirurgiche per la cura delle malformazioni al volto dei bimbi per esiti da ustioni e traumi bellici. Grazie a medici volontari da 11 la Ong svolge questa attività a Nassiriya, Baghdad e città minori e ha curato 960 bambini. Chiedeva 417mila euro per portare avanti la sua azione negli ospedali iracheni.  Alla luce delle diverse priorità il progetto viene giudicato “non idoneo”: ottiene 55 punti e si posiziona 82esimo in graduatoria. Prioritario è diventato, invece, armare i guerriglieri.

La scelta di escludere l’Iraq oggi appare tanto più grave alla luce della recrudescenza dei fanatici a danno dei civili non islamisti e della mobilitazione internazionale cui l’Italia prende parte. Ma lo è anche alla luce degli stessi criteri indicati dal Ministero per la definizione delle nuove linee di intervento. A pagina 19 delle Linee Guida spiccano ancora “la povertà, le gravi emergenze umanitarie, le situazioni di conflitto e fragilità nel percorso di democratizzazione, la presenza di minoranze”. Il ritratto dell’Iraq da mesi a questa parte. Ma il nostro Paese, che si è disimpegnato militarmente dal 2006, ha continuato l’opera di disinvestimento. Mentre il ministro cancellava l’Iraq dalle priorità si riprendeva anche parte dei soldi che i governi precedenti avevano stanziato nei famosi accordi bilaterali del 2007, quando il governo italiano e quello iracheno concordarono una serie di aiuti per la ricostruzione e il sostegno allo sviluppo economico dopo il conflitto. L’Italia aveva sottoscritto allora un programma di credito d’aiuto da 100 milioni di euro per l’acquisto da parte del ministero dell’Agricoltura iracheno di trattori e macchine agricole italiane. Dal 15 aprile scorso, con una delibera della DGCS, sono stati revocati 60 milioni. Al posto dei trattori, manderemo le armi.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it
20 Agosto 2014

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