Intercettazioni: torna la minaccia del carcere per i cronisti


Articolo 21


Torna la minaccia del carcere per i cronisti che svolgono il loro lavoro correttamente riferendo le notizie di cui sono venuti in possesso. Grande preoccupazione espressa dall’Unione Nazionale dei Cronisti Italiani, da Franco Siddi e da Giuseppe Giulietti.


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Intercettazioni: torna la minaccia del carcere per i cronisti

Torna la minaccia del carcere per i cronisti che svolgono il loro lavoro correttamente riferendo le notizie di cui sono venuti in possesso. Addirittura la pena di 5 anni di reclusione, ha anticipato oggi il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, sarà prevista, per chi propagherà il contenuto di intercettazioni telefoniche, da un provvedimento che sarà presentato nel prossimo Consiglio dei Ministri. Grande preoccupazione espressa dall’Unione Nazionale dei Cronisti Italiani, da Franco Siddi per la Federazione Nazionale della Stampa e da Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21.

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di Unione Cronisti Italiani

L’Unione Nazionale Cronisti Italiani, in attesa di conoscere nei dettagli il testo del provvedimento annunciato, sottolinea che non è possibile fare confusione tra intercettazioni realizzate in modo abusivo e quelle disposte dalla magistratura e che il contenuto di queste ultime, quando è allegato nei provvedimenti di richiesta di rinvio a giudizio, e quindi è stato portato a conoscenza dell’indagato, diventa pubblico.
L’Unci sostiene pertanto che iniziative proposte per tutelare la privacy, come ha detto l’altro ieri il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, non possono essere utilizzate per ridurre la libertà di stampa e il diritto dei cittadini di essere informati in modo completo e tempestivo sull’andamento delle indagini giudiziarie.
L’Unione Cronisti quindi, invita Fnsi, Ordine dei giornalisti e l’intera categoria a vigilare per evitare che si ripeta il tentativo di eliminare il diritto-dovere di cronaca contenuto nel provvedimento proposto dall’ex ministro Mastella nella scorsa legislatura.

di Franco Siddi (Federazione Nazionale della Stampa Italiana)

“Ci risiamo! E non ci stiamo! La Fnsi non ci sta. La galera per i giornalisti fino a cinque anni per la sola ragione di aver pubblicato notizia o atti di intercettazioni, che altri dovevano semmai custodire, sarebbe un atto fuori legge. Il diritto-dovere di dar conto di indagini in corso e quelle del pubblico a riceverne informazione prevale sulle esigenze di segretezza, come ha stabilito, un anno fa, la Corte europea dei diritti dell’uomo.
Con il massimo rispetto per il presidente del Consiglio dei Ministri e con la migliore attenzione al rispetto della dignità delle persone e dei diritti alla riservatezza, non potremmo mai considerare norma liberale quella che imponga un bavaglio alla stampa. Non si può cancellare per legge, come sarebbe con la previsione di 5 anni di carcere, l’obbligo del giornalista di dar conto delle notizie provenienti da intercettazioni della magistratura, che va ricordato vengono pubblicate quando sono di pubblico interesse. I giornalisti non sono né debbono essere semplice “buca delle lettere” o delle “soffiate” ma hanno l’obbligo deontologico di “propalare”

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