“In Palestina vita più dura che con l’apartheid”


La redazione


In un’intervista a "l’Unità" la denuncia di John Dugard, inviato dell’Onu per i diritti umani nei Territori "All’Assemblea generale proporrò che le Nazioni Unite escano dal Quartetto se la situazione non cambia". Di seguito riportiamo l’intervista all’ambasciatore Meir: "Ingiuste le accuse dell’inviato dell’Onu, dimentica le nostre vittime".


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
“In Palestina vita più dura che con l’apartheid”

DUGARD, L’INVIATO DELL’ONU

“In Palestina vita più dura che con l’apartheid”
In un’intervista a l’ Unita la denuncia di John Dugard, inviato dell’Onu per i diritti umani nei Territori.
All’Assemblea generale proporrò che le Nazioni Unite escano dal Quartetto se la situazione non cambia

 

“Lo stato dei diritti umani nei Territori è disperato. Ogni volta che ci vado la situazione sembra essere ulteriormente peggiorata. Con grande amarezza devo affermare che molti aspetti dell’occupazione israeliana superano quelli del regime dell’apartheid”. È la dura denuncia che John Dugard, inviato dell’ONU per i diritti umani nei Territori fa in un intervista a l’Unità. “All’Assemblea Generale proporrò che le Nazioni Unite escano dal quartetto se la situazione non cambia”.
Una richiesta che scatenerà polemiche: L’ONU si ritiri dal Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Russia, Ue, Onu) nel caso in cui non vengano presi in maggiore considerazione i diritti umani dei palestinesi. Una richiesta tanto più significativa, e allarmante, perché ad avanzarla è John Dugard, inviato speciale delle Nazioni Unite per la tutela dei diritti umani nei Territori palestinesi. Avvocato sudafricano, docente di Diritto Internazionale, paladino della lotta all’apartheid, Dugard visita la Cisgiordania e Gaza da sette anni e redige i suoi dettagliati rapporti sulla situazione. “Dalla mia ultima visita -afferma- ho ricavato una impressione drammatica: nel popolo palestinese è diffuso un sentimento di disperazione causato dalla violazione dei diritti umani. Ogni volta che vado la situazione sembra essere ulteriormente peggiorata”. Un peggioramento che investe sia la Cisgiordania che Gaza: “Gaza – sottolinea Dugard- è una prigione isolata dal mondo e Israele sembra averne buttato via le chiavi”.
Professor Dugard, alla fine del mese lei presenterà il suo rapporto alle Nazioni Unite sullo stato dei diritti umani nei Territori. Qual è la situazione?
“Gravissima, direi disperata. Una percezione netta che ho maturato da una visione diretta della situazione. Ciò che più mi ha colpito è l’assenza di speranza del popolo palestinese. Tutti noi dovremmo interrogarci sulle ragioni di questo degrado”.
Qual è la sua risposta?
“Non vi è dubbio che questa situazione di sofferenza e disperazione è frutto della violazione dei diritti umani e in particolare delle restrizioni israeliane alla libertà di movimento dei palestinesi”.
Le autorità israeliane ribatterebbero che questa situazione è dovuta alla necessità di contrastare gli attacchi terroristici. I kamikaze palestinesi non sono certo un’invenzione israeliana.
“Non metto in discussione il diritto di Israele di difendere la sua sicurezza, ma ritengo che il governo israeliano continui a gestire la sua sicurezza con un uso sproporzionato della forza”.
A cosa si riferisce in particolare?
“Penso ai centinaia di check-point che spezzano in mille frammenti territoriali la Cisgiordania, penso a Gaza, prigione a cielo aperto dove sopravvivono a stento un milione e 400 mila palestinesi. Si, Gaza è una prigione della quale Israele sembra aver buttato via le chiavi.
Gaza, soprattutto dopo il colpo di mano militare di Hamas, molto si è detto e scritto. Meno della Cisgiordania. Lei l’ha visitata recentemente. Qual è la realtà che ha registrato sul campo?
“La Cisgiordania è oggi frammentata in quattro settori: il Nord (Jenin, Nablus e Tulkarem), il Centro (Ramallah), il Sud (Hebron) e Gerusalemme est che assomigliano sempre di più ai Bantustan del Sudafrica. Le restrizioni alla circolazione imposte da un rigido sistema di autorizzazioni, rinforzato da circa 520 check point e blocchi stradali, assomigliano al sistema del “lascia-passare” ( in vigore nel Sudafrica dell’apartheid) applicato con una severità che va molto al di là…”
La sua è un’accusa molto grave, alla quale più volte in passato Israele ha ribattuto con durezza accusandola di forzature inaccettabili viziate da un evidente pregiudizio.
“Vede, io non ho alcun pregiudizio anti-israeliano e rigetto con sdegno le accuse strumentali di antisemitismo. I miei rapporti non hanno nulla di ideologico, essi sono basati su fatti circostanziati, su una documentazione ineccepibile. Israele rivendica la sua democrazia ma i principi su cui si fonda non valgono per la popolazione palestinese dei Territori. Con grande amarezza, mi creda, devo affermare che molti aspetti dell’occupazione israeliana superano quelli del regime di aparheid. Si pensi alla distruzione in larga scala da parte israeliana di case palestinesi, lo spianamento dei terreni fertili, le incursioni e gli omicidi mirati dei palestinesi, per non parlare del muro eretto per l’80% in territorio palestinese. Il Muro è, attualmente, costruito in Cisgiordania e Gerusalemme est in maniera da inglobare la maggior parte delle colonie nella sua cinta. Inoltre, i tre grandi blocchi di insediamenti di Gush Etzion, Ma’aleh Adumin e Ariel dividono il territorio palestinese in enclave, distruggendo così l’integrità territoriale della Palestina. Tutto ciò ,lo ribadisco, produce sofferenze, umiliazioni e, ed è quello che più mi ha colpito nella mia recente visita nei Territori, la perdita di speranza da parte del popolo palestinese. A tutto ciò va aggiunto che, di fatto, il popolo palestinese è sottoposto a sanzioni economiche, e ciò è il primo esempio di un simile trattamento applicato a un popolo occupato. Verso i palestinesi dei Territori, Israele non si comporta come una democrazia ma come una potenza colonizzatrice”.
Dalla Cisgiordania a Gaza e allo scontro interno al campo palestinese. Uno scontro che aggiunge sofferenza a sofferenza. Qual è in proposito la sua valutazione?
“Se vuole sapere il mio modesto punto di vista, le dirò che a mio avviso la Comunità Internazionale sta commettendo un errore gravissimo, che renderà ancor più ostica la ricerca di un accordo di pace con Israele”.
Quale sarebbe questo errore?
“Aver deciso di appoggiare solo una fazione palestinese, quella del Fatah. Questo ruolo non compete all’Onu”.
A fine mese lei illustrerà il suo rapporto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. A quale conclusione è giunto?
“Al segretario generale Ban Ki-moon chiederò di ritirare le Nazioni Unite dal quartetto, se il Quartetto dovesse fallire nel tentativo di avere la massima attenzione per la situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi”.
Lei appare alquanto pessimista sulla possibilità di una svolta nella tutela dei diritti umani in Palestina. Perché?
“Perché sull’inazione del Quartetto in questo campo pensa l’influenza politica degli Stati Uniti. Una influenza negativa”.

Da L’Unità del 17 ottobre 2007

***

“Apartheid? Israele deve difendersi”

Intervista all’ambasciatore Meir: ingiuste le accuse dell’inviato dell’Onu, dimentica le nostre vittime
L’ambasciatore di Israele a Roma, Meir, replica all’intervista a l’Unità dell’inviato dell'Onu per i diritti umani nei Territori, Dugard. “Hamas – afferma Meir – plaude alle parole di Dugard. Se avessi ricevuto io un consenso del genere non mi sentirei a mio agio”. “in Palestina vita dura più che con l’apartheid? Quelle di Dugard – dice l’ambasciatore – sono tesi precostituite come se esistessero solo i diritti dei palestinesi dimenticando i civili Israeliani uccisi dai terroristi”.
“Ciò che contesto nelle affermazioni del signor Dugard sono le sue tesi politiche precostituite, e una visione unilaterale dei diritti umani. Come se esistessero solo quelli dei palestinesi dimenticando che a migliaia di israeliani, donne, bambini, civili inermi i terroristi hanno tolto il diritto più grande: quello alla vita”. Così l’ambasciatore di Israele Gideon Meir replica all’intervista all’Unità dell’inviato speciale dell’Onu per i diritti umani nei Territori John Dugard. “Hamas – afferma Meir – plaude alle parole di Dugard. Se avessi ricevuto io un consenso del genere non mi sentirei a mio agio”.
“In Palestina vita più dura che con l’apartheid”. Come ribatte alle affermazioni dell’inviato speciale dell’Onu?
“Ciò che contesto è il fatto che il signor Dugard abbia presentato un’agenda politica, andando ben oltre l’incarico da lui ricoperto. Avrei accettato che si fosse limitato a presentare dei fatti ma cosa c’entra con il suo incarico la richiesta di una uscita dell’ Onu dal quartetto per il Medio Oriente? E come è possibile che su 9 delibere prese nell’ultimo anno del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, 8 sono contro Israele? Come se non esistessero altri e più gravi problemi relativi ai diritti umani nel mondo, in Iran, in Darfur, in Birmania… ma è Israele, l’unica democrazia nel Medio Oriente il problema del mondo… questo non è serio, questo è inaccettabile”.
Cos’altro non la convince nelle considerazioni di Dugard?
“Lui parla esclusivamente dei diritti umani della parte palestinese ma anche gli ebrei, gli israeliani hanno dei diritti umani. E vi è un problema dei diritti umani, della loro salvaguardia fra i palestinesi. Ma il signor Dugard non sfiora neanche lontanamente il comportamento brutale di Hamas nei confronti degli uomini di Fatah: le esecuzioni a freddo, le persone lanciate dai piani alti dei palazzi, le donne e gli uomini torturati…Di tutto ciò Dugard non fa cenno. Se il relatore dell’Onu avesse dato un’immagine più completa, più obiettiva della situazione, non avrei avuto alcun problema. E voglio farle un esempio di ciò che intendo per diritti umani nostri…”
Qual è la storia?
“Era uno dei periodi più terribili per Israele, con gli attentati suicidi che seminavano la morte tra donne, bambini, civili inermi…Ero in ufficio e ho sentito una esplosione fortissima.. Un terrorista si era fatto esplodere tra i tavolini di un caffè, il “Moment Cafè”. La mia segretaria, che allora aveva 29 anni ed era una sostenitrice della pace con i palestinesi, rimase uccisa in quell’attentato. La sua colpa era di essere seduta in quel caffè in quel momento. Questa ragazza è una delle migliaia di israeliani che sono stati uccisi dai terroristi palestinesi. Ma di loro non c’è traccia nel rapporto del signor Dugard.”
Dugard fa riferimento a 520 check point e al Muro che spezza la Cisgiordania.
“Non nego affatto che la situazione dei palestinesi nei Territori sia una situazione difficile. La situazione della popolazione in Giudea e Samaria (la Cisgiordania, ndr) e soprattutto nella striscia di Gaza è una situazione non buona. Chi vuole venire a puntare il dito contro Israele ha lavoro facile, e fa un’operazione politica. È legittimo criticarci ma bisogna vedere cosa e chi ci ha portato a questa situazione. Nel 1993 fu firmato un accordo storico, l’Accordo di Oslo, eravamo in un processo di pace. Nel 2000 il primo ministro Euhd Barak a Camp David offrì ad Arafat il 97% dei Territori e prevedeva lo smantellamento di gran parte delle colonie. Ma la risposta fu l’Intifada dei kamikaze, un’ondata di attacchi terroristici che non ha eguali in nessun altro paese al mondo. La barriera è stata costruita in risposta a questi innumerevoli, devastanti, sanguinosi attacchi terroristici. I posti di blocco ci sono per evitare queste azioni terroristiche. Ed è un dato di fatto che la combinazione tra la barriera, i posti di blocco e l’azione dell’esercito ha fortemente ridotto il numero degli attentati. Ma il nostro interesse superiore è migliorare la situazione soprattutto, economica nei Territori. Questo è nel nostro interesse, perché una condizione economica buona, impedisce il terrorismo”
Dugard rileva che Israele ha realizzato buona parte della barriera sui territori occupati.
“Non c’è bisogno che il relatore per i diritti umani ci ricordi qual è la situazione della barriera di sicurezza. C’è la Corte di Suprema di Israele a pensarci, e io sono molto orgoglioso di ciò, come israeliano e come democratico. Questa Corte tutela i diritti umani anche dei palestinesi che non sono cittadini di Israele ma che possono appellarsi alla Corte per ottenere giustizia e in moltissimi casi la Corte Suprema ha stabilito che il governo dovesse modificare il tracciato della barriera. Ma di questo il signor Dugard non fa cenno. La Corte cerca di trovare un equilibrio tra la sicurezza dei cittadini israeliani e diritti umani dei palestinesi. Nei 60 anni dello Stato d’Israele nonostante le guerre di aggressione e le ondate di attentati a cui abbiamo dovuto far fronte, Israele è rimasta una democrazia e questo è un miracolo. Siamo uno dei paesi dove c’è la maggiore libertà di informazione. Il giorno in cui i palestinesi avranno un quotidiano come Haaretz o uno scrittore come David Grossman, allora saprò che siamo davvero sulla via della pace. La nostra è una democrazia solida, il che non significa che non si debba porre fine all’occupazione. Oggi questo è possibile perché abbiamo finalmente interlocutori, come il presidente Abu Mazen, e il Primo Ministro Fayyad, con cui è possibile raggiungere una intesa. Ed è un impegno a cui non verremo meno”.
Da L’Unità del 18 ottobre 2007
CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento