In attesa dei risultati


Campagna Italiana per il Sudan


Si prolunga l’attesa per i risultati delle prime elezioni multipartitiche in un quarto di secolo in Sudan e si allunga la lista di episodi controversi e dichiarazioni contrastanti.


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In attesa dei risultati

Dall’inizio delle operazioni di voto, l’11 aprile scorso, ad oggi non è mancato giorno in cui non fossero denunciati problemi logistici e organizzativi, ma anche brogli; ciononostante si è votato in un clima tranquillo e ordinato quasi ovunque, cosa di cui hanno sicuramente merito la proverbiale pazienza sudanese, ma soprattutto i nervi saldi dei politici, in particolare in questo caso di quelli di opposizione, e la convinzione prevalente che comunque si trattava di un momento storico per il paese e come tale andava rispettato.
Dal 16 aprile, con l’inizio dello spoglio delle schede, che avrebbe dovuto finire entro il 20 e che invece è ancora in corso, la tensione è tornata a crescere tra il partito del presidente Omar Al Bashir – il NCP-, lo SPLM, il partito del presidente dello stato semiautonomo del Sud  e le opposizioni mano a mano che si diffondevano le prime indiscrezioni sui risultati, in particolare quelli di alcune regioni in cui la situazione è particolarmente delicata.

Nell’Est Sudan il Beja Congress (espressione dell’etnia autoctona maggioritaria e forza portante dell’Eastern Front, che ha animato un decennale conflitto a bassa intensità nell’area, conclusosi con un accordo di pace firmato ad Asmara nell’ottobre del 2006, grazie al quale è stato associato al governo) ha ammesso di aver perso, ma ha contemporaneamente denunciato pesanti frodi elettorali.  In dichiarazioni rilasciate alla Reuters rappresentanti politici di peso dei partiti dell’Est Sudan hanno portato esempi significativi, seppur non ancora definitivi:
–    un solo seggio vinto nel parlamento del Red Sea State e nemmeno uno in quello nazionale; e il posto sarebbe stato vinto in una circoscrizione dove era stato possibile presidiare i seggi durante la notte;
–     in una circoscrizione, la sproporzione di voti tra il candidato del partito dell’area e quello dell’NCP era di 839 a 18.000
–    in una sezione, a caso, le schede nulle per il candidato di uno dei partiti dell’Est Sudan sono risultate 485, quelle dell’NCP solo 17
Nell’Est Sudan (le agenzie dicono nella provincia di Hameskoreb, Stato di Kassala) è stato anche girato un video, postato su YouTube, che mostra i funzionari della commissione elettorale mentre votano manciate di schede che poi inseriscono in una delle urne. La NEC (commissione elettorale nazionale), l’ha bollato come falso, ma alcuni giorni dopo ha lasciato intendere che avrebbe aperto un’inchiesta sull’episodio filmato.

Nel Blue Nile, Stato che durante la guerra si era schierato con il Sud e il cui governatore uscente, Malik Aggar, personaggio di gran peso all’interno dell’SPLM, si è ripresentato per lo stesso posto, la situazione ha rischiato di degenerare quando una TV locale ha dato per eletto il candidato dell’NCP. Allora, in una conferenza stampa tenuta a Khartoum, l’SPLM ha denunciato manovre volte a truccare le elezioni, e il dispiegamento di truppe per controllare possibili disordini. Poi, indiscrezioni affermano dopo un incontro serrato ai più alti vertici dei due partiti, Malik Aggar è stato proclamato vincitore con 118.119 voti, sul candidato dell’NCP che ne aveva ricevuto 99.417 e la tensione si è allentata.

Ma è al Sud che si è verificato l’episodio più grave. Nello stato di Unity, ricchissimo di petrolio, avrebbe vinto con una schiacciante maggioranza Angelina Teny, candidata indipendente e Ministro aggiunto per l’energia nel governo di unità nazionale, contro Taban Deng, governatore uscente e candidato dell’SPLM (68.000 voti contro 44.000). Quest’ultimo, però, non ha accettato la sconfitta e, spalleggiato dall’apparato del partito, avrebbe manovrato per vedersi aggiudicare altri 56.000 voti e per convincere la commissione elettorale locale a proclamarlo vincitore prima delle verifiche della commissione elettorale nazionale. I disordini che ne sono derivati hanno provocato almeno due morti e parecchi feriti.

Intanto la commissione elettorale nazionale – NEC – non è stata finora in grado di diffondere i risultati definitivi a livello nazionale e di dichiarare vincitore il presidente uscente. Indiscrezioni di ben informati e analisi pubblicate dal Sudan Tribune avanzano l’ipotesi che Al Bashir  non avrebbe poi vinto con la maggioranza schiacciante data per sicura, ma che potrebbe perfino non aver raggiunto la maggioranza semplice dei votanti, necessaria per passare al primo turno. Sembrerebbe che al Sud abbia votato un’alta percentuale di elettori e che il  loro voto sia andato al 90% al candidato dell’SPLM, Yaser Arman (che pure si era ritirato dalla competizione), sbilanciando le previsioni, dal momento che al Nord avrebbe votato una percentuale di elettori molto minore.

Che qualcosa non funzioni l’ha ammesso la stessa commissione elettorale, che ha richiesto di avere i dati in forma cartacea e non attraverso il sistema informatico messo a punto per l’occasione; questo per evitare ulteriori ritardi. Secondo dichiarazioni, rilasciate in modo confidenziale da osservatori elettorali, anche internazionali, alla Reuters, il provvedimento non farà che aumentare il sospetto di brogli, dal momento che si presta ad ogni manipolazione. Voci insistenti dicono che i sistemi di controllo dei dati computerizzati avrebbero già mostrato discrepanze che non possono essere più nascoste.

Mubarack Al Fadil, importante esponente dell’opposizione, avrebbe dichiarato “Sono davvero sicuro che i risultati che ne sono usciti (dopo le manipolazioni durante il voto e lo spoglio delle schede) sono risultati illogici e adesso stanno cercando di sistemarli”.

Fonte: Campagna Italiana per il Sudan

25 aprile 2010

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