Il ruolo degli Enti locali nella costruzione della pace e dei diritti umani


Monica Donini


"Essere amministratore in un Ente locale implica un’assunzione di responsabilit


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Il ruolo degli Enti locali nella costruzione della pace e dei diritti umani

Lo slogan della marcia Perugia-Assisi di quest’anno rappresenta una perfetta base di partenza per riflettere sul rapporto tra gli Enti locali e la costruzione della pace nel mondo. “Tutti i diritti umani per tutti” è stato, infatti, utilizzato come sinonimo del termine pace, o meglio ancora come sua definizione. L’idea cioè che la parola pace sia un contenitore simbolico da riempire con gesti pratici, quotidiani, fondamentali. Una rete infinita di scelte che promuovano la dignità dei singoli, la loro libertà, il carattere ugualitario della società che li raggruppa, la diffusione della giustizia sociale nella modalità di governare. In una parola, la costruzione di norme, leggi e regolamenti che dal basso modifichino o nella migliore delle ipotesi indirizzino il governo centrale, la politica nazionale. Dare un ruolo agli Enti locali nella costruzione della pace e nella tutela e nella diffusione dei diritti umani significa riconoscere la volontà dei singoli cittadini, significa recuperare il senso della “rappresentanza” tra politica e partiti, significa riconoscere il ruolo di una piazza che grida “no alla guerra”, ricomporre il legame tra politica e società, tra eletto ed elettore. Una sfida sicuramente ambiziosa, difficile da vincere ma indispensabile per riequilibrare il mondo, questa società globale. Il movimento per la pace in questi anni è stato portatore di valori e contenuti importanti, talvolta rivoluzionari come quello della non violenza, ma credo soprattutto si sia fatto portatore di una consapevolezza diffusa: senza pace non c’è diritto, senza rispetto per l’ambiente non c’è libertà, senza uguaglianza non c’è giustizia sociale, senza rappresentanza non c’è democrazia. Costruire la pace nelle città, e soprattutto dalle città, significa una pianificazione urbanistica capace di non creare ghetti raziali, significa territori che si fanno portavoce per la creazione di un dialogo interreligioso, significa statuti comunali, provinciali, regionali che prevedano la pace e la promozione dei diritti umani come valori fondativi delle proprie comunità, significa una fiscalità generale che preveda e favorisca la redistribuzione delle risorse. Essere amministratore in un Ente locale implica un’assunzione di responsabilità fondamentale per la scelta del tipo di sviluppo nazionale da perseguire. Un esempio importante è la Campagna Città Equosolidali, che si fonda sull’importanza strategica delle Pubbliche Amministrazioni nell’opera di sensibilizzazione delle imprese e dei cittadini a favore di modelli di produzione e consumo equi e sostenibili. Affrontare dal qui ed ora, quindi, il problema degli squilibri economici ed ambientali del mondo, assumendo il cittadino come protagonista principale del “come” costruiamo il mondo di domani. Una logica che rifugge da facili cinismi o avvilenti sensi di impotenza, ma che restituisce centralità all’uomo nella sua accezione più alta, che trova in lui il motore dell’altro mondo possibile e non in inafferrabili ed incomprensibili “poteri forti” o lobby. Nella fattispecie una campagna che testimonia un impegno in favore dello sviluppo sostenibile, di una cultura di pace e di una maggiore equità nei rapporti tra Nord e Sud del mondo.

Dire che gli Enti locali hanno un ruolo chiave nella costruzione della pace, significa che essi si facciano antenna per il disagio. Non importa se si tratta del disagio mentale, di come la Legge 180 si sia tradotta sul proprio territorio; o se si tratta invece della possibilità di accesso per i diversamente abili; ancora, se il disagio è quello dei migranti nell’apprendere una lingua, della popolazione locale ad accettare un’evoluzione inarrestabile delle proprie tradizioni; o se sia il disagio di una società che invecchia e che deve inventare nuove forme di assistenza e di supporto. Costruire dal basso la cultura della pace significa valorizzare e potenziare i luoghi del sapere, facilitarne l’accesso anche ai nuovi cittadini e promuovere iniziative pubbliche per favorirne la conoscenza. Un percorso che passa, ad esempio “nella diffusione di vaste, ricche, comode, ospitali e contagiose Biblioteche, nelle quali la scoperta di sé, del prossimo, della società e della umanità possa avvenire dentro gli infiniti labirinti delle esperienze che hanno preceduto le nostre, nelle immense necropoli del pensiero, delle emozioni e dei valori, che sono in attesa di essere esplorate per vivificarci”, per citare Alfredo Serrai. Una politica locale capace, cioè, di valorizzare la funzione sociale e pedagogica della biblioteca, a partire dalla percezione dell’importanza di un patrimonio culturale pubblico e del senso civico necessario per conservarne l’integrità e la fruibilità da parte di tutti.

Costruire la pace dagli Enti locali significa recuperare la storia della propria comunità e del proprio paese per non ripetere le atrocità del passato, vuol dire diffondere i valori della nostra Costituzione e creare le basi affinché gli articoli fondamentali vengano realizzati. Significa allora esigere una Repubblica fondata sul lavoro, un lavoro sicuro e non precario, un lavoro che sia sintesi di uno sviluppo sostenibile per i singoli e per il mercato, in cui le Amministrazioni si impegnino per il controllo nei cantieri e nei luoghi di lavoro, significa mettere in campo le risorse per ridurre l’epidemia di morti bianche.

Costruire la pace dagli Enti locali significa non dimenticare mai la diffusione della violenza, in particolare sulle donne. Significa non solo l’imperativo morale di ricordare che sono 6 milioni 743 mila le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita, come emerso dal rapporto Istat riferito al 2006 e presentato quest’anno, ma soprattutto vuol dire creare la rete di supporto per chi trova il coraggio di denunciare. Creare i presupposti perché sempre più spesso le donne non si sentano sole, non restino sole, perché trovino il coraggio e soprattutto il sostegno psicologico, economico, legale ed umano per dire basta. Significa riflettere sulla famiglia, sui rapporti umani e sulla loro progressiva dissoluzione, sul perché, ad esempio, la violenza fisica è più di frequente opera dei partner. Perché sempre più giovani non abbiano riferimenti genitoriali saldi, utili barriere alla diffusione di nuove forme di sofferenza quali anoressie-bulimie, attacchi di panico, suicidi. Costruire la pace nelle nostre città significa ridurre un dato inquietante: il suicidio come seconda causa di morte tra gli adolescenti dopo gli incidenti stradali.

Costruire la pace dagli Enti locali, infine, passa anche per la costruzione di un bilancio che sia capace di mettere sullo stesso piano interventi strutturali e necessari quali il rifacimento di una strada con gli interventi per la cooperazione internazionale, la diffusione della cultura con le attività produttive, l’ambiente con le grandi opere.

Essere un ente locale per la pace, significa riconoscere l’unicità del mondo e la connessione tra le nostre scelte e le ricadute sugli altri, significa essere tutti cittadini di un unico grande ente: il mondo.

Monica Donini
Presidente Assemblea Legislativa Emilia-Romagna

Fonte: La voce isontina

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