Il barometro dell’odio


La redazione


Un osservatorio di Amnesty sui discorsi d’odio in campagna elettorale. Il barometro ha misurato in che modo (offensivo, grave o molto grave) e contro di chi (i bersagli, le vittime) si sviluppano discorsi d’odio.


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Dall’8 febbraio al 2 marzo600 attivisti hanno monitorato i profili social – Facebook e Twitter – di tutti i candidati ai collegi uninominali di Camera e Senato delle coalizioni di Centrosinistra, Centrodestra, del Movimento 5 Stelle e di Liberi e uguali; dei candidati presidenti delle regioni Lazio e Lombardia e dei leader.
Ecco le principali conclusioni del nostro lavoro di osservazione:

  • il discorso di odio è stato veicolato in modo costante durante le tre settimane di monitoraggio della campagna elettorale. In 23 giorni sono state raccolte 787 segnalazioni: più di un messaggio offensivo, razzista e discriminatorio all’ora moltiplicato dalla Rete;
  • le segnalazioni sono state attribuite a 129 candidati unici, di cui 77 sono stati eletti;
  • il 43,5% delle dichiarazioni segnalate sono pervenute dai leader, il 50% da candidati parlamentari e il 6,5% da candidati alla presidenza delle regioni Lazio e Lombardia;
  • complessivamente, inserendo nel calcolo anche i leader, il 51% delle dichiarazioni è da attribuire a candidati della Lega, il 27% a Fratelli d’Italia, il 13% a Forza Italia, il 4% a Casa Pound, il 3% a L’Italia agli Italiani, e il 2% al Movimento 5 Stelle;
  • il canale che ha generato più segnalazioni è stato Facebook, da cui è pervenuto il 73% dei messaggi monitorati. Nel 49,3% dei casi si è trattato di post testuali, nel 38,4% di video e nel 12,3% di fotomontaggi;
  • il fenomeno migratorio è stato il tema centrale delle segnalazioni: il 91% delle dichiarazioni hanno avuto per bersaglio migranti e immigrati;
  • l’11% delle dichiarazioni ha riguardato discriminazioni di tipo religioso, veicolando sentimenti islamofobici;
  • il 6% delle dichiarazioni ha avuto per oggetto la comunità Lgtbi, il 4,8% i rom, e l’1,8% le discriminazioni di genere;
  • il 7% delle dichiarazioni ha incitato direttamente alla violenza;
  • il 32% delle segnalazioni ha veicolato fake news e dati alterati;
  • per quanto riguarda l’immigrazione, il 10% delle segnalazioni ha riguardato la questione della sicurezza e il 7% il tema dell’accoglienza con toni di emergenza, identificando nell’immigrazione una “bomba sociale”, in grado di portare allo “scontro sociale” e alla “guerra in casa”;
  • i fatti violenti di Macerata hanno avuto un ruolo centrale nella campagna elettorale: la nazionalità nigeriana è stata specificamente bersaglio del discorso razzista e di odio;
  • le parole più usate per identificare e raffigurare migranti e immigrati sono state: “clandestini”, “irregolari”, “profughi”, “stranieri”, insieme al ricorso alla disumanizzazione con l’utilizzo di appellativi quali “risorse”, “bestie”, “vermi”.

Alcune forze politiche si sono servite di stereotipi e incitazioni all’odio per fare propri diffusi sentimenti populisti, identitari e xenofobi, promuovendo la diffusione di un linguaggio incendiario, divisivo, che discrimina anziché promuovere l’eguaglianza, che pensa che minoranze e gruppi vulnerabili siano una minaccia e che i diritti non spettino a tutti“, ha commentato Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia.

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