Herat, soldati italiani sparano. Uccisa una bambina. Tre feriti


Umberto De Giovannangeli - L'Unità


Sarà rubricato come un “tragico incidente”. Che è costato la vita ad una bambina afgana di 13 anni. Colpita dai proiettili sparati da una pattuglia di militari italiani. Ma la dinamica della sparatoria ha lati oscuri.


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Herat, soldati italiani sparano. Uccisa una bambina. Tre feriti

L’incidente – è la ricostruzione fornita dal comandante del contingente, il generale Rosario Castellano – è avvenuto alle 11 locali, a quattro chilometri da campo Arena, il quartier generale del Regional Command West. Una pattuglia di militari italiani, composta da tre mezzi, che stava procedendo lungo la strada ha incrociato un’autovettura civile – una Toyota Corolla bianca – che procedeva in senso opposto a forte velocità. “Sono state attuate tutte le procedure di avvertimento previste in questi casi – sottolinea il generale Castellano – ma l’automobile non si è fermata: sono stati esplosi infine un colpo in aria, uno sull’asfalto e uno sul cofano della vettura. Solo successivamente si è venuto a sapere che una bambina che si trovava a bordo è morta”.

INCHIESTA APERTA
Resta da spiegare come un solo colpo esploso sul cofano della vettura abbia potuto causare la morte della bambina e il ferimento della madre, del padre e di un’altra persona che si trovavano a bordo dell’automobile civile. La pattuglia coinvolta nell’incidente fa parte dei cosiddetti Omlt (Operation mentoring liaison team, i militati italiani che si occupano dell’addestramento delle truppe afghane) che operano nella zona di Herat. Il generale Castellano ha ribadito, parlando con i giornalisti al seguito di una delegazione parlamentare giunta ad Herat proprio nel momento in cui si stava accertando la dinamica dell’incidente, che i militari hanno attuato tutte le procedure di segnalazione previste, a cominciare dai segnali luminosi, seguendo con colpi di avvertimento. Infine hanno fatto fuoco sul vano del motore. Al comando del contingente viene, inoltre, sottolineato che il tipo di vettura Toyota Corolla è “una delle macchine maggiormente segnalate come possibili vetture utilizzate come auto bombe”. La Toyota Corolla riporta nella memoria la tragica morte di Nicola Calipari, il funzionario del Sismi ucciso dal fuoco di una vettura statunitense nel tragitto verso l’aeroporto di Baghdad, in Iraq, dopo la liberazione dell’inviata del Manifesto Giuliana Sgrena. Anche in quel caso, secondo le autorità militari statunitensi, i soldati avevano aperto il fuoco non ricevendo risposte alle segnalazioni che intimavano l’arresto del veicolo.
   “ Su questo episodio sono in corso indagini ed andremo fino in fondo per capire che cosa è accaduto”, dice il generale Marco Bertolini, capo di stato maggiore della missione Isaf, “Andremo fino in fondo –  promette – per accertare eventuali responsabilità ed anche se qualcosa non ha funzionato nelle procedure così da evitare che simili fatti si ripetano”. “Nessuno di noi – rimarca il numero due della missione Nato – vuole   uccidere i bambini o civili innocenti. Facciamo di tutto per evitare simili incidenti ma l’Afghanistan non è l’Italia, c’è una minoranza che vuole combatterci e in questo contesto queste cose purtroppo possono succedere”. La Procura militare di Roma ha aperto un fascicolo sull’incidente; a indagare sono le autorità afghane.

PUNTI DA CHIARIRE
Gli occupanti dell’auto si recavano a Herat per partecipare ad un matrimonio. “Pioveva e la visibilità era pessima. D’un tratto ho visto delle luci davanti a noi ed è apparso un convoglio di soldati stranieri”, racconta Ahmad Wali, 32 anni, lo zio della bimba ferita mortalmente, che guidava la macchina. “Subito dopo ho visto che metà del volto di mia nipote non c’era più, che sua madre era ferita al petto e che il mio viso era sanguinante a causa dei frammenti del parabrezza esploso”, prosegue. Wali nega che la vettura procedesse a forte velocità. Le foto diffuse dalle agenzie mostrano il sedile posteriore della Corolla dove sedeva la bambina macchiato di sangue, ma soprattutto, mostrano il lunotto posteriore dell’auto infranto e un foro sul montante del portellone posteriore come se il colpo fosse stato esploso quando la macchina aveva già superato il blindato. Il parabrezza anteriore della Corolla, per quanto è possibile vedere nelle immagini, sembra intero. Un “incidente” dai tanti lati oscuri. Tutti ancora da chiarire.

Fonte: L'Unità

4 maggio 2009

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