Guerra in Yemen: tregua di due mesi, un miracolo inatteso!


Antonella Napoli


La proposta dell’Onu in occasione del Ramadan è stata accettata dal governo e dalla coalizione a guida saudita. Si tratta del primo cessate il fuoco dal 2016. Finora le vittime sono state 370mila


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Foto Yemen

Due mesi di cessate il fuoco in Yemen.

Una tregua temporanea legata al Ramadan, ricorrenza religiosa musulmana in cui si pratica il digiuno, ma che per il martoriato Paese è un miracolo inatteso e insperato. L’annuncio è arrivato a pochi giorni dal settimo anniversario del conflitto, attraverso un portavoce del governo yemenita che ha dichiarato di accettare e sostenere la proposta avanzata dalle Nazioni Unite.

Uno stop alle azioni militari della coalizione guidata dall’Arabia Saudita che “allenterà anche le restrizioni marittime e aeree imposte alle aree controllate dal movimento Houthi per aiutare ad alleviare una grave crisi umanitaria” spiega l’inviato speciale dell’Onu, Hans Grundberg, che attraverso una nota fa sapere che “si è impegnato con le parti in guerra nello Yemen per raggiungere una tregua nazionale per il mese di digiuno musulmano del Ramadan, che inizia domani”.

L’ok del governo dello Yemen arriva a 24 ore dal placet di Riad. Non è ancora chiaro se gli Houthi, allineati con l’Iran, accetteranno la tregua, che rappresenterebbe la prima cessazione coordinata delle ostilità dal 2016. Oltre 370mila le vittime – dirette e indirette del conflitto – dall’inizio della guerra nel 2015: 150mila gli yemeniti che hanno perso la vita negli scontri armati o a causa dei bombardamenti aerei secondo l’Undp. L’Agenzia per lo sviluppo dell’Onu ha stimato che “nel 2021 ogni 9 minuti è morto un bambino con meno di 5 anni”.

Più di 4,3 milioni di persone, di cui la metà minori, sono state costrette a fuggire dalle proprie case per cercare scampo dai combattimenti sempre più aspri che hanno ridotto uno dei paesi più belli del Medio Oriente in un cumulo di macerie.

Da sette anni in Yemen si combatte una guerra devastante che ha portato l’80% della popolazione ben oltre il limite della soglia di sopravvivenza. Una guerra dimenticata. Un silenzio che oggi, a fronte dell’attenzione mondiale verso il conflitto tra Russia e Ucraina, si rivela assordante e stride ancora di più.

L’ultimo attacco dei ribelli sciiti filo-iraniani, il mese scorso, aveva causato almeno 10 morti. I combattimenti in Yemen sono iniziati quando il movimento Houthi ha preso il controllo della provincia settentrionale di Saada e delle aree limitrofe. Gli attacchi sono continuati fino alla conquista della capitale Sanaa che ha costretto il presidente Abd Rabbih Mansur Hadi all’esilio all’estero.

Il conflitto vero e proprio è deflagrato nel marzo 2015, quando l’Arabia Saudita e altri otto stati – per lo più arabi sunniti – sostenuti dalla comunità internazionale – hanno lanciato un’operazione militare aerea contro i ribelli, con l’obiettivo dichiarato di ripristinare il governo di Hadi. Una guerra per procura, come viene definita dagli analisti, tra Arabia Saudita e Iran che si è abbattuta con conseguenze devastanti sulla popolazione yemenita.

Un disastro umanitario che, fino a ieri, non accennava a fermarsi, così come il massacro di civili che ha aveva registrato un tragico incremento negli ultimi mesi. Centinaia di migliaia di famiglie sono costrette a spostarsi di continuo, lungo la linea del fronte a Marib, per sfuggire dagli attacchi che non risparmiano obiettivi civili: campi profughi, ospedali, abitazioni, scuole.

Mancano infrastrutture sanitarie e idriche essenziali per prevenire la diffusione di malattie come tifo, colera, dissenteria. E poi c’è il Covid-19. A marzo 2022, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha segnalato 211.783 casi confermati di Covid-19 nello Yemen e 2.139 decessi. È stato osservato un notevole calo del numero di casi segnalati, un totale di 784.792 dosi di vaccino sono state somministrate fino al 5 marzo 2022, ma gli indicatori suggeriscono che il virus stia continuando a diffondersi. È probabile che i casi segnalati siano sottostimati a causa della limitata capacità di test e difficoltà di accesso ai servizi di cura nonché alla paura di rimanere vittima di uno dei numerosi attacchi alle strutture sanitarie. Un inferno senza fine ignorato colpevolmente dalla comunità internazionale.

Fonte: Repubblica

1 aprile 2022

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+