Gaza. Un’altra guerra pre-elezioni?


Nena News


Abbiamo bisogno di leader in grado di discutere della fine del blocco e dell’occupazione, di uguaglianza, libertà e sicurezza come unica soluzione per israeliani e palestinesi


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ISra

 

Roma, 26 marzo 2019, Nena News – Il missile lanciato da Gaza che, lunedì mattina, ha distrutto una casa e ferito sette persone nel centro di Israele, ha colto di sorpresa gli israeliani. Il che, da un lato, è totalmente comprensibile: non siamo abituati a missili nell’area di Tel Aviv, e sicuramente non a missili con effetti così devastanti. Un attacco contro i civili, contro una famiglia che dormiva, è qualcosa di spaventoso.

D’altra parte, però, ci si può stupire dell’attacco solo se non lo si collega a tutte le vicende che non vengono trasmesse in tv: gli spari contro manifestanti disarmati alla barriera tra Israele e Gaza praticamente ogni settimana (solo pochi giorni fa, un quattordicenne è stato ammazzato dai proiettili dei cecchini israeliani), diversi episodi mortali in Cisgiordania nelle scorse settimane, oltre alle aggressioni e alle altre misure intraprese contro i prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Quando si parla di “aggressione palestinese”, difficilmente qualcuno accenna al fatto che, dall’inizio dell’anno, le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso 30 palestinesi a Gaza e in Cisgiordania.

L’attacco missilistico è inaspettato solo se ci permettiamo di dimenticare il contesto più ampio della realtà quotidiana dell’occupazione – dagli arresti di minori palestinesi a scuola agli attacchi dei coloni contro i contadini palestinesi – o del blocco su Gaza, che ha lasciato i gazawi poveri e senza speranza.

Nulla di tutto ciò giustifica gli attacchi contro i civili israeliani, certo, ma dovrebbe ricordarci che è Israele quello che attacca quotidianamente i civili palestinesi. Non possiamo perdere di vista il contesto quando parliamo di cosa potrebbe accadere adesso.

In risposta all’attacco missilistico di lunedì mattina, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele avrebbe “risposto con forza”. (Al momento della pubblicazione, gli attacchi sono iniziati). Il viceministro della Difesa Eli Ben Dahan, che ha visitato la casa distrutta nel moshav (comunità, insediamento ndt.) di Mishmarot, ha illustrato le tre opzioni di Israele: continuare a sparare sui ”magazzini vuoti” di Gaza, rioccupare la Striscia o ripristinare il programma israeliano per gli assassinii mirati.

Il ministro dell’Istruzione Naftali Bennett ha dichiarato che Hamas dev’essere “soggiogato”, mentre il rivale di Netanyahu, Benny Gantz, che negli spot elettorali si vantava di voler “riportare Gaza all’età della pietra”, ha accusato Netanyahu dell’attacco missilistico e di non colpire più duramente Hamas e Gaza. I politici di estrema destra hanno chiesto che Gaza venga “rasa al suolo”.

Alcuni residenti di Mishmarot, tuttavia, hanno assunto toni diversi. Yoni Wolf, la cui famiglia vive nella casa distrutta dal missile, ha dichiarato ai reporter, lunedì mattina, che Israele deve “riguadagnare non solo il suo potere deterrente, ma anche la sua sanità mentale”. Un altro abitante del villaggio ha raccontato che uno dei suoi ex dipendenti, un palestinese di Gaza, l’ha chiamato per sapere come sta. “Non tutti ci odiano”, ha detto.

Il pericolo è che, in seguito all’attacco di Mishmarot, alla luce delle prossime elezioni e nel tentativo di mantenere la sua immagine di “Mr. Sicurezza”, Netanyahu si faccia trascinare nella più letale e devastante serie di violenze mai viste dall’ultima guerra su Gaza nel 2014.

Ma c‘è un altra via. Noi possiamo fermare la carneficina. Non dobbiamo per forza iniziare un’altra guerra pre-elettorale. Possiamo smetterla di parlare per slogan senza senso sul distruggere il regime di Hamas. Queste sono balle, sono sempre state balle. Ciò di cui abbiamo bisogno è un leader in grado di parlare di negoziati, di fine del blocco e dell’occupazione, di uguaglianza, libertà e sicurezza come unica soluzione per israeliani e palestinesi.

Nena News

26 marzo 2019

di Haggai Matar e Oren Ziv

* (Traduzione di Elena Bellini)

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