Gaza tra nuone colonie e appello all’atomica


Michele Giorgio


Gaza – I ministri del governo Netanyahu scatenati mentre il massacro continua: cannonate su un rifugio Onu e violenti scontri a Khan Yunis


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Michele Giorgio, GERUSALEMME, 25.01.2024
In Israele c’è un ministro che vorrebbe cancellare Gaza dalla faccia della terra con la bomba atomica e altri ministri che chiedono di cacciare via i suoi abitanti per ricostruirvi gli insediamenti coloniali. Sullo sfondo, si fa per dire, ci sono le «armi convenzionali» delle forze armate israeliane che da tre mesi e mezzo proseguono la demolizione della Striscia provocando ogni giorno decine se non centinaia di morti e feriti. Ieri 14 sfollati palestinesi, tra cui 8 donne e bambini, sono stati uccisi ed altri 75 feriti quando due cannonate hanno colpito un centro di formazione dell’agenzia dei profughi Unrwa che le Nazioni Unite avevano designato come rifugio a Khan Younis. A denunciarlo è stato il direttore dell’Unrwa a Gaza, Thomas White, che ha parlato di numerose vittime, edifici in fiamme e persone intrappolate dentro il centro che ospitava circa 800 civili palestinesi.
Sfidando apertamente la Corte internazionale di Giustizia dell’Aia che domani comunicherà una sua prima decisione riguardo la denuncia per «genocidio a Gaza» rivolta dal Sudafrica a Israele, Amichai Eliyahu, ministro israeliano per gli affari e il patrimonio di Gerusalemme, ha detto che andrebbe sganciata una bomba nucleare su Gaza. Eliyahu è andato persino oltre le dichiarazioni già fatte a novembre quando aveva parlato di «opzione bomba atomica» contro la Striscia prendendosi poi il rimprovero del premier Netanyahu, forse più per aver confermato indirettamente il possesso da parte di Israele di ordigni atomici.

La Corte dell’Aia «conosce le mie posizioni» ha detto spavaldo Eliyahu. Invece, non chiedono di distruggere Gaza con una bomba nucleare, ma di renderla disponibile di nuovo alla colonizzazione ebraica i due ministri del governo Netanyahu che hanno annunciato per il 28 gennaio a Gerusalemme una ampia conferenza su questo tema ormai parte del dibattito politico in Israele. Haim Katz, ministro del Turismo, e Miki Zohar, ministro dello Sport e della Cultura, entrambi del partito Likud del primo ministro, affermano che solo la colonizzazione di Gaza potrà impedire altri attacchi come quello fatto il 7 ottobre da Hamas nel sud di Israele e la creazione di uno Stato palestinese. L’iniziativa non è del governo, ma i suoi promotori sono dei ministri e ciò illustra bene i desideri che animano la maggioranza di destra. Alla conferenza prenderanno parte altri esponenti del Likud, ministri e deputati di Potere ebraico e Sionismo religioso e naturalmente i leader di organizzazioni dei coloni e del Movimento per gli insediamenti ebraici «Nachala».

Khan Yunis resta accerchiata dall’esercito israeliano. I carri armati hanno isolato l’ospedale Nasser e la sede della Mezzaluna Rossa, un edificio di otto piani in cui si trovano migliaia di sfollati. La strage continua. Tra i 210 morti in 24 ore – in totale dal 7 ottobre sono 25.700 – e circa 400 feriti riferiti dal ministero della Sanità a Gaza, c’è anche l’accademico Fadel Abu Hein, docente da oltre venti anni di psicologia all’Università Al-Aqsa, colpito a morte da un cecchino. Abu Hein era considerato un esperto nel trattamento dei traumi mentali derivanti dalla guerra, specie nei bambini. Israele ha ucciso almeno 94 accademici a Gaza, denunciano i palestinesi.

 

SPARI SU ABITANTI DEL NORD DI GAZA IN ATTESA DI AIUTI UMANITARI
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I reparti corazzati avanzano lungo la strada al-Bahar e hanno bloccato la via di fuga da Khan Yunis verso l’autostrada costiera del Mediterraneo. Per chi fugge verso Rafah a bordo di auto, su carretti o a piedi è un ulteriore ostacolo considerando che la superstrada all’interno, la Salah Edin, è gravemente danneggiata e bloccata in molti punti da terrapieni alzati dai militari israeliani. Tanti, perciò, scelgono di attraversano la campagna esponendosi a rischi enormi. I combattimenti infatti sono intensi.

I militanti di Hamas e di altre formazioni armate, vendono cara la pelle impegnando i soldati in scontri a fuoco incessanti nelle strade di Khan Yunis e in altre zone. Israele afferma di aver ucciso un centinaio di palestinesi armati. Hamas da parte sua sostiene di aver causato altre perdite agli israeliani. Ieri, riferivano alcune agenzie di stampa, si è svolta una manifestazione a Deir al Balah di palestinesi che chiedevano la fine della guerra a Gaza anche con la restituzione degli ostaggi israeliani. Non è chiaro però se la loro iniziativa sia stata anche una contestazione di Hamas, come hanno riportato i media israeliani.

Sempre ieri 16 organizzazioni internazionali umanitarie e per i diritti umani – tra cui Amnesty, Oxfam, Save the Children, Norwegian Refugee Council – hanno lanciato un appello congiunto contro l’invio di armi a Israele e ai gruppi armati palestinesi e per un cessate il fuoco generale immediato e definitivo a Gaza.
VIDEO: SFOLLATI PALESTINESI FUGGONO DA KHAN YUNIS
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Invece è lontana persino una tregua umanitaria a tempo determinato con uno scambio tra ostaggi israeliani a Gaza e detenuti politici palestinesi in carcere in Israele. Negli ultimi due-tre giorni sono circolate indiscrezioni su intese mediate da Usa, Egitto e Qatar ma di concreto non c’è nulla. Hamas insiste sulla proclamazione di un cessate il fuoco permanente come base di qualsiasi negoziato per uno scambio di prigionieri. La portavoce del governo Netanyahu, Ilana Stein, è stata perentoria quando ieri ha affermato che «non ci sarà alcun cessate il fuoco e Israele non rinuncerà alla distruzione di Hamas, alla restituzione di tutti gli ostaggi e non ci sarà alcuna minaccia alla sicurezza da Gaza verso Israele». L’Amministrazione Biden, avvicinandosi alle posizioni del premier israeliano Netanyahu, afferma che il futuro governo di Gaza non dovrà includere alcun leader di Hamas. Il movimento islamico replica che gli Stati uniti o a chiunque altro non potrà «imporre un mandato al nostro popolo libero».
ISRAELIANI CERCANO DI IMPEDIRE L’INGRESSO DI AIUTI UMANITARI A GAZA
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Ieri si sono svolti in tutto Israele picchetti di famigliari e e sostenitori degli oltre 130 ostaggi. Al valico di Kerem Shalom tra Egitto, Gaza e Israele, decine di israeliani hanno provato a bloccare i camion con gli aiuti umanitari per la popolazione palestinese affermando che occorre impedire l’ingresso di ogni fornitura sino a quando non saranno liberati gli ostaggi.
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