F-35, nessun taglio


Lorenzo Montanaro - Famiglia Cristiana


Il Governo si fa beffe del Parlamento. Neppure un euro tolto al budget. La mozione del Parlamento, che nel 2014 chiedeva il dimezzamento, è stata aggirata.


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L’orrore degli attentati di Parigi ha riportato drammaticamente in primo piano il tema della sicurezza nazionale e internazionale. C’è chi pensa che per contrastare il terrorismo serva un massiccio intervento militare e chi, al contrario, ritiene che le armi non siano mai una soluzione.

Da un lato la logica della paura. Dall’altro la constatazione di quanto devastanti siano stati, nel tempo, gli effetti di una politica che pretenderebbe di esportare la democrazia a suon di bombe o di creare pace armando Stati e fazioni.

È in questo clima funesto che si riaccende, ancora una volta, il dibattito sui cacciabombardieri d’attacco F-35. Stando ai dati numerici (e salvo improvvisi colpi di scena) il programma dei tanto discussi velivoli non verrà tagliato di un centesimo, nonostante una mozione approvata dal Parlamento nell’autunno 2014 ne avesse espressamente chiesto il dimezzamento.

Il sospetto di una gattopardesca strategia della contraddizione, stile “bisogna che tutto cambi perché tutto resti com’è” gli analisti della Rete Italiana Disarmo lo avevano da tempo. Già il Documento di Programmazione Pluriennale presentato la scorsa primavera faceva presagire l’intenzione di lasciar tutto immutato.

Ora, i documenti allegati alle proposta di Legge di Bilancio dello Stato sembrano escludere definitivamente qualunque ipotesi di taglio.
Per farsi un’idea basta guardare la “tabella 11” sullo stato di attuazione dei programmi di difesa. Lo stanziamento complessivo per gli F-35 resta del tutto uguale a quello previsto negli anni scorsi: circa 10 miliardi di euro fino al 2027 (dato sicuramente sottostimato rispetto al costo effettivo del programma).

Com’è possibile che le indicazioni parlamentari siano state così palesemente ignorate? La mozione “taglia-aerei” afferma che il dimezzamento del budget finanziario si deve realizzare «tenendo conto dei ritorni economici e di carattere industriale da esso derivanti». Affermazione, quest’ultima, che rischia di lasciare notevole spazio di manovra ai sostenitori dei caccia.

Ma la Rete Disarmo smonta anche la tesi del ritorno economico. «Dagli stessi dati ufficiali della Tabella 11», scrive il coordinatore Francesco Vignarca, «si evince che per il 2014 oltre il 90% dei soldi spesi dallo Stato italiano sono finiti all’estero. Senza che i contratti stipulati dalle aziende italiane siano minimamente cresciuti proporzionalmente. Lo dimostrano anche le recenti notizie di produzioni estere per parti importanti degli aerei italiani. Altro che “produzione completa” in casa».

Insomma, sui sistemi d’arma la politica non lesina investimenti, anche a lungo termine. Ben diverso il quadro per quanto riguarda i progetti di intervento sociale, come il servizio civile. Questa istituzione sta faticosamente riemergendo da una stagione durissima, nella quale i fondi erano talmente scarsi da metterne in discussione la stessa sopravvivenza. Non si può negare che negli ultimi due anni ci sia stato un sostanziale cambio di rotta. Per il 2016, i 100 milioni aggiuntivi più volte promessi dal premier Renzi (dei quali non si trovava traccia nella Legge di Stabilità) sono stati inseriti in extremis in un decreto legge.

Il provvedimento (che porta lo stanziamento complessivo a 215 milioni) dovrebbe garantire, per il prossimo anno, la presenza di circa 40.000 volontari. L’obiettivo del Servizio Civile Universale aperto a 100.000 giovani nel 2017 (altra promessa del Premier) resta però ancora lontano. In mancanza di un piano a lungo termine, gli enti e i giovani coinvolti continuano a progettare il loro futuro “navigando a vista”. E trattenendo ogni anno il respiro.

Fonte: www.famigliacristiana.it

17 novembre 2015

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