Darfur. Il fantasma di un conflitto mai finito


Federica Iezzi - Nena News


Il 2015 segna una nuova fase del genocidio in atto in Sudan: l’attuale presidente del Sudan, e la sua nuova milizia janjaweed continuano a spargere sangue.


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Le Forze Armate Sudanesi hanno ripreso del controllo delle zone di al-Qneziah e Oanagarto, nel sud Kordofan. Aree nelle mani del Movimento di Liberazione Popolare del Sudan-Nord dal 2011. Allontanato anche l’Esercito popolare di Liberazione del Sudan, fazione guidata da Minni Minnawi e Abdel Wahid El Nur, dalle regioni di Abu-Liha e Abu-Qamra, nel nord Darfur.

La guerra genocida che ha già causato la morte di circa 400.000 persone, e quasi tre milioni di sfollati, è testimone di una fase nuova e devastante, per il popolo del Darfur, del sud Kordofan e del Blue Nile. Dal 31 ottobre scorso, inizia l’ingresso delle forze sudanesi nella città di Tabit, nel nord Darfur. Dapprima il governo di al-Bashir, impedisce all’UNAMID (Missione di pace dell’ONU e dell’Unione Africana in Darfur), di accedere alla città. In seguito all’ingresso in Darfur dei peacekeeper, le forze di sicurezza sudanesi hanno compromesso l’integrità di ogni indagine.

Negli ultimi dieci anni, i movimenti ribelli armati sono stati paradossalmente l’unica tutela alla popolazione del Darfur, dopo i miseri fallimenti di protezione dell’UNAMID. Gli assalti di sanguinarie milizie nella regione occidentale del Sudan, sono ripresi nel febbraio 2014. I miliziani delle Rapid Support Forces, arruolati dal governo sudanese di Omar al-Bashir, come successe per i janjaweed nel conflitto del 2003, attaccano prevalentemente contadini e profughi, bruciando case e negozi, saccheggiando bestiame, uccidendo civili, derubando in decine di villaggi e danneggiando scuole, moschee, chiese e ospedali.

Dallo scorso mese, l’esercito sudanese sta lavorato direttamente, con offensive su larga scala, contro le postazioni dei ribelli in Darfur. Ricco di petrolio, oro e minerali, il Darfur ha sempre rappresentato una ricca risorsa per l’avido governo di al-Bashir. Fascicoli alla Corte Penale Internazionale con il nome del presidente sudanese, accusano il governo  di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, in relazione alle crudeltà consumate in Darfur. Per ora tutte le inchieste sono state sospese. E ridurre il numero dei caschi blu presenti in Darfur, sembra essere la prossima mossa delle Nazioni Unite, in seguito alle pressioni esercitate da parte del governo del Sudan. Il tutto quando mancano poco più di quattro mesi alle nuove elezioni presidenziali.

Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari in Sudan, un notevole incremento di nuovi sfollati sta segnando il Darfur. Le statistiche di fine anno delle Nazioni Unite indicano circa 400.000 nuovi sfollati nella regione del Sudan dell’ovest, per un totale di 2,3 milioni di sfollati in tutto il paese e 6,9 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria. Negli ultimi cinque mesi è aumentato il numero complessivo di bombardamenti aerei da parte delle forze governative del Sudan, con il risultato di 3.324 villaggi distrutti in Darfur.

Intanto continuano gli scontri tra forze sudanesi e movimenti armati ribelli nei villaggi dell’area di Um Baru e nell’area di Jebel Marra, nel Darfur settentrionale; nei villaggi delle Nuba mountain del Kordofan meridionale. Il numero di sfollati cresce nel campo di Nierteti, zona del Darfur centrale. Nelle ultime settimane 115 villaggi evacuati, perchè rasi al suolo, nella zona.

I rifugiati rimangono intrappolati, ancora totalmente dipendenti dagli aiuti internazionali per la loro sopravvivenza, dove mancano tuttora corridoi umanitari.

Fonte: http://nena-news.it

29 gennaio 2015

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