Con 50mila euro si parte per uccidere i pirati


Alessandro De Pascale


Un faccendiere russo sostiene di organizzare viaggi per chi vuole sparare ai bucanieri somali: «Volo privato da Mosca per 10 persone. Userete armi automatiche».


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Con 50mila euro si parte per uccidere i pirati

Destinazione, Oceano Indiano. Obiettivo della missione, andare a sparare ai pirati somali. Costo, 50mila euro a persona, posti limitati. «Si parte da Mosca, con un jet privato», spiega subito l’uomo, che chiameremo Gavril. Anche perché non dice mai il suo vero nome, meno che mai il cognome. Con lui parliamo al telefono, un numero di cellulare russo che ci ha fornito una fonte militare. È un faccendiere che sostiene di essere un ex membro delle forze speciali russe. È lui che assicura di organizzare questi viaggi molto particolari. Delle vacanze con il morto. Vero, come le armi che vengono fornite ai turisti “sparatutto”. «L’atterraggio è invece previsto a Gibuti», uno Stato dell’Africa orientale considerato un paradiso fiscale, all’estremità meridionale del Mar Rosso, presso lo stretto di Bab el-Mandeb, la cui omonima capitale (che gode di uno status autonomo ed è dotata di un grande porto), dista appena 40 chilometri dal confine somalo e quindi dal Golfo di Aden, infestato dai pirati.
 
Il pagamento, continua l’uomo, deve essere effettuato proprio su un conto cifrato di una banca che si trova a Gibuti, una città di meno di mezzo milione di abitanti. Tra le altre cose, capitale di un Paese inserito dall’Italia fin dal 1999 nella “lista nera”. Che elenca tutti gli Stati con i quali sono stati limitati i rapporti economico-commerciali che si intrattengono tra le aziende italiane ed i soggetti locali. Il tutto, a causa del regime fiscale privilegiato in vigore in queste nazioni. «Una volta atterrati a Gibuti, penseremo a tutto noi», continua Gavril. «Al momento opportuno, nel giro di 24 ore, un motoscafo vi porterà sulla nave che è ancorata in acque internazionali». Sembra la descrizione di una spy story, tratta dalla migliore letteratura di spionaggio. Eppure, almeno a quanto dice questo faccendiere, in questo caso è tutto vero.
 
A partire dal mezzo milione di euro che Gavril incassa per ogni viaggio (50mila euro a testa per 10 partecipanti). «Abbiamo appena concluso il primo viaggio e non c’è nessun pericolo, sia perché paghiamo le autorità locali, sia per la presenza a bordo di ex militari, dalla grande esperienza, che garantiranno la vostra sicurezza», prova a rassicurarci Gavril. A questo punto chiediamo cosa faremo una volta a bordo. «Attraverseremo il Golfo di Aden al limite delle acqua territoriali somale, infestate dai pirati, facendo da esca in attesa del loro attacco», spiega l’uomo. L’assalto dei bucanieri del ventunesimo secolo è quasi certo. «Arriveranno al massimo in un giorno di navigazione, sparandoci addosso».
 
Nei primi sei mesi del 2011, le navi assaltate sono state 266, 70 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (nel 2010 erano 221, nel 2009 poco meno, 209). I dati sono dell’International Maritime Bureau (Imb) della Camera di commercio internazionale (Icc). Ultimamente è stato quindi registrato un preoccupante aumento, nonostante la presenza fissa delle navi della Nato, di quelle della marina militare di altri Paesi e delle scorte armate, con contractor privati, autorizzate da Cina, Danimarca, Norvegia e Spagna. Mentre Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti stanno pensando di farlo. Segno che la risposta militare internazionale, per ora non ha dato i risultati attesi. Del resto nel Golfo di Aden passano le merci di mezzo mondo, le rotte che dall’Asia portano sulla costa occidentale delle Americhe e soprattutto in Europa, visto questo mare è la porta del Mar Rosso che sale al canale di Suez (dove l’Egitto ha appena deciso di consentire il transito alle navi con scorte armate a bordo).
 
Soltanto le unità commerciali italiane che attraversano quell’area sono 2.000 l’anno. Tanto che il ministero della Difesa e Confitarma (la confederazione degli armatori italiani), l’11 ottobre scorso hanno firmato un accordo che autorizza l’imbarco sulle nostre navi commerciali delle squadre di protezione della Marina italiana. Nelle mani dei pirati tuttora ci sono 20 navi e un centinaio di marinai presi in ostaggio. Tra loro anche la petroliera Savina Caylyn con a bordo cinque italiani e 17 marinai indiani. Mentre la Rosalia D’Amato, il cargo carico di soia degli armatori napoletani Perseveranza spa, attaccato il 21 aprile scorso al largo dell’Oman e con sei italiani a bordo, è stato rilasciato il 25 novembre dopo sette mesi di prigionia e il pagamento di riscatto, si dice pari a 600mila dollari. Proprio per questo fiume di denaro che arriva ai bucanieri, gli assalti non si fermano.
 
Continuamente vengono assaltate o prese in ostaggio nuove navi. «Non appena li avvisteremo – continua il faccendiere che organizza questi viaggi – ognuno di voi potrà utilizzare una delle postazioni, alcune dotate di mitra, altre con fucili di precisione. È come in un videogioco – aggiunge con estremo cinismo – in stile “sparatutto”». Gli chiediamo cosa succede se i partecipanti non riescono a respingere il barchino con i pirati a bordo. «Non c’è problema – ci rassicura subito Gavril – il personale a bordo è ben addestrato e in grado di affondare in qualsiasi momento la barca dei bucanieri con razzi e armi anticarro». L’uomo sembra non farsi alcuno scrupolo della vita umana, visto che parla senza problemi di colpire e affondare barche con a bordo esseri umani. Sembra davvero che si riferisca ad un videogioco. Ma purtroppo, in questo caso, si tratta di una “sparatutto” e di conflitti a fuoco reali.
 
Gli chiediamo anche se c’è il rischio di venire fermati, e quindi di rischiare l’arresto, da parte delle navi militari che solcano ogni giorno il Golfo di Aden e più in generale, quella parte di Oceano Indiano. La risposta, ci lascia senza parole. «Da diversi mesi di fronte alla Somalia c’è un’unità della Cia e un rimorchiatore dei servizi segreti francesi». Secondo l’ex militare «fanno uscire allo scoperto i bucanieri e li eliminano, perché nessun Paese vuole realmente arrestarli e portarseli in patria. Meglio ammazzarli, del resto sono banditi senza scrupoli che hanno spillato ai governi di mezzo mondo un mare di quattrini». In sostanza, l’uomo ci parla di altre navi che fanno da esca, per poi uccidere i pirati. Impossibile verificare quanto dice, compreso se realmente è stato già effettuato il primo viaggio per ricchi disposti a pagare per andare nell’Oceano Indiano a sparare ai pirati.
 
Tuttavia, la presenza nel Golfo di Aden, come del resto in Somalia, dei servizi segreti occidentali è cosa nota. Quello che invece resta senza risposta è come faccia una società ad organizzare, senza problemi, trasferte di morte a scopo di lucro come queste. Inoltre l’uomo non specifica se la nave utilizzata sia stata affittata o acquistata proprio a questo scopo. Perché l’intera operazione potrebbe anche essere condotta su unità commerciali alle quali la società in questione offre la scorta armata alla quale si aggiungono altre 10 facoltose persone.

Fonte: Terranews.it

16 dicembre 2011

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