Clinton: “In Libia si rischia il bis della Somalia”


lastampa.it


Il Pentagono posiziona 1200 marines al largo delle coste di Tripoli ponendo le premesse di una possibile operazione umanitaria sotto l’egida dell’Onu. L’ipotesi di imporre una “no fly zone” è invece “lontana”.


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Clinton: "In Libia si rischia il bis della Somalia"

Hillary Clinton teme che la Libia possa diventare una «gigantesca Somalia» e il Pentagono posiziona 1200 marines al largo delle coste di Tripoli ponendo le premesse di una possibile operazione umanitaria sotto l’egida dell’Onu che appare più verosimile dell’imposizione di una zona di interdizione al volo. «La nostra maggiore preoccupazione è che la Libia precipiti nel caos» dichiara il Segretario di Stato al Congresso, spiegando che «potrebbe diventare una gigantesca Somalia» fonte di grave instabilità nel bel mezzo del Mediterraneo. In particolare il timore riguarda la Cirenaica perché «molti militanti di Al Qaeda catturati in Afghanistan e in Iraq venivano dalla Libia orientale» che è proprio la zona in mano ai ribelli, priva di ogni controllo governativo. La sovrapposizione fra sofferenze dei civili e rischi di santuari per il terrorismo porta Hillary a dire che «il focus in questo momento è porre fine agli abusi del regime di Gheddafi con un’operazione umanitaria».

L’ipotesi di imporre una «no fly zone» è invece «lontana» secondo Hillary e a spiegare il perché è Robert Gates, capo del Pentagono, secondo cui «per realizzarla bisognerebbe lanciare un attacco militare al fine di neutralizzare le difese antiaeree libiche e ciò significherebbe un’azione di guerra» che l’amministrazione Obama esita a prendere in considerazione sebbene al Congresso di Washington abbia molti sostenitori, a cominciare dal presidente della commissione Esteri del Senato, John Kerry. Proprio l’intervento umanitario sarà oggi in agenda nella riunione a Bruxelles fra gli ambasciatori della Nato, chiamati a discutere anche l’applicazione delle sanzioni Onu e l’ipotesi della zona di non sorvolo sostenuta da Londra. La Lega Araba avanza una propria formula di «no fly zone» suggerendo che potrebbe essere realizzata «assieme all’Unione Africana» escludendo così il coinvolgimento di Paesi occidentali.

Ad avvalorare lo scenario dell’operazione umanitaria è la decisione del Pentagono di posizionare davanti alla Libia la Uss Ponce e la Uss Keasarge, con a bordo un totale di 800 marines a cui se ne aggiungeranno altri 400 elitrasportati. Si tratta di un contingente leggero che, sostenuto dagli elicotteri della Uss Keasarge, è potenzialmente in grado di condurre un’azione limitata se l’Onu dovesse autorizzarla. È guardando a tale possibile scenario che Pentagono e intelligence stanno raccogliendo informazioni sulle forze fedeli al colonnello Gheddafi. Da quanto trapela si tratterebbe di 10-12 mila uomini, inquadrati nelle unità speciali agli ordini del figlio Khamis, a cui rispondono anche i commando della «Legione islamica» composta da africani del Sahel, una cinquantina di carri russi T-54 e T-55, e 24 pezzi di artiglieria pesante.

«Fra questi contingenti non vi sono state defezioni e ciò assicura la sopravvivenza del regime» spiega Jon Alterman, direttore per il Medio Oriente al Centro di studi strategici e internazionali di Washington (Csis), secondo il quale «avendo a disposizione grandi quantità di liquidi Gheddafi può facilmente reclutare volontari in nazioni come il Ciad o fra i tuareg». L’altro elemento all’attenzione del Pentagono è la spaccatura fra le diverse anime della rivolta: i leader di Bengasi infatti avrebbero già registrato tensioni con quelli di Misurata sulle strategie da seguire per arrivare a rovesciare Gheddafi.

Fonte: www.lastampa.it

3 marzo 2011

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