C’è chi sta peggio di noi!


La redazione


Paura a Lesbo per l’arrivo del Coronavirus. Nei campi neanche l’acqua per lavarsi. La tensione è altissima. Tra operatori umanitari e volontari si respira paura. Raccolta fondi della Caritas Ambrosiana.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
LESBO

A Lesbo si è registrato il primo caso ufficiale di Coronavirus: si tratta di una greca di 40 anni, impiegata in un negozio di alimentari, che avrebbe visitato Israele ed Egitto lo scorso mese durante un pellegrinaggio. Al momento ricoverata in terapia intensiva all’ospedale del capoluogo Mytilene, la donna ha anche due bambini, che oggi non sono andati a scuola per prudenza.

La notizia ha messo in allarme le organizzazioni umanitarie presenti sull’isola, che temono gli effetti devastanti di una eventuale epidemia in un campo sovraffollato come quello di Moria, dove ventimila migranti languiscono in condizioni igieniche disastrose e senza il necessario supporto medico.

In una tendopoli dove manca non soltanto il sapone ma anche l’acqua per lavarsi, immaginare di mettersi le mascherine sul viso per proteggersi è un’utopia, per non parlare del sovraffollamento nell’hot spot e sulle colline circostanti, dove gli assembramenti sono la norma, o delle tende in cui si rifugiano in troppi, focolai perfetti per la diffusione del virus.

Sempre a causa dell’aumento dei casi di persone positive al Covid-19 in Italia e alle conseguenti misure messe in atto dal governo, proprio in queste ore molti operatori umanitari italiani si stanno interrogando sull’opportunità di andare a Lesbo per portare aiuti: il rischio di diventare “untori” involontari è infatti molto alto, soprattutto in presenza di così tanti casi vulnerabili. Per lo stesso motivo, ancora non è chiaro se verrà confermata la grande manifestazione antifascista convocata sull’isola per sabato 14 marzo. All’orizzonte si profila una potenziale catastrofe sanitaria, che andrebbe ad aggiungersi alla già terribile situazione dei migranti, schiacciati da un ulteriore giro di vite del governo greco, che dall’1 marzo ha deciso di non accettare più richieste d’asilo per almeno un mese, senza riguardo per la Convenzione di Ginevra e la Dichiarazione universale dei diritti umani.

La tensione al campo di Moria è sempre altissima: ieri notte c’è stata una rissa che ha coinvolto almeno trenta persone e solo due giorni fa la scuola dell’ong svizzera One Happy Family, un centro che ogni giorno accoglieva fino a 800 migranti, è andata completamente distrutta in un incendio, probabilmente doloso. ( VEDI LE FOTO)

Un ennesimo attacco al lavoro paziente e indispensabile delle organizzazioni umanitarie e degli attivisti, da giorni sotto l’attacco degli estremisti di Alba Dorada, aiutati anche da neofascisti infiltrati da altri paesi.

Intanto sulla frontiera interna si susseguono gli scontri fra la polizia e migliaia di persone che premono per riuscire a entrare in Grecia, spinti sul confine di terra dal presidente turco Erdogan, che tiene sotto pressione l’Europa con la minaccia di nuove ondate di profughi pronte a riprendere la Balkan Route.

Dal fiume Evros continuano ad arrivare immagini di persone denudate, picchiate selvaggiamente e respinte senza pietà con i gas lacrimogeni e i morti accertati sono ormai due. Dopo il ragazzo siriano della settimana scorsa, è stata infatti confermata la morte di Muhamad Gulzar, ucciso il 4 marzo dalla polizia greca mentre tentava di attraversare il confine vicino a Kastanies. Secondo le testimonianze, Muhammad dalla Grecia era andato in Pakistan per sposarsi e voleva approfittare dell’apertura del confine turco per tornare.

Il Manifesto

10 marzo

 

*****

 

Di fronte alla disastrosa situazione umanitaria del campo di Moria, i due spazi gestiti dagli attivisti di Lesvos Solidarity, PIKPA Camp e Mosaik Support Center, rappresentano delle oasi in cui negli ultimi anni le oltre 30.000 persone transitate hanno trovato rifugio, servizi dedicati, un approccio umano e spazi di protagonismo.

Orgogliosamente indipendente da qualsiasi forma di finanziamento pubblico o di grandi enti istituzionali, l’organizzazione nata a partire dall’occupazione di uno spazio abbandonato alle porte di Mitilene promuove un modello fortemente alternativo di accoglienza, contro le logiche di isolamento e militarizzazione.

Il PIKPA Camp, l’unico spazio di accoglienza autogestito sull’isola, ospita un centinaio di persone e prosegue la sua storia di auto-organizzazione nonostante le minacce di sgombero e le pressioni politiche che ne vorrebbero la chiusura.


La stessa organizzazione ha poi aperto il Mosaik Support Center, dove si organizzano corsi di lingua che offrono strumenti di integrazione ai rifugiati e che è aperto a qualunque persona della comunità locale.

 

Link utili:
- www.lesvossolidarity.orgPagina FB
- www.lesvossolidarityshop.orgPagina FB
- www.lesvosmosaik.orgPagina FB

******

In seguito alla nuova crisi dei migranti sul confine tra Turchia e Grecia, Caritas Ambrosiana lancia una raccolta fondi per aiutare Caritas Hellas ad affrontare la nuova emergenza e sostenere i partner presenti nei paesi lungo la rotta balcanica, con particolare riferimento alla Bosnia, anche in previsione di nuovi arrivi.

Secondo il ministro dell’Interno greco, sono 39.446 i migranti presenti nelle isole dell’Egeo, mentre i centri di accoglienza hanno una capacità di 6.178 posti.

In questo contesto Caritas Hellas sta moltiplicando gli sforzi per assicurare cibo, favorire l’accesso alle cure mediche, garantire sostegno psicosociale nell’isola di Lesbo, dove è concentrata la maggioranza dei migranti e nelle altre isole dell’Egeo, in particolare Chios dove, per sopperire alla mancanza di ambulanze, ogni giorno gli operatori della Caritas accompagnano i rifugiati che hanno bisogno all’ospedale locale. “Ma la nuova crisi dei migranti rischia di coinvolgere anche gli altri Paesi lungo la rotta balcanica – constata Caritas ambrosiana  -.

Nonostante i governi abbiano rafforzato i controlli alle frontiere, gli operatori sul campo prevedono che i migranti passeranno lo stesso riversandosi nei campi profughi nati in occasione della prima ondata migratoria avvenuta subito dopo la guerra in Siria”.

Perciò Caritas ambrosiana ha deciso di promuovere per Pasqua la distribuzione di 700 kit di aiuto ai minori che vivono nei campi profughi Sedra e Bira a Bihac, in Bosnia.

“In questo momento dobbiamo aiutare i nostri colleghi greci che sono in prima linea ad affrontare la nuova emergenza. Ma dobbiamo anche sostenere i nostri partner locali nei Paesi balcanici che sono già alle prese con una difficile situazione in campi profughi allestiti anni fa e dove le condizioni di vita si fanno sempre più difficili”, sostiene Sergio Malacrida, responsabile per Caritas ambrosiana dei progetti nell’Est Europa. “La risposta peggiore che possiamo avere, in questi giorni difficili in cui il nostro Paese è alle prese con uno sforzo straordinario per arginare la diffusione del coronavirus – prosegue -, sarebbe l’indifferenza verso le sofferenze intorno a noi. Possiamo reagire a questo momento evitando di concentrarci solo su noi stessi e pensando anche al dolore altrui decidendo di farci prossimi a chi continua a scappare da guerre e fame”.

Agensir

10 marzo 2020

 

 

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+