Camminare è pensare!


Bruna Peyrot, Reporter di pace


“La Marcia unita alla Pace crea un binomio energetico che rinnova, che mobilita, che riaccende la speranza di un andare verso un progetto di convivenza più civile, più rispettoso, più legale”.


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Camminare è pensare!

La Marcia è stato solo un momento in una catena d’impegno civico che dalla militanza individuale quotidiana di “prima” si riversa in quella di “dopo” questo evento di gioia e visibilità collettiva. La camminata era stata anche preceduta dal Forum della Pace (14 e 15 maggio) a Perugia, con oltre cinquemila fra giovani, gruppi, associazioni, amministratori e giornalisti, venuti da ogni parte d’Italia.  Durante il Forum altri due incontri importanti: il Meeting nazionale dei giovani per la pace e il Meeting nazionale delle scuole di pace che erano 140 di ogni ordine e grado. L’idea era di capire cosa significa “far pace” e anche “con chi”. Fare pace con: la Costituzione, la Scuola, la Tv che distrugge la sera ciò che la scuola costruisce al mattino!, l’ Africa, la Legalità e la giustizia, l’Afganistan, l’Iran, con la Terra Madre, con la Politica, a Gerusalemme, con gli Immigrati, con i poveri, con il Lavoro e con l’Informazione e la Cultura. Quattordici percorsi proposti con sette Piazze di riferimento, che per un giorno cambiano nome e diventano “Le sette piazze dei Valori” : non violenza, giustizia, libertà, diritti umani, pace, responsabilità, speranza.  In ogni piazza un laboratorio propone studio e animazione sul proprio “valore”: una grande esperienza didattica che ogni partecipante può portare a casa come buona pratica scolastica e di convivenza civile. La Marcia conclude queste giornate di studio, confronto, pensieri legati a esperienze spesso difficili, dall’Africa all’Europa dell’est, dal Medio Oriente all’America latina….
Camminare è pensare. Lo dicono gli alpinisti, gli yogi, i monaci, gli psicologi  e gli psicanalisti. Duccio Demetrio ha scritto un libro: “La filosofia del camminare”, con un sottotitolo altrettanto significativo: “Esercizi di meditazione mediterranea”. Ci sembra che più che sulla parola Marcia(che, diciamolo, contiene anche un poco di militaresco!) è sul camminare che bisognerebbe riflettere.  Questa azione implica moltissime cose, prima fra tutte una diversa percezione della natura e delle cose che ci circondano. Fate la prova, anche da soli, a casa, nella vostra città o nel vostro paese. L’osservazione è diversa: sembra quasi di recuperare una genealogia del pensiero che riporta all’incanto infantile. Anche quando si cammina in fretta, spesso l’occhio è attratto da un colore, un gesto, una scena e l’odorato da un profumo particolare di un passante, di un’immondizia abbandonata, di una fragranza che esce da un caffè… ma il camminare evoca anche il nomadismo, altri destini possibili, altre possibilità di vita. Il camminare dentro la Marcia per la pace ha almeno per un attimo evocato tutto questo., imponendoci anche di prendere strade secondarie, sperimentare vie laterali, incontrare con il nostro corpo la terra (e il mal di piedi che fa sentire la fatica della vita agreste), l’acqua (quanta acqua la pioggia ci ha regalato!), il fuoco (la passione dei valori per i quali si marciava) e l’aria (che belli i colori che sventolavano dai gonfaloni delle città agli impermeabili colorati)…

La Marcia unita alla Pace crea un binomio energetico che rinnova, che mobilita, che riaccende la speranza di un andare verso un progetto di convivenza più civile, più rispettoso, più legale. Come in molti hanno ricordato, la pace non è assenza di guerra ma una visione del mondo e della nostra singola esistenza, una sfida a risolvere i conflitti in modo non violento. E questo non accade o si celebra solo in una Marcia e in una giornata: deve essere esercizio di tutti i giorni, come una medicina positiva che guarisce i nostri comportamenti malati o viziati. Ogni giorno, là dove siamo, è importante chiederci cosa significa pace. Fra le risposte che  i “marciatori” ci davano, una è stata particolarmente incisiva: pace è una canzone d’amore! Non partiti dell’amore, ma gesti di accoglienza, leggi ispirate alla solidarietà e frontiere aperte a tante culture. Utopia? Forse, ma i veri cambiamenti sono sempre cominciati con piccoli sogni…

di Bruna Peyrot, Reporter di pace

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