Bulldozer impazzito a Gerusalemme. La polizia parla di attentato


Paola Caridi - invisiblearabs.com


Ancora scontri e tensioni a Gerusalemme. Quattro morti, tra cui il guidatore dell’automezzo, e oltre venti feriti nel pieno centro della città.


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Bulldozer impazzito a Gerusalemme. La polizia parla di attentato

GERUSALEMME – È da poco passato mezzogiorno di un normale giorno feriale. Il mercato di Mahane Yehuda è pieno di gente intenta a far la spesa, in uno dei quartieri più popolari di Gerusalemme ovest. A poca distanza, un bulldozer lascia il cantiere dov’è in costruzione un grande magazzino. Niente di strano: in questi ultimi mesi, la città è piena di cantieri a cielo aperto. Proprio su Jaffa street, una delle strade principali di Gerusalemme ovest su cui s’affaccia il mercato, proseguono i lavori per la costruzione di una discussa linea tramvaria che dovrebbe attraversare tutta la città.
Il bulldozer, però, accelera e comincia la sua folle corsa. Come birilli, vengono travolte macchine, pedoni, e un autobus di linea, che si piega su di un lato. Sino a che un soldato in licenza non riesce a salire sul bulldozer, e uccide il guidatore, un palestinese di un paesino nella parte orientale della città, direzione Betlemme.
Una Gerusalemme sonnolenta, avvolta da un pesante caldo estivo, si sveglia di colpo. La corsa del bulldozer impazzito viene definita dalla polizia “attentato terroristico”. Quattro i morti, tre tra la gente e il guidatore dell’automezzo. Decine i feriti: 22 trasportati in ospedale, due in condizioni gravi. Passano poche ore, e arriva la rivendicazione: di nuovo le brigate Imad Mughniya della Galilea libera, un’organizzazione dai contorni ancora oscuri, da poco salita alla ribalta. Prima con la sparatoria del marzo scorso dentro una yeshiva, una scuola religiosa frequentata soprattutto da coloni, sempre a Gerusalemme, in cui rimasero uccisi otto studenti. Poi, sempre a marzo, con un accoltellamento contro un rabbino vicino alla Città Vecchia.
L’attentatore del bulldozer si chiamava Hossam Tayseer Duayat, trent’anni, sposato e padre di due figli. Veniva da Zur Bahar, un centro abitato di Gerusalemme est, e aveva dunque la cosiddetta “blue ID”, la carta d’identità dei palestinesi residenti a Gerusalemme, emessa dalle autorità israeliane. Un elemento, questo, che ha scatenato polemiche accese tra i politici israeliani: immediata la richiesta – su cui si è dichiarato favorevole anche il premier Ehud Olmert – di demolire la casa di Duayat, ma c’è anche chi è andato oltre, chiedendo la deportazione dei suoi famigliari a Gaza.
Dalla Striscia intanto, dove ieri sono entrati i primi rifornimenti di cemento dopo un anno, Hamas ha dichiarato di non saper nulla di quello che è successo a Gerusalemme, ma l’ha comunque definita “una reazione naturale agli atti ostili e al terrorismo di Israele”. Anche la polizia israeliana, a una prima analisi, propende per un atto terroristico “spontaneo”, così come era successo per la sparatoria alla yeshiva. Nonostante questo, c’è chi teme che l’attentato del bulldozer possa influenzare la fragile tregua a Gaza tra Israele e Hamas, che proprio ieri aveva registrato due episodi positivi: la riapertura dei valichi commerciali con Israele, dopo alcuni giorni di sospensione, e più a sud l’apertura di Rafah, per il trasporto di malati dalla Striscia in Egitto, bloccata dopo poche ore per i tafferugli scoppiati tra la folla che premeva per entrare nel Sinai e la polizia egiziana.

Fonte: Lettera22

3 luglio 2008 

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