Bersani in Israele: senza la pace rischiano le primavere arabe


Umberto De Giovannangeli - L'Unità


Il leader Pd ricevuto dal presidente Peres e dal premier Netanyahu come capo di governo. Il ruolo dell’Italia: «Come ogni Paese deve stare dalla parte del dialogo».


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Bersani in Israele: senza la pace rischiano le primavere arabe

La memoria di un passato che non può cadere nell'oblìo. E un presente vissuto «in trincea», tra inquietudini e speranze. Ragione e sentimenti s'intrecciano indissolubilmente nella prima tappa Israele del viaggio in Medio Oriente di Pier Luigi Bersani. La memoria di una immane tragedia collettiva è custodita allo Yad Vashem, il Museo della Shoah che si erge sul monte Herzl, nel cuore della Gerusalemme ebraica. È il primo momento di contatto del leader del Pd con Israele e le sue mai sopite paure. Ciò che prova, Bersani lo scrive all'uscita della parte dello Yad Vashem dedicata ai bambini ebrei, centinaia di migliaia, sterminati nei lager nazisti. «I democratici italiani si inchinano alle vittime innocenti dell'abominio e promettono di coltivarne la memoria», lascia scritto nel libro dei visitatori. Poi a premere è la politica. VISITA IMPEGNATIVA Il segretario del Pd è ricevuto dalle massime autorità dello Stato ebraico: il presidente della Repubblica Shimon Peres e il primo ministro Benyamin Netanyahu, segno tangibile dell'importanza che la leadership israeliana dà al maggior partito dell'opposizione in Italia e al suo leader. «Un trattamento da capo di governo» dice a l'Unità una fonte diplomatica di lungo corso in Israele. La conferma viene dalla durata oltre 45 minuti, molto di più di quanto previsto dal cerimoniale dell'incontro che il leader dei democratici ha con Netanyahu, e dalla vastità degli argomenti trattati sia nel colloquio con il premier che in quello, estremamente cordiale, con Shimon Peres. Fare qualcosa subito, perché il tempo non lavora per la pace. È la consapevolezza che ritorna nelle considerazioni del leader del Pd: Il rischio è l'immobilismo: «Se non si fa un passo avanti avverte il leader democratico – si rischia di farne molti indietro». Per impedire che la primavera mediorientale si trasformi in inverno, il Pd, garantisce Bersani, «solleciterà insieme alle forze progressiste europee un'azione più vigorosa dell'Europa» per un nuovo impulso ai colloqui di pace. E l'Italia deve mettersi a disposizione per favorire questo obiettivo. Essere parte della soluzione e non del problema. Questo, insiste Bersani, dovrebbe essere il ruolo giocato sullo scacchiere mediorientale dal nostro Paese. Così, purtroppo, non è stato con il governo Berlusconi. «Le diplomazie personali possono gratificare un giorno ma non aiutano le soluzioni», rimarca in proposito il leader del Pd. «L'Italia aggiunge – come ogni Paese deve stare dalla parte della soluzione, con equilibrio nel dialogo tra le parti». Essere dalla parte della soluzione, ad esempio, è aver avuto un ruolo trainante nella determinazione della missione Unifil in Sud Libano, cosa di cui Shimon Peres, nell'incontro con Bersani ha dato atto all'Italia, allora guidata da un governo di centrosinistra. Il messaggio Al leader del Pd, l'ottuagenario capo dello Stato israeliano ribadisce che occorre «non scambiare la costruzione di due Stati, per cui continuo a battermi, con l'approvazione di una dichiarazione», implicito riferimento alla prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite. Shimon il sognatore afferma poi che «il nostro contributo per il cambiare in meglio il volto del Medio Oriente è fare la pace con i palestinesi». Una pace, rimarca a sua volta Bersani, fondata su quel principio due popoli, due Stati , che garantisca a Israele la sicurezza e ai palestinesi una patria, con la consapevolezza, ammette il segretario del Pd, che nella complessa vicenda israelo-palestinese «c'è un problema di territori, di sicurezza ma anche di prospettive di garanzia di forme di identità nazionale che siano compatibili con il sistema dei due Stati». Di pace parla anche Benjamin Netanyahu, che a Bersani ripete di essere pronto a «dolorosi sacrifici» pur di raggiungerla, ma che la chiave l'ha in mano Abu Mazen: «Se affermasse pubblicamente, davanti al suo popolo: riconosciamo lo Stato nazionale ebraico dice Netanyahu a Bersani un secondo dopo dichiarerei davanti alla nazione: accetto lo Stato palestinese. Il resto verrebbe di conseguenza». Dopo l'incontro di oggi a Ramallah con il presidente dell'Anp Mahmud Abbas (Abu Mazen), e il primo ministro Salam Fayyad, Bersani farà tappa in altri due Paesi chiave nella regione: Egitto e Libano, dove l'attendono altri incontri con i protagonisti di quella Primavera araba di cui l'Europa, dice il leader del Pd, deve essere sempre più convinta sostenitrice.

Fonte: l'Unità

11 luglio 2011

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