Beirut respira ma la guerra continua


Michaela De Marco


A Beirut le strade, invase da spazzatura e resti di copertoni bruciati, si sono timidamente ripopolate, molte persone in questi giorni le attraversano con addosso bambini e valigie, per sfuggire alle violenze che potrebbero ripetersi.


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Beirut respira ma la guerra continua

La "Parigi del medioriente" s'è pacificata. Ma si tratta di una pace fredda, carica di tensione. Il versante occidentale della capitale, che giovedì scorso i miliziani sciiti di Hizbollah hanno conquistato in poco più di dieci ore, è stato riconsegnato in mano all'esercito. Ma i guerriglieri del Partito di Dio sono ancora lì, ad ogni angolo della strada. E mentre i politici studiano una difficile mediazione, i libanesi piangono i loro 54 morti e si fanno strada tra i rottami.
A Beirut le strade, invase da spazzatura e resti di copertoni bruciati, si sono timidamente ripopolate, molte persone in questi giorni le attraversano con addosso bambini e valigie, per sfuggire alle violenze che potrebbero ripetersi. Centinaia di libanesi sono fuggiti, alcuni si sono radunati ad Arida per tentare la fuga da Nord, altri a Masnaa per tentare quella da Est. Il Ministero dell'Immigrazione siriano ha inoltre annunciato che negli ultimi cinque giorni ben 20mila operai siriani hanno abbandonato il Libano. Molti negozi sono orgogliosamente aperti, ma altri preferiscono mantenere le saracinesche aperte solo a metà. Bande di ragazzi dai quindici ai trentacinque anni si sono raccolti ad ogni incrocio, molti di loro sono armati e s'atteggiano a padroni della città.
Nel frattempo la vita scorre come sempre, le donne escono a fare la spesa, e gli anziani fumano indifferenti la loro pipa d'acqua mentre giocano a carte su marciapiedi cosparsi di vetri spezzati. Le strade sono ancora bloccate da barricate, costruite con inferriate, o semplicemente con cassonetti per la spazzatura rivoltati a terra. Le case portano ancora i segni freschi delle sparatorie e le finestre sono cadute a pezzi. Le vetrine dei negozi sono ancora a terra, ma la mercanzia nessuno l'ha toccata. Beirut si lecca le ferite ma si gode la sua quiete dopo la tempesta. Ma la guerra non è finita, s'è semplicemente spostata altrove. L'offensiva delle milizie dell'opposizione contro i membri della Coalizione "anti-siriana" 14 Marzo non s'è mai fermata. Nella notte tra sabato e domenica a Tripoli, a nord di Beirut, miliziani di Hezbollah e alawiti si son dati battaglia con gli uomini del partito della maggioranza al-Mustaqbal di Saad Hariri, figlio dell'ex premier assassinato nel 2005. E anche questa mattina nuovi violenti scontri hanno scosso la popolazione tripolitana che ha abbandonato la città per mettersi al riparo. Contemporaneamente altre sporadiche battaglie si sono consumate nella valle della Bekaa, inoltre è da ieri che i drusi di Walid Jumblatt, leader del Partito Socialista Progressista, difendono il "loro" Monte Libano dai miliziani sciiti guidati da Hizbollah e da Talal Arslal, storico rivale di Jumblatt e fedele alleato del Partito di Dio. La guerra della montagna ha provocato almeno 36 morti e il collasso delle forze pro-governative nella regione di Aley. Già domenica Jumblatt ha ammesso la perdita del suo "feudo" esortando Talal Arslan a consegnare le sue conquiste nelle mani dell'esercito.
Il segretario della Lega Araba, Amr Moussa, tentarà per l'ennesima volta in pochi mesi di mediare tra le parti, e mercoledì dall'aereoporto internazionale di Beirut, che verrà riaperto dai combattenti di Hizbollah anche se solo temporaneamente, giungeranno i delegati arabi. Ma i libanesi non si illudono certo che l'intervento della Lega possa risollevare le sorti di un Paese al collasso. La carta della mediazione interaraba è già stata giocata innumerevoli volte nel Paese dei Cedri, ma il duro braccio di ferro tra maggioranza e opposizione ha vanificato ogni sforzo. Un compromesso dovrà essere trovato prima che la delegazione atterri a Beirut, il che significa che i leader dovranno confrontarsi con i loro rispettivi "protettori" stranieri: Hizbollah dovrà consultarsi con l'Iran, molti esponenti dell'opposizione dovranno misurarsi con la Siria, Hariri cercherà una mediazione con l'Arabia Saudita e Siniora, con i cristiani e i drusi della Coalizione 14Marzo, dovranno tener conto dell'opinione di Washington. In ballo ci sono troppi interessi e la gente dispera.

di Michaela De Marco, inviata in Libano 

Fonte: Articolo21

13/05/2008

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