Basta con l’austerity o cresceranno le forze xenofobe


Giuseppe De Marzo


La povertà è oggi la più grave malattia del paese. Il rapporto Istat del 2012 non aveva lasciato spazio ad alchimie interpretative. Dieci proposte concrete di Libera e Gruppo Abele per ridare speranza all’Italia.


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La povertà è oggi la più grave malattia del paese. Il rapporto Istat del 2012 non aveva lasciato spazio ad alchimie interpretative: 9,563 milioni di persone in povertà relativa, 4,8 in povertà assoluta. Il rischio di rimanere in condizioni di indigenza per un minore nel nostro paese è tra i più alti d'Europa: 32,3% rispetto al 26% della media del continente, di per se non certo lusinghiera. Il 63% delle famiglie ha ridotto la spesa alimentare; il 40% vive in condizioni di deprivazione materiale. Se sommiamo i 4 milioni di precari e gli otre 3,2 milioni di disoccupati, ci appare evidente come l'Italia stia pagando un prezzo altissimo alla crisi iniziata nel 2007. Il trend è inequivocabile: ogni anno è sempre peggio. Quello appena concluso non è purtroppo servito per fronteggiare le priorità che emergevano lampanti dal rapporto Istat 2012, anzi. I primi dati sul 2013 parlano di un ulteriore peggioramento delle condizioni economico e sociali. Eurostat denuncia come un italiano su tre è a rischio povertà, mentre i minori indigenti sono passati da 723 mila a oltre un milione. La dispersione scolastica ha subito un impennata, arrivando al 18,2% contro il 13,5% della media europea. Dal 2009 al 2013 si sono perse 39500 imprese al sud, dove il livello della ricchezza è sceso al 57% rispetto a quello del nord. Vanno benissimo invece gli affari delle mafie. In un paese così diseguale e precario sono proprie queste a trarre grandi benefici. 54 i clan impegnati in attività di riciclaggio e usura. Anche il nostro territorio viene colpito dalla crisi ed usato in maniera criminale per ottenere profitto a discapito della popolazione e delle generazioni che verranno. Sono 93,5 i crimini ogni giorno contro l'ambiente, aumentati del 170% negli ultimi tre anni, come denuncia l'ultimo rapporto sulle ecomafie di Legambiente. Criminalità organizzata, corruzione e distruzione ambientale si rafforzano a discapito dei diritti, della coesione sociale e della partecipazione dei cittadini, sempre più distanti dalle istituzioni. Una situazione che mette a repentaglio la nostra democrazia. Siamo davanti ad una crisi valoriale, dove la morsa del darwinismo sociale e degli interventi compassionevoli stritola i diritti e la legalità costituzionale.
Il Gruppo Abele da alcuni mesi promuove con il sostegno di Libera e di centinaia di realtà del sociale e del volontariato laico e cattolico la campagna Miseria Ladra, per contrastare subito la povertà. Questa non è il frutto del caso ma la conseguenza di scelte politiche sbagliate che hanno determinato prima la crisi e poi ne hanno allargato gli effetti sulla maggioranza della popolazione. Miseria Ladra propone 10 misure da mettere in campo per rendere illegale la povertà e sconfiggere la crisi. Alcune sono la risposta a richieste urgenti e non più rimandabili, come il blocco degli sfratti, l'utilizzo dei beni pubblici per usi sociali ed abitativi, a partire dagli oltre 11 mila immobili confiscati alle mafie, l'introduzione del reddito di cittadinanza, la residenza per i senza fissa dimora così da poter accedere al servizio sociosanitario, la ricostituzione del fondo per la non autosufficienza almeno ai livelli del 2008 e così via. Altre proposte invece rispondono all'esigenza di agire sugli elementi strutturali della crisi che hanno determinato disoccupazione, caduta dei redditi e distruzione dell'ambiente. Questo significa che per essere efficaci oggi nel contrasto alla povertà dobbiamo rifiutare la tesi che va per la maggiore secondo la quale la crisi sarebbe causata dagli eccessi di spesa pubblica e dalla tendenza a crescere del debito. Sono gli stessi dati a smentire questa ricostruzione. Paesi come Irlanda e Spagna, solo per fare due esempi concreti, erano fino a pochissimo tempo fa considerati modelli di conti pubblici in ordine, generando addirittura un surplus sul bilancio dello Stato. Nonostante abbiano seguito alla lettera le ricette liberiste dell'austerity e della riduzione della spesa pubblica oggi sono devastati da una crisi occupazionale e produttiva senza precedenti. La BCE e la Commissione Europea sostengono con forza, per quanto riguarda il nostro paese, che dobbiamo ridurre la spesa pubblica per rimettere in ordine i conti per ripristinare la fiducia dei mercati. Sacrifici per garantire la solvibilità dello Stato che potrebbe di conseguenza ridurre i tassi di interesse. I creditori a questo punto sarebbero più disposti a prestare denaro, garantendo la ripresa economica. Anche questa tesi è smentita dalla realtà. La riduzione della spesa pubblica e della spesa sociale non fanno altro che deprimere la capacità di spesa generale della popolazione. La conseguenza è la riduzione della produzione, a cui seguono caduta del reddito e disoccupazione. I redditi infatti sono crollati e questo rende difficile ripagare i debiti, sia pubblici che privati. Questa visione della politica economica, appoggiata spesso in maniera bipartisan in tutta Europa, sta producendo una catastrofe sociale e va completamente rigettata. Nell'Unione sono 124,5 milioni le persone minacciate dalla povertà, il 24,8% della popolazione, e 43 milioni stimati in povertà assoluta! Nei paesi più colpiti vi sono categorie sociali che proprio grazie alla crisi guadagnano di più. Anche tra i paesi, grazie alla crisi alcuni accrescono la loro posizione dominante. Ad esempio dall'inizio della crisi Italia, Spagna, Grecia, Portogallo ed Irlanda hanno perso cinque milioni di posti di lavoro. In Germania invece c'è stato un aumento di un milione e mezzo di occupati. I fallimenti nei cinque paesi menzionati sono aumentati del 90% mentre in Germania si sono ridotti. Un ulteriore prova del fatto che le attuali politiche economiche basate su austerity, tagli alla spesa e precarizzazione del lavoro sono utili solo ai soggetti più forti. In questo contesto, in assenza di una politica economica diversa e di un nuovo modello di sviluppo che sappia rimettere al centro i diritti coniugando giustizia e sostenibilità, rischiamo di vedere crescere forze politiche e movimenti neonazionalisti e xenofobi impegnati nell'opera di demolizione della storia europea e delle possibilità di un'integrazione fondata sui diritti e la coesione sociale. La risposta alla crisi va data su questo livello per essere efficace: uscire dalla crisi tutti insieme, con una visione che sappia difendere l'interesse generale, restituendo speranza nel futuro. Significa non sottrarsi ma iniziare per primi la discussione sulla rinegoziazione del debito per quella parte che corrisponde alle speculazioni finanziarie, ed avviare in forma partecipata la riconversione ecologica delle attività produttive per dare gambe ad un modello di sviluppo che serva i diritti ed il lavoro. Le 10 proposte della campagna Miseria Ladra vogliono dare un contributo in questa direzione.

Articolo di Giuseppe De Marzo, Gruppo Abele-Libera, su L'Unità | 19 gennaio 2014

Fonte: www.libera.it
20 gennaio 2014

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