Armi italiane, affari sauditi


Luciano Bertozzi - Nena News, Near East News Agency


Sta per diventare esecutivo l’Accordo di cooperazione militare fra Italia ed Arabia Saudita, firmato a Roma alla fine del 2007, dal Governo Prodi. Già nel 2008 Riad ha visto autorizzare 22 milioni di euro di contratti per acquistare tecnologia italiana per la difesa.


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Armi italiane, affari sauditi

La Camera dei Deputati ha approvato, con appena due astenuti e nessun voto contrario la ratifica dell’Accordo di cooperazione militare fra Italia ed Arabia Saudita, firmato a Roma alla fine del 2007, dal Governo Prodi e che per diventare legge deve essere approvato anche dal Senato.
L’intesa prevede l’elaborazione di programmi addestrativi di reciproco interesse, scambio di visite e di informazioni nel settore addestrativo e dei materiali, scambio di informazioni tecniche per favorire le industrie della difesa. L’intesa contrariamente ad un’analoga sottoscritta in passato contiene la clausola di rinnovo automatico ed è quindi senza scadenza.
L’Accordo secondo quanto dichiarato a Montecitorio dal rappresentante dell’Esecutivo il Sottosegretario Pizza, “costituisce un fondamentale strumento per rafforzare i legami politici, aumentare la conoscenza dell’apparato di difesa saudita e facilitare la penetrazione dell’industria nazionale”. Del resto il paese arabo costituisce un boccoeo ghiotto per i top manager delle società produttrici di armi. Secondo il recente Sipri Yearbook 2009 dell’omonimo prestigioso centro studi sula disarmo di Stoccolma, il regno saudita si è collocato al nono posto mondiale con una spesa militare di 38,2 miliardi di dollari (2,65 della spesa mondiale totale) appena dietro il nostro Paese all’ottavo posto con 40,6 miliardi.
Il Sottosegretario Pizza ha evidenziato che “nel corso dell’ultima riunione bilaterale degli stati maggiore della difesa svoltasi a roma lo scorso mese di marzo, la delegazione saudita ha espresso interesse per la portaerei Cavour”.
L’on. Evangelisti (IDV) ha sottolineato che “con questo accordo, anziché orientarci verso la riconversione produttiva dell’industria militare verso il settore civile, se ne rafforzano, invece le potenzialità. Il paese arabo è retto da una delle ultime monarchie assolute della storia, in cui è vietata la costituzione di sindacati e partiti politici ed è uno dei paesi che utilizzano maggiormente il lavoro del boia”. L’onorevole ha anche chiesto una relazione governativa annuale che, così come per le esportazioni di armi, illustri le attività svolte in base all’Accordo. Il parlamentare ha evidenziato che contrariamente alla legge 185 che nel disciplinare il commercio delle armi italiane vieta le vendite ai Paesi belligeranti, beneficiari che attuino politiche in contrasto con la nostra costituzione ed i cui Governi si siano resi responsabili di violazioni dei diritti umani, nulla di ciò è previsto nell’Accordo.
L’Arabia Saudita è un cliente importante dell’industria militare italiana. Nel 2008 sono stati autorizzati nuovi contratti per 22 milioni di euro mentre le armi consegnate sono ammontate a 24 milioni. Nei giorni scorsi sono stati consegnati i primi due aerei Eurofighter, dell’omonimo consorzio europeo in cui figura anche Alenia Aeronautica (gruppo Finmeccanica) della maxi commessa per la fornitura da 72 di questi velivoli del valore di diversi miliardi di euro. La monarchia araba è da sempre uno dei più importanti acquirenti mondiali di armi, tradizionale riserva di caccia statunitense. Di fatto una cospicua parte dei proventi petroliferi si traduce in armi “made in USA”. L’importanza dell’Arabia è tale che nessuno si permette di condannarla per le violazioni dei diritti umani. Le denunce di Amnesty International, che in particolare evidenzia che migliaia di persone sono detenute senza processo in quanto accusati di terrorismo, la tortura ed i maltrattamenti sono risultati diffusi e sistematici, e delle altre organizzazioni similari rimangono lettera morta.
La ratifica dell’Accordo, approvata dalla Camera, rappresenta un’occasione sprecata per condizionare gli aiuti, anche militari, al rispetto delle libertà fondamentali.
Del resto è evidente che un’Arabia democratica contribuirebbe a disinnescare la polveriera Medio oriente. Montecitorio ha invece scelto la strada opposta, fare finta di niente per non turbare gli affari. In questo modo, così come per la recente visita di Gheddafi, si riduce la possibilità di incidere da parte del nostro Paese. Oltretutto, oggi con la nuova amministrazione Obama il mondo è radicalmente cambiato.
L’esclusione dei gruppi di sinistra dal Parlamento, ha di fatto eliminato ogni voce critica e abolito dall’agenda politica le tematiche del controllo degli armamenti e della riconversione dell’industria militare . Ormai è Finmeccanica, fra i primi dieci gruppi del militare al mondo che ha quale azionista di riferimento il Ministero dell’Economia, ad avere sempre maggiore voce in capitolo sulla nostra politica estera e della difesa.

Fonte: Lettera22

23 giugno 2009

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