Amnesty: l’UE metta i diritti umani al centro della cooperazione con la Libia


Giorgio Beretta - unimondo.org


L’Unione europea e i suoi stati membri stanno chiudendo un occhio sulla situazione dei diritti umani di rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia, per favorire i propri interessi nazionali, compreso il controllo dei flussi migratori.


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Amnesty: l'UE metta i diritti umani al centro della cooperazione con la Libia

"L’Unione europea e i suoi stati membri stanno chiudendo un occhio sulla situazione dei diritti umani di rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia, per favorire i propri interessi nazionali, compreso il controllo dei flussi migratori". Lo denuncia un comunicato di Amnesty International diffuso nei giorni scorsi. "Negli ultimi anni – sostiene l’associazione – la Libia è diventata un paese di transito e di destinazione per le persone in fuga da persecuzioni e da altre violazioni dei diritti umani nei loro paesi. Migranti, rifugiati e richiedenti asilo in cerca di salvezza in Italia e in altri paesi dell’Ue, trovano invece arresti, detenzioni a tempo indeterminato e violenze in Libia. Secondo le autorità libiche nel paese vi sono tre milioni di "migranti irregolari", comprese persone provenienti da Eritrea, Etiopia, Sudan, Somalia e altri paesi dell’Africa subsahariana e del Nord Africa".

Amnesty ricorda quindi che "la Libia non ha firmato la Convenzione delle Nazioni Unite sullo status di rifugiato" del 1951 ed esiste un rischio di rinvio di rifugiati e richiedenti asilo verso i paesi di provenienza, senza riguardo per il loro bisogno di protezione". Inoltre lo scorso giugno, le autorità libiche hanno sospeso l’attività dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) a Tripoli impedendo al personale dell’organizzazione di accedere a centri di detenzione o di accettare altre nuove domande d’asilo e quindi lasciando i richiedenti asilo e rifugiati in una situazione di limbo. A novembre la Libia ha pubblicamente respinto la raccomandazione di ratificare la "Convenzione sullo status di rifugiato" e sottoscrivere un memorandum di intesa con l’Unhcr per consentire l’assistenza ai rifugiati.

"Malgrado la drammatica situazione dei diritti umani di rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia, l’Ue e i suoi stati membri, prima fra tutti l’Italia, continuano a vedere la Libia come partner ideale nel controllo dell’immigrazione" – denuncia Amnesty. Nell’agosto 2008 l’Italia ha siglato il "Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia" teso a contrastare "l’immigrazione illegale". "Da quando il Trattato è entrato in vigore nel maggio 2009, l’Italia ha iniziato il trasferimento di cittadini di paesi terzi intercettati in acque internazionali verso la Libia, senza valutare le possibili necessità di protezione internazionale delle persone coinvolte" – sostiene Amnesty. "Nel quadro della cooperazione con l’Italia, la Libia ha inoltre rafforzato il controllo delle sue acque territoriali utilizzando motovedette donate dall’Italia".

Al livello dell’Ue, a ottobre 2010 la Commissione europea ha sottoscritto una "Agenda per la cooperazione" con la Libia sino al 2013, sulla "gestione dei flussi migratori" e sul "controllo delle frontiere", in base alla quale l’Ue metterà a disposizione della Libia 50 milioni di euro. La preoccupazione di Amnesty International è che questi accordi non tengano conto della situazione dei diritti umani in Libia e che non includano sufficienti misure di salvaguardia per assicurare un pieno rispetto dei diritti umani dei rifugiati, migranti e richiedenti asilo. L’Ue ei suoi stati membri non devono chiudere un occhio sulla disastrosa situazione dei diritti umani in Libia. La cooperazione Ue-Libia e Italia-Libia dovrebbe tenere conto dei diritti umani e dei principi fondanti della protezione internazionale.

"Rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia vivono in una paura costante: paura di essere arrestati e detenuti a tempo indeterminato, paura di essere torturati e maltrattati e paura di essere rimpatriati, senza alcun riguardo per i rischi corsi nel paese di origine. La Libia non potrà essere vista come un partner legittimo nel controllo dei flussi migratori fino a quando le autorità libiche non avranno posto fine alla tortura e agli abusi nei confronti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti e messo in atto un sistema di asilo che rispetti i diritti umani e il diritto internazionale dei rifugiati. Amnesty International invita a sottoscrivere la petizione al Commissario europeo agli Affari interni e al Ministro dell’Interno italiano chiedendo che i diritti umani e le garanzie per rifugiati, richiedenti asilo e migranti vengano messi al centro della cooperazione con la Libia.

Nelle scorse settimane anche l’Unhcr ha chiesto agli Stati Membri dell’Unione Europea e a Frontex (l’Agenzia Europea per le Frontiere Esterne) di "assicurare che l’asilo in Europa non venga minacciato dalla tendenza ad applicare politiche di frontiera più restrittive". "Nello sforzo di arginare l’immigrazione irregolare, l’Europa non deve dimenticare che tra coloro che cercano di entrare nell’Unione ci sono anche persone che hanno bisogno di protezione internazionale e le cui vite sono in pericolo" – sostiene l’Unhcr. Il brusco calo degli arrivi in Europa via mare di migranti e rifugiati "non risolve il problema, ma semplicemente lo trasferisce altrove” – afferma l’’Unhcr.

Intanto dal "XII Rapporto sul controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari" pubblicato nei giorni scorsi sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue e ampiamente analizzato da Unimondo, si apprende che la l’Italia è il maggior esportatore di armamenti verso la Libia. Si tratta di quasi 112 milioni di euro di sistemi militari solo dall’Italia che sommati a quelli di altri paesi europei fanno circa 344 milioni di euro. Singolarmente, il secondo esportare di armamenti alla Libia è Malta che nel 2009 non solo ha autorizzato ma effettivamente esportato quasi 80 milioni di armi a Tripoli. Una cooperazione militare che è andata crescendo negli ultimi anni soprattutto da parte dell’Italia che ha trovato nel commercio di armamenti un punto di forza.

Fonte: Unimondo.org

17 gennaio 2011

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