Afghanistan, svolta negoziale?


Emanuele Giordana - Lettera22


“Offuscata e messa in secondo piano dalle vicende mediorientali e del Maghreb, la guerra in Afghanistan continua però ad andare avanti, che i grandi giornali o le tv lo ignorino o meno”.


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Afghanistan, svolta negoziale?

Offuscata e messa in secondo piano dalle vicende mediorientali e del Maghreb, la guerra in Afghanistan continua però ad andare avanti, che i grandi giornali o le tv lo ignorino o meno. Come spesso accade con le cose scomode, le paludi da cui non sappiamo uscire, le difficoltà che sembrano senza soluzione, il silenzio è un'ottima panacea anche se il problema resta insoluto. Eppure, stando al New Yorker, qualcosa sta succedendo. Lo ha scritto Steve Coll, un giornalista americano che ha vinto il Pulitzer, sulle pagine patinate dell'autorevole settimanale che già in passato si è distinto per la lucidità di analisi sull'Afghanistan. Coll sostiene che personaggi dell'establishment americano che vi hanno partecipato di persona, gli hanno raccontato di colloqui sotto traccia tra talebani e americani. Coll ricorda che proprio i talebani indicarono nei colloqui diretti col nemico numero uno la strada da intraprendere e da preferire a quella sorta di pasticciaccio messo in piedi dal presidente Karzai che ha affidato un Consiglio per la riconciliazione nazionale a uno dei peggiori nemici dei talebani, l'ex presidente Rabbani, e che ha inserito nell'organismo che dovrebbe avviare i colloqui di pace personaggi controversi e screditati.
Se è vero quanto il New Yorker racconta c'è dunque una piccola svolta anche se negoziati diretti tra guerriglia e statunitensi rischiano di creare problemi proprio a Karzai che è il presidente – più o meno legittimato da un voto assai controverso – e dunque l'unico ad aver titolo a guidare un processo che dovrebbe riguardare soprattutto gli afgani. Insomma la cosa è complicata e per adesso se ne sa davvero poco. Ma perché talebani preferiscono gli americani a Karzai?

I talebani non hanno mai nascosto ciò che pensano del governo di Hamid Karzai: corrotto, come dimostrano gli scandali bancari che coinvolgono la sua famiglia, eticamente discutibile agli occhi di una guerriglia motivata religiosamente ma, soprattutto, pupazzo degli eserciti occupanti. Il ragionamento non fa una grinza: a che serve negoziare con un burattino? Inoltre i talebani sanno che gli Stati Uniti hanno maggior capacità di pressione sul Pakistan la cui ingerenza negli affari afgani, lo si creda o no, dà fastidio anche alla guerriglia in turbante.
Come andrà a finire resta tutto da vedere ma qualcosa insomma c'è. Coll attribuisce la svolta a Richard Holbrooke, l'inviato speciale di Obama morto qualche mese fa e che credeva nel primato della politica, dunque del negoziato, anziché in quello delle armi. E nel suo articolo Coll ha ricordato anche che in Vietnam, prima di arrivare agli accordi di Parigi del 1973 che posero le basi per la fine della guerra, si cominciò a negoziare, tra vietnamiti e americani, nel 1968: cinque anni prima. Tempi lunghi dunque e molta cautela. Ma una notizia che forse valeva davvero la pena di sottolineare anche se i frutti, se davvero sta accadendo qualcosa, si raccoglieranno molto più avanti.

Fonte: www.lettera22.it

20 febbraio 2011

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Presentazione del rapporto:

LA SOCIETA' CIVILE AFGANA – POTENZIALITA’ E LIMITI

23 Febbraio 2011 ore 10,30

Roma, Ministero degli Affari Esteri – D. G. Cooperazione allo Sviluppo

Sala Francesca Onofri

Il rapporto “La societa' civile afgana – potenzialità e limiti'”, basato su un’analisi della letteratura esistente e su tre mesi di ricerca in otto province afgane, e' la prima ricerca di questo tipo presentata in Italia. Redatta da Giuliano Battiston, combina rigore accademico e sguardo giornalistico, provando a raccontare la societa' civile afgana attraverso le dirette testimonianze di chi la anima. La ricerca fa parte del progetto della rete italiana Afgana, le cui attivita' proseguiranno con una conferenza della societa' civile afgana a Kabul a fine marzo e con una conferenza internazionale a Roma a fine maggio.

Il concetto di societa' civile e' da anni al centro del dibattito sulle relazioni internazionali. Solo recentemente pero' si è iniziato a verificare quale sia il potenziale ruolo di questa complessa entita' all’interno di una piu' ampia strategia di peacebuilding e di ricostruzione postbellica.

Nel caso dell’Afghanistan, in particolare, si vanno moltiplicando gli inviti alla mobilitazione della societa' civile, come contraltare ad uno stato fragile ed anemico e come condizione per il rafforzamento delle istituzioni democratiche. Tuttavia, queste iniziative partono spesso da una visione monolitica della societa' civile locale, che si esprime invece in forme molto diverse: alle organizzazioni tradizionali e religiose si affiancano ormai nuovi attori, che abbinano le forme abituali di intervento con inedite esperienze di rete, nazionali e sovranazionali. E che chiedono a gran voce la possibilita' di interloquire piu' equamente con il governo locale e con la comunita' internazionale. Il rapporto "La societa' civile afgana – potenzialità e limiti'" si presenta come uno strumento importante per iniziare a riconoscere l'importanza della societa' civile afghana.

Prenderanno parte alla presentazione del rapporto:

Emanuele Giordana – Giornalista, coordinatore del Network 'Afgana'

Elisabetta Belloni – Direttore Generale Cooperazione allo Sviluppo  MAE

Gabriele Checchia – Inviato Speciale del Ministro degli Esteri per l’Afghanistan e il Pakistan

Giuliano Battiston – Giornalista e ricercatore, estensore del rapporto

E' NECESSARIO INVIARE ISCRIZIONE ALL'EVENTO: comunicazione@intersos.org

Il rapporto si inserisce all’interno del programma “Societa' civile afgana”, realizzato con il contributo della D. G. Cooperazione allo Sviluppo del Ministero Affari Esteri.

 

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