A Gerusalemme senza il caffè di Michele


Paola Caridi - invisiblearabs.com


Paola Caridi ricorda padre Michele Piccirillo "Riposerà tra i mosaici che aveva fatto restaurare. E vicino ai suoi "arabetti", come li chiamava. Dopo 44 anni della sua vita trascorsa in Terrasanta. E una passione che lo ha fatto diventare uno dei più grandi archeologi del Medio Oriente".


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A Gerusalemme senza il caffè di Michele

Le parole si stanno accavallando, negli ultimi due giorni. E ogni giorno che passa il rumore dei ricordi di padre Michele Piccirillo si fa più intenso, più forte. C'è però una frase che ricorre spesso, e che provoca in buona parte di noi una commozione irrefrenabile. "E ora, chi ci preparerà il caffè?". Il caffè da Michele, che in pochi – e quasi mai – chiamavamo padre Michele, era uno di quei riti ineludibili nelle visite a quello che io definivo il suo "antro". Una stanza di quelle da "Il nome della Rosa", piena di tutto, in cui solo lui – purtroppo – riusciva a trovare qualcosa in un battibaleno. Era tutto nella sua testa, l'ordine di quella stanza e della stanza accanto. Con l'eccezione di Carla, che forse qualcosa riuscirà a trovare, nella speranza che si riesca a catalogare il suo lavoro.

Chi ci preparerà il caffè? A Franco, a Filippo, a me, e a quella pattuglia che ha avuto la fortuna di averlo come uno dei pilastri della vita a Gerusalemme? Tutto questo gran parlare, lo so, a Michele non avrebbe fatto piacere. La sua scorza di uomo rude era quella di un'Italia contadina demodé, la sua passione (anche civile, anzi, soprattutto civile) per questa città è allo stesso modo divenuta anacronistica, l'amore per i suoi reperti, per i suoi cocci, per i suoi mosaici era qualcosa di così particolare che tutti sappiamo insostituibile. Perché tra i suoi cocci antichi si potevano mangiare salsicce paesane, e questo significava che erano vivi, che attorno a quei cocci si costruivano progetti, si dava da mangiare a famiglie di palestinesi e di giordani. Che per quei cocci si girava il Medio Oriente si mettevano in piedi cose concrete.

Questo è solo il primo ricordo di getto di Michele. Ne seguiranno altri. Intanto, l'appuntamento è sabato ad Amman, per il suo funerale in Medio Oriente, forse alle 10, forse alle 11, officiato dal patriarca di Terrasanta, monsignor Fuad Twal. L'appuntamento più profondo, più intimo, però, è quello subito dopo al Monte Nebo. Dove Michele verrà sepolto, come voleva. Gerusalemme si vede bene, dall'altra parte, e lui riposerà tra i mosaici che aveva fatto restaurare. E vicino ai suoi "arabetti", come li chiamava. Dopo 44 anni della sua vita trascorsa in Terrasanta. E una passione che lo ha fatto diventare uno dei più grandi archeologi del Medio Oriente.

Fonte: Blog di Paola Caridi

29 ottobre 2008

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