Uranio, i malati sarebbero 1682


La redazione


In una lettera alla presidente della commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito, il Ministro della Difesa Parisi parla di 1.400 soldati ammalati in più. Le associazioni dei militari: “Ammissione importante, ma non basta”.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Uranio, i malati sarebbero 1682

Ma quanti sono realmente i soldati italiani che si sono ammalati nel corso di una missione all’estero? Il 9 ottobre scorso, ascoltato dalla commissione d’inchiesta del Senato sull’uranio impoverito, il ministro della Difesa Arturo Parisi aveva parlato di 255 soldati ammalati e 37 deceduti. Adesso si scopre che le cose non starebbero proprio così e che, anzi, il numero sarebbe molto più alto. Per la precisione 1682 casi di tumore legati, direttamente o meno, al contatto con l’uranio impoverito. Ben 1.427 casi in più rispetto a quelli denunciati inizialmente dal titolare della Difesa.
A fare la nuova cifra è lo stesso Parisi in una lettera inviata il 12 ottobre scorso alla presidente della Commissione d’inchiesta, la senatrice di Rifondazione comunista Lidia Menapace. Il Ministro risponde a una sollecitazione della stessa Menapace, che in una precedente lettera gli aveva fatto presente come le cifre da lui riportate non coincidessero con quelle fornite alla commissione dalla Direzione generale della Sanità militare che parlavano invece di 1.833 soldati ammalati. “I 1.833 casi citati – spiega una nota della Direzione generale della Sanità militare allegata alla lettera di Parisi – non vanno confrontati con i 255 riferiti ai soli casi tumorali di personale impiegato all’estero, ma piuttosto con la cifra 1.682 (255+ 1.427) che rappresenta appunto la totalità dei casi tumorali segnalati nelle Forze Armate nel periodo di riferimento determinato dalla Commissione ( 1996-2006), riportati in audizione”. I 151 casi in più, conclude la nota, sono da attribuirsi a un diverso arco temporale dei casi presi in esame e a una serie di imperfezioni e duplicazioni dei dati, errori in seguito eliminati.
Conti fatti, e posto riparo agli errori, per il ministero ci sarebbero quindi 1.682 soldati colpiti da tumore a causa dell’uranio impoverito, e non 255. Del resto le parole di Amato erano state accolte con molti dubbi dai commissari. Più d’uno, dalla stessa Menapace alla senatrice Franca Rame (IDV), e ai senatori Marco Bulgarelli (Verdi) e Felice Casson (Pd) avevano fatto notare la parzialità dei dati forniti. Mancava, ad esempio, ogni riferimento alle missioni compiute prima del 1996, come la Guerra del Golfo (1991), la Somalia (1993), o la Bosnia (1994), ma anche quelli relativi ai soldati impiegati nei poligoni di tiro militari. La lettera di Parisi rappresenta dunque una iniziale ammissione di un dramma che coinvolge decine di soldati. Ma si tratterebbe, ancora una volta, di cifre calcolate purtroppo per difetto. Proprio in questi giorni, infatti starebbero arrivando al ministero i primi dati raccolti dal gruppo di lavoro che per conto dello Stato maggiore della Difesa sta raccogliendo i dati registrati nei distretti militari e le nuove cifre sarebbero molto più alte dei 1682 casi a cui fa riferimento Parisi. “ I primi dati parlano di 2.536 casi di tumore riscontrati” denuncia infatti Domenico Leggiero, dell’Osservatorio militare. “Fatte le dovute scremature relative ai sempre possibili errori dovuti a cifre ripetute e falsi decessi, possiamo togliere un centinaio di casi. Ne restano sempre 2.436”. Troppi. Specie  se si considera la difficoltà con cui è costretto a muoversi chi cerca la verità. Basti pensare che nel 2000, quando si cominciò a parlare dei primi militari malati, c’era difficoltà ad ammettere l’uso di proiettili a uranio impoverito. “L’ammissione fatta da Parisi è importantissima – prosegue Leggiero –è un primo passo decisivo nell’accertamento della verità, ma ancora non basta. C’è ancora troppa poca chiarezza su quanto accaduto, e sarà possibile farla solo quando si potrà leggere la documentazione delle Forze armate. E’ assurdo che dopo sette anni ancora ci sia discordanza sui dati”. Intanto i lavori della commissione d’inchiesta del Senato potrebbero proseguire oltre il 31 dicembre prossimo, data prevista per la presentazione delle conclusione raggiunte. Ad annunciarlo è stata nei giorni scorsi la presidente Lidia Menapace che si è detta intenzionata a voler chiedere una proroga di sei mesi per i lavori.

di Carlo Laina

Fonte: il Manifesto 

07 novembre 2007 

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento