Un popolo appeso alla speranza


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Protezione e sicurezza sempre piu’ fragili: lo spazio per gli operatori umanitari si restringe, ma rimane indispensabile. Intervista a Mauro Celladin, capo missione Intersos.


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Un popolo appeso alla speranza

"Ad Herat da giorni i commercianti hanno messo in atto una serrata per chiedere maggiori condizioni di sicurezza al governo nazionale e un reale presidio del territorio, perche' le forze militari internazionali non sono più percepite come deterrente ad azioni violente e ad attentati", racconta Mauro Celladin, capo missione Intersos in Afghanistan, per spiegare il contesto in cui operano organizzazioni non governative.
 
Il quadro della situazione, sia sul fronte della guerra sia su quello umanitario, sembra peggiorare di giorno in giorno: attentati ai contingenti militari, vittime civili, sfollati e una popolazione in condizioni di estrema povertà…

La gente è piuttosto sfiduciata e avvilita. Dalle grandi speranze degli anni 2002 e 2003, quando  tutti speravano in una rinascita dell'Afghanistan dopo decenni di guerra e gli anni bui del regime talebani, si è passati via via alla rassegnazione. Il lavoro continua a mancare e il costo della vita a salire. Molti vivono a livello di sussistenza, con un'aspettativa di vita di 45 anni. La mortalità infantile e' tra le più alte al mondo. Si è persa una straordinaria occasione per dimostrare che l'Afghanistan entrava davvero in una fase nuova. Si è puntato moltissimo sull'azione militare, troppo spesso offensiva, punitiva, seguendo una non ben chiara 'lotta al terrore', e non ci si e' accorti che la gente aveva bisogno e chiedeva altro. Il risultato e' che si sta perdendo la guerra al terrore e la fiducia degli afgani.
 
Qual è il clima tra le ong sul campo dopo l'uccisione della cooperante britannica di 'Serve'?

Oltre agli operatori internazionali, decine sono quelli afgani uccisi e rapiti. Siamo molto preoccupati. Gayle Williams era molto conosciuta e molto visibile nelle sue attività: era apprezzata e amata. E' stata  crivellata di colpi in una strada di Kabul da uomini in moto. E' stata un'esecuzione brutale.
 
L'attentato è stato rivendicato dai Talebani e il "movente" era nell'ispirazione cristiana della volontaria. E' attendibile questa versione?

Essendo a Herat non ho avuto modo di conoscerla direttamente. I talebani hanno già colpito in passato persone inermi, come gli operatori umanitari. Tutto ciò che favorisce crescita culturale, sociale, emancipazione è combattuto e punito. Sicuramente Gayle non faceva proselitismo. Avrà dato fastidio o non sarà piaciuta a qualcuno. Occorre tenere presente che noi definiamo tutti talebani, ma sotto questo etichetta si nasconde una grande varietà di piccoli o grandi "potentati", nazionali, regionali o locali, che agiscono a loro piacimento e troppo spesso senza impunità e che fanno paura non solo a noi, ma soprattutto alla gente che chiede inutilmente di essere tutelata e protetta.
 
Quali attività state svolgendo in questo momento in Afghanistan?

Intersos è presente nel paese dal 2001 ed è intervenuta principalmente a Kabul, Kandahar, Jalalabad, Maimana. Lashkargah, Herat. Dalla distribuzione di alimenti, alla ricostruzione di scuole – in particolare femminili – e ambulatori, all'accoglienza dei rifugiati e al sostegno alla ricostruzione di case, pozzi e reti di adduzione d'acqua potabile, allo sminamento e all'informazione sul rischio rappresentato da mine e ordigni esplosivi, all'assistenza alle fasce di popolazione più misere e bisognose. Ora siamo a Kabul e a Herat, ci occupiamo di assistere chi, tra profughi rimpatriati e sfollati, si trova in grave stato di vulnerabilità; stiamo inoltre promuovendo la formazione di Ong per garantire il supporto legale alle donne afgane. Stiamo collaborando positivamente anche con la Cooperazione italiana e ci auguriamo che l'impegno di cooperazione civile dell'Italia verso la popolazione possa aumentare significativamente e visibilmente nel prossimo futuro, proprio per dare quel segnale che la gente aspetta con quel filo di speranza non ancora rotto dalla rassegnazione.

Fonte: Ong Agi Mondo

ottobre 2008

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